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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:28

3 maggio - Fidanzata d'un uomo chiamato Giuseppe

1. Come mai Maria, che aveva deciso di rimanere vergine, si fidanzò con Giuseppe? Certamente perché vide in lui un appoggio alla sua verginità. La Provvidenza, che vegliava su Maria, le preparò l'uomo «giusto», fatto secondo il cuore di lei.

Fidanzati ci si sceglie al proprio livello. Se il Monte Bianco potesse fidanzarsi, direbbe la sua parola d'amore alle vette che gareggiano con la sua altezza.

2. Come si conobbero Maria e Giuseppe? Il Vangelo non lo dice, ma sappiamo che le vette si intuiscono a distanza. È molto probabile che, tramite i misteriosi canali dello Spirito di Dio, entrambi si trovassero d'accordo su un punto: che il Messia sarebbe venuto come dono spirituale, come fermento di elevazione del mondo; bisognava quindi preparargli la strada, stendergli un tappeto. Il tappeto degno del Messia non era un matrimonio normale, ma un matrimonio ver­ginale. Se così non fosse stato, dovremmo sciogliere l'insolubile enigma di Maria che impegna un giovane ad esserle fidanzato per poi defraudarlo dell'attesa fondamentale di un matrimonio.

Maria e Giuseppe erano quindi creati l'uno per l'altra, in vista di una singolare vicenda d'amore verginale dalla quale sarebbe fiorito il Cristo al mondo.

3. Consacrarsi a Maria significa offrirsi a lei come canali viventi della sua azione cristificatrice tra i nostri amici. Anche le amicizie di scelgono a proprio livello, o almeno tendono a raggiungerlo, pena lo scioglimento: l'amore o trova pari o rende tali. Il nostro amore deve estendersi a tutti, compresi i più miserabili e gli stessi oppositori di Dio, ma quando si tratta di scegliere un amico, bisogna che sia nostro pari, perché non ci porti in giù, e meglio ancora superiore, perché ci porti in su. Un'amicizia che porta in basso va stroncata. Un fidanzamento che non porti in su è di cattivo auspicio. Un matrimonio che porti in giù è una grave sciagura.

L'amicizia è una delle forme più spontanee e incisive d'irradiazione del bene: le so coltivare ed elevare?

4. Maria ha scelto il suo stato di vita secondo il costume del suo ambiente, ma con un intuito spirituale che superava il modo comune di intendere, solitamente non elevato. Il problema della scelta dello stato si impone a ogni giovane che raggiunge la maturità: che farò domani? mi sposo? con chi? mi consacro a Dio? come?...

È una scelta carica di conseguenze per tutto l'avvenire: quali danni può provocare un amore non illuminato, una moglie futile e leggera, un marito sprecone...

È il momento in cui il giovane punta ad esprimere il meglio di sé, con tutto l'ardimento di cui è capace. Può sentire il richiamo al sacerdozio, alla vita missionaria o consacrata: occorre chiedere luce abbondante e forza di dire di sì a Dio. Ma anche per la scelta del coniuge giusto occorre il dono del consiglio, con cui interpretare bene i segni della volontà di Dio, e molta preghiera, non solo per ottenere luce e forza, ma anche per evitare certi imprevisti che Dio solo conosce. Maria è «Madre del Buon Consiglio».
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:29

4 maggio - «Ecco, concepirai un figlio»

1. L'Angelo disse a Maria: «Ave, piena di grazia. Il Signore è con te». Poi continuò: «Hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai in grembo e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù... Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra: per questo anche il bambino sarà santo, sarà chiamato Figlio di Dio».

Sono parole da meditare in tutta la loro portata biblica. Esse annunziano il dono del Figlio di Dio al mondo tramite Maria, che sarà la prima illuminata dall'incandescenza divina, la «piena di grazia». Grazia sostanziale sarà per lei Gesù stesso, concepito nel suo grembo; questo dono apporterà a Maria il complesso di tutte le ricchezze che rientrano nella sfera della grazia: l'elevazione di Maria a un rapporto singolare con le tre Persone divine, una eccezionale esuberanza di vita divina con il corredo di tutti gli altri doni soprannaturali e umani che fanno di lei la «piena di grazia» sopra ogni altra creatura.

2. Riflettendo sulla Rivelazione alla luce dello Spirito Santo la Chiesa ha dedotto che, in vista della sua predestinazione ad essere Madre di Dio, Maria fu concepita Immacolata: tale fu pensata nella mente di Dio, tale fu concepita nel grembo materno, tale rimase per singolare privilegio tutta la vita. Non conveniva che la Madre di Dio rimanesse, sia pure per poco tempo, sotto il dominio di Satana, cioè di colui che Cristo veniva a scacciare dal mondo.

Preservata dal peccato in vista del Redentore, Maria fu la prima redenta:

redenta in anticipo, redenta fin dalle origini nel modo più radicale e più pieno. Ciò che la Chiesa ha definito come dogma di fede, trova ancora oggi una conferma nei numerosi miracoli di Lourdes, sottoposti alla verifica di scienziati anche non credenti.

3. Consacrarsi a Maria è decidersi con lei nella lotta contro il peccato, impegnarsi per la vita di grazia. E’ il programma ardimentoso di coloro che sono decisi a perdere la vita pur di ritrovarsi in Cristo.

Che cos'è la vita di grazia?

Il fiore è vegetale per la vita organica, il gatto è animale per l'anima sensitiva, l'uomo è tale per l'anima spirituale: tra le varie forme di vita che questi esseri hanno in sé, ognuno di essi viene definito in base alla forma superiore. Ora, ai tre gradi di vita in lui operanti (vegetativa, sensitiva e spirituale) nel cristiano si aggiunge una forma superiore, soprannaturale, che lo rende «partecipe della natura divina» (1 Pt 1, 4). Questa vita si chiama «grazia santificante». Essa ci è rivelata da Gesù, quando ci insegna che Lui è la vite e noi i tralci che vivono della sua linfa divina (Gv 15, 1 s), oppure «Chi crede ha la vita eterna» (Gv 6, 47), «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6, 54), «Come il Padre che ha la Vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57), ecc.

La «grazia santificante» è ciò che ci fa cristiani e figli di Dio. Questa vita divina ci riceve nel battesimo, si perde con il peccato, ma è possibile ricuperarla mediante la confessione.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:30

5 maggio - «Come avverrà questo se non conosco uomo? »

1. Dopo il comprensibile turbamento provocato dalla presenza e dalle parole dell'Angelo, Maria riflette e chiede saggiamente spiegazioni.

«Come avverrà questo, se non conosco uomo?». Maria sa, dunque, come nasce un bambino: «conoscere» indica spesso, nella Bibbia, l'atto sponsale. «Non conosco uomo» sulle labbra di Maria esprime chiaramente il suo proposito di rimanere vergine; diversamente Maria avrebbe detto a se stessa: «Ciò che non è avvenuto finora - il conoscere uomo - avverrà in seguito». Maria in altre parole chiede all'Angelo: «Come posso dare alla luce un bimbo, se mi sono impegnata davanti a Dio a non avere rapporti sponsali? Dovrò tenermi di­spensata dal mio voto, oppure Dio stesso provvederà a farmi diventare madre in altro modo?».

L'Angelo risponde: «Verrà su di te lo Spirito Santo, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bimbo sarà chiamato (biblicamente = sarà) Figlio di Dio». Con un linguaggio figurato l'Angelo rivela a Maria che la sua maternità sarà diversa dalle altre, perché avverrà per un intervento eccezionale di Dio stesso.

2. Le scarne battute dell'annunciazione rivelano in Maria un vigore mentale e una levatura morale d'eccezione. Nessuna vertigine di vanità, nessuno smarrimento, ma chiara consapevolezza della proposta e dell'impegno da assumere, prudenza squisita ed equilibrio luminoso. Il comportamento di Maria rimarrà sempre un modello mai raggiunto di contegno giovanile: il giovane e la ragazza che meditano il fatto, troveranno sempre in Maria l'esemplare di quella umile consapevolezza dignitosa che costituiscono l'ornamento della gioventù più dotata.

3. Nel contegno di Maria di fronte all'Angelo riluce l'indole personalizzante della grazia di Dio. Darsi a Maria è impegnarsi a elevatezza di sentire, è darsi una personalità che non si lascia strumentalizzare da nessuno, ma obbedisce solo alla Verità e all'Amore.

L'essere cristiani non comporta soltanto l'elevazione data dalla vita di grazia, cioè la nostra partecipazione alla vita di Dio, ma anche lo sforzo di comportarci secondo il cuore di Dio. Un principe che ha parte delle ricchezze del re suo padre, ma non ha il comportamento, l'elevatezza morale, il cuore regale, disonora la propria dignità; così noi, figli di Dio, siamo chiamati, in forza della vita divina, ad avere in noi «gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), cioè a pensare, sentire, agire secondo il cuore di Gesù.

Che cos'è in fondo la santità se non una elevatissima nobiltà di animo che si esprime non solo nella forza di amare Dio sopra ogni cosa fino al martirio e il prossimo come se stessi, ma anche nell'intelligenza dell'amore? L'amore è la linfa segreta di tutte le virtù: 1'«arbore della carità» (S. Caterina) si espande portando ogni frutto spirituale, e l'amore perfetto non è possibile senza anche una sola delle virtù teologali (fede, speranza), o cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), o altre virtù morali (fortezza, pazienza, umiltà, ardimento, ecc.). La grazia di Dio tende a sviluppare in noi ogni perfezione.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:32

6 maggio - «Ecco l'ancella del Sígnore»

1. L'Angelo chiama Gesù «Figlio dell'Altissimo». Fino a che punto Maria percepisce la portata di questo appellativo?

Per rispondere bisogna evitare due opposti scogli: se Maria avesse visto in questo nome un termine generico, sia pure insolito, atto a designare un uomo destinato a una altissima missione, ma semplice uomo, non sarebbe stata sufficientemente illuminata sulla sostanza della proposta divina, quindi si sarebbe trovata madre di Dio a propria insaputa; se, all'opposto, Maria avesse avuto una intuizione relativamente piena della persona del nascituro, le sarebbe stato diminuito il merito della fede. Maria dunque comprese che il nascituro sarebbe stato il Figlio di Dio fatto uomo; fino a quale punto potè inabissarsi nella comprensione di questa realtà del Figlio di Dio, cioè quale fosse l'intuizione che essa ebbe della divinità del Messia, non lo sappiamo. Maria però possedeva il punto di appoggio per affidarsi: «Nulla è impossibile a Dio. Lo Spirito Santo verrà su di te ...». Allora pronuncia il suo sì.

2. Un sì estremamente coraggioso. Forse non ci rendiamo conto da quale forza d'animo era sostenuto il sì di questa fanciulla, pressoché quindi­cenne, di fronte alla sconcertante responsabilità di Madre del Figlio dell'Altissimo. Quando Elisabetta la vedrà varcare la soglia della propria ca­sa, esclamerà con gioia: «Beata te, che hai creduto!». È la beatitudine eminentemente mariana: quella che racchiudeva in sé tutta l'anima di Maria.

Il sì di Maria è espresso nella forma: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». E’ un affidarsi a una parola che si sviluppa nel tempo come il rotolo di Ezechiele, anzi alla stessa Parola di Dio, il Verbo che si farà carne in lei e che la condurrà passo passo, si, ma lungo una via velata di mistero. Mistero di un avvenire imprevedibile, e mistero di un presente che si svolgerà continuamente al passo di Maria per addestrare Maria - e noi tutti - a camminare al passo di Dio.

3. «Ecco la serva del Signore»: sarà il mio programma. Dirò con Maria: «Padre, sia fatta la tua volontà».

Dio ci pone sulla strada del suo piano in due modi:

- con fatti, avvenimenti, realtà indipendenti dalla nostra libera scelta, come l'essere nati in questa epoca, in tale famiglia, con tali doni e limiti; con interventi divini che a noi possono apparire come «casi», ma che da Dio sono disposti con sapienza d'amore; di fronte a tutto questo dobbiamo aprirci con l'atteggiamento dell'accettazione fiduciosa: «Dio sa quello che fa: Egli mi conosce e mi chiama per nome»;

- con i suoi comandamenti o consigli o ispirazioni interiori. Con essi Dio affida a noi personalmente gran parte del nostro destino e ci invita alle scelte migliori. Non dobbiamo mai andare contro i comandamenti di Dio, perché sono la corazza di difesa della nostra persona; possiamo e dobbiamo però seguire generosamente i consigli evangelici e le ispirazioni interiori, in misura della grazia che ci è data da Dio stesso.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:34

7 maggio - Maria partì sollecitamente verso i monti di Giuda

1. Dopo l'annuncio dell'Angelo, ci saremmo aspettati di vedere Maria china sul mistero insondabile dell'Incarnazione, tutta raccolta ad assaporare la gioia di portare in grembo lo stesso Figlio di Dio. Non mancarono certo questi momenti contemplativi, che affioravano dal cuore come irradiazione dolcissima della Divina Maternità. Ma lo Spirito è «comunione», e là dove entra porta a «comunicare». Maria allora «sorse e parti sollecitamente verso una città dei monti di Giuda».

Il pensiero di essere diventata Madre di Gesù dava ali al suo cuore. Lungo i centocinquanta chilometri di strada che si insinuava tra i monti e le vallate della Palestina, Maria procedeva speditamente tra il verde e le rocce, incurante dei rovi che intralciavano il sentiero, e il suo canto colmava di allegria quelle silenti contrade.

Il sentirsi prediletta da Dio e innamorata di lui eccitava il suo entusiasmo: avrebbe sofferto, avrebbe dato la vita, ma che importa? Il disegno sconfinato di Dio valeva bene tutto il suo sangue!

Quel canto sgorgato spontaneamente lungo i sentieri incantevoli di Israele erompeva ora nella casa di Elisabetta: l'entusiasmo di Maria diventava travolgente, suscitava la gioia della cugina, faceva trasalire di allegrezza il bimbo nel grembo di lei.

2. All'ombra, nella casa di Elisabetta, c'è un uomo, il suo marito Zaccaria, intristito per quanto gli era capitato per un gesto di pessimismo. Non aveva creduto all'Angelo che gli prometteva la nascita di un bimbo alla sua donna in tarda età; ed era rimasto muto. Possiamo pensare con quanta gentilezza Maria gli sia andata incontro a salutarlo, a incoraggiarlo, a portargli un raggio di gioia col suo lungo soggiorno in quella casa, e come lo avrà animato alla speranza che tutto si sarebbe compiuto bene, e che il dono della parola gli sarebbe stato restituito! ...

3. Darsi a Maria significa votarsi con entusiasmo ad ogni dedizione di amore, cantando con lei, tra i rovi della vita: «L'anima mia glorifica il Signore!».

E anche: comunicare entusiasmo, gioia di vivere e di agire. L'esperienza quotidiana ci pone di fronte a questa realtà: quando il cuore si dilata nell'amore noi entriamo nella gioia; quando il cuore si chiude nell'egoismo e imbocca la strada del peccato, noi entriamo nella tristezza. Tristezza del drogato, del brigatista, dell'impuro, dell'uomo che pensa solo a sé e non si dà pensiero del prossimo...

L'amore è la legge fondamentale e unica del cristiano: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13, 35). «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo» (1Gv3,14).

L'amore è la sintesi di tutte le virtù. E’ il comandamento del Signore: «Questo è il mio comandamento - il comandamento nuovo (Gv 13, 34) - che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).

Ma l'amore viene solo da Gesù. Si alimenta alla mensa del Pane di Vita. È Gesù stesso che ci rende comunicativi e diffusori di gioia.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:35

8 maggio - «L'anima mia magnifica il Signore»

1. Alle lodi di Elisabetta Maria risponde attribuendo ogni merito a Dio: essa riconosce che il Signore ha fatto in lei grandi cose, ma proclama che ciò è avvenuto perché Dio ha rivolto lo sguardo sull'umiltà della sua ancella, attuando per mezzo di lei un disegno di bontà che si estende a tutto Israele e a tutto il mondo.

Maria è uno specchio della gloria di Dio: quanto riceve, tanto irradia, tenendo per sé soltanto la gioia: «Il mio spirito esulta di gioia in Dio mio salvatore!».

2. Consacrarsi a Maria significa entrare nella sua lode e votarsi alla gioia. Il risveglio di molti uomini è triste, appesantito dalla esperienza del peccato. Maria porta i suoi prediletti, a lei consacrati, alla purezza del cuore e a vedere Dio presente nella vita come «Luce intellettual piena d'amore» (Dante).

La gioia è il frutto di un'armonia. Essa può sgorgare dai sensi: gioia sana di un buon pranzo, di una bella musica, di una passeggiata al sole. Più a fondo può sgorgare dallo spirito: gioia di un incontro con il fidanzato, gioia della maternità. La gioia superiore viene dalla vita di grazia, dalla santità del cuore, dall'unione con Gesù Eucaristia, con Dio presente in noi.

3. Prima fonte di gioia è la natura. «È perché non sanno che c'è della felicità in ogni filo d'erba, che gli uomini non riescono a stare in pace» (H. Troyat). Saper gustare le cose, anche le più umili, cogliere la gioia che scorre nel ruscello montano o che scintilla tra le corolle di un fiore, è una prima saggezza. La gioia non viene dalle cose possedute, ma è un atteggiamento del cuore. Non le cose vanno aumentate, ma la nostra attitudine contemplativa.

Una gioia superiore viene dalla contemplazione del piano salvifico di Dio: il suo intervento nella storia per ricuperare l'uomo perduto, la sua presenza eucaristica, la speranza di una vita eterna sono motivi di gioia evangelica.

Ma Gesù ci insegna l'arte di far scaturire la gioia anche dalla zona oscura del dolore, del male: è il senso delle beatitudini evangeliche: «Beati i poveri nello spirito... Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli... » (Mt 5, 1 s).

4. Nessuna situazione umana può toglierci la gioia, se viviamo il Vangelo. Nella stessa agonia dell'orto, la vetta dell'anima di Cristo splendeva al sole dell'amore; San Paolo esclamava: «Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione» (2 Cor 7, 4); gli Apostoli uscirono dal sinedrio «lieti di essere stati fatti degni di patire oltraggi per il nome di Gesù».

I grandi mistici, infine, che hanno sofferto nelle proprie carni e nel proprio spirito la crocifissione con Gesù, al culmine delle loro sofferenze danno testimonianza di una gioia che l'uomo normale non ha.

O Maria, dammi un cuore felice, che irradi la gioia!

«Noi tutti faremmo molto di più per Iddio se ci sforzassimo di portare più gioia nella nostra vita e in quella degli altri» (D. Considine).
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:37

9 maggio - Giuseppe decise di licenziarla in segreto

1. La gioia di Maria è turbata da una perplessità: come giustificare a Giuseppe il fatto di trovarsi visibilmente incinta? La rivelazione del segreto sarà una garanzia sufficiente per lui? Questa rivelazione è opportuna, corrisponde al desiderio di Dio?...

Mentre Maria medita come comportarsi, Giuseppe viene ad accorgersi dell'accaduto: è troppo visibile, è evidente!... Come sarà avvenuto?...

L'imbarazzo di Giuseppe e la decisione di separarsi occultamente da Maria trova la spiegazione più verosimile nell'umiltà di Giuseppe. E’ pro­babile che Maria un certo momento gli abbia rivelato l'annuncio dell'Angelo, i fatti in casa di Elisabetta, ecc.; e che Giuseppe si sentisse indegno di questa nuova situazione e cercasse il modo di svincolarsi da Maria, ma l'Angelo gli rivelasse la sua missione di vero Sposo di Maria e Padre legale di Gesù, creduto dagli altri padre naturale.

2. Senza cattiveria di nessuno, nella vita possono verificarsi equivoci imbarazzanti, capaci di compromettere l'amicizia, la buona fama. Ciò che conta è conservare la giustizia, affidando a Dio la soluzione delle nostre difficoltà.

Maria trovò giusto tacere a lungo: Dio avrebbe pensato.

Giuseppe trovò giusto tacere e separarsi occultamente da lei: Dio avrebbe provveduto.

E Dio provvide alla gioia di entrambi. L'Angelo gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa; perché ciò che in lei è generato è opera di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati».

L'opera di salvezzza è già in atto nella santità di Maria e nella santità di Giuseppe, 1'«uomo giusto».

3. Con Maria e Giuseppe amiamo Dio sopra ogni altra cosa.

E anche il prossimo con intelletto d'amore.

Neppure a Maria e a Giuseppe, così santi, furono risparmiate difficoltà e situazioni penose, con enigmi che al momento sembravano insolubili. In tali situazioni occorre affidarsi a Dio con pazienza, e dire: «Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio». Se Giuseppe avesse ceduto a moti impulsivi avrebbe offeso Dio e anche la più innocente delle creature. Giuseppe e Maria si affidarono a Dio e non diffidarono neppure dell'uomo.

Quante volte la difficoltà improvvisa può renderci ingiusti anche verso il prossimo, farci cadere in giudizi avventati, in parole o gesti imprudenti e offensivi!

La pazienza è una virtù indispensabile alla vita cristiana. Essa fa parte della fortezza. Di fronte alle situazioni difficili e penose ci aiuta a non perdere l'equilibrio e il dominio delle nostre facoltà, a mantenerci nella calma. Ci risparmia gesti avventati e inopportuni che potrebbero aggravare la situazione.

Con un po' di intelligenza, col saper attendere che venga la luce, con una conveniente iniziativa anche le situazioni più spinose si risolvono, talvolta meglio di quanto si poteva sperare, soprattutto se invochiamo il dono del consiglio e della fortezza.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:39

10 maggio - Maria diede alla luce il figlio

1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pa­stori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».

Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».

Beatitudine: come?

Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Que­sta gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.

2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.

La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.

La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.

3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.

Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie con­trarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.

Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.

Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:40

10 maggio - Maria diede alla luce il figlio

1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pa­stori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».

Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».

Beatitudine: come?

Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Que­sta gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.

2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.

La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.

La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.

3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.

Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie con­trarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.

Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.

Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:42

11. E trovarono Maria e Giuseppe col bambino

l. I pastori e i magi giunti alla grotta Vi trovarono, col Bambino, Maria e Giuseppe. Il Bimbo non parlava ancora; Maria e Giuseppe accoglieva­no, spiegavano, offrivano: erano i presentatori di Gesù, gli interpreti della sua voce.

Dio giunge a noi attraverso mediazioni create, il Trascendente comunica con noi attraverso varie specie visibili della sua presenza. Possiamo distinguere innumerevoli mediazioni gerarchizzate secondo la loro maggiore o minore connessione con lo Spirito di Dio. Così, ad esempio, il pane e il vino sono segni sensibili della presenza eucaristica di Gesù, e la sua umanità è rivestimento visibile del Verbo invisibile di Dio.

2. Tra le varie mediazioni c'è Maria. Essa è l'annunzio materno del Cristo: lo rende presente e comprensibile ai pastori e ai magi, e anche a noi. Non solo: prima della venuta di Gesù, essa, che già ne possiede lo Spirito, lo prennunzia con la propria fisionomia immacolata e verginale; quando Gesù nasce, lei gli dà un volto fatto a sua somiglianza, poi gli insegnerà un linguaggio, le prime abitudini, lo stile umano e sociale.

È vero che col tempo il Figlio trascenderà l'impalcatura educativa impressagli dalla Madre e sarà sempre più lui il maestro di lei, ma nel frat­tempo ne accetta tutta la mediazione materna: attinge da Maria la propria impalcatura infantile come degno supporto del suo ulteriore sviluppo, per irradiare a sua volta sulla Madre le perfezioni insondabili della sua maturità.

Gesù tra le braccia di Maria ci insegna ad accogliere con rispetto tutte le mediazioni: della Chiesa, dei Santi, del Vicario di Cristo, del sacerdote, dei genitori, dei superiori, dei buoni amici, di ogni creatura, e in modo particolarissimo quella di sua Madre. Il rifiuto delle mediazioni comporterebbe la rottura dell'armonia sapientissima con cui Dio provoca la nostra crescita.

3. Darsi a Maria significa aprirsi al rispetto, addestrarsi con amore al gioco provvidenziale degli eventi con cui Dio stimola la nostra maturazione, e cogliere, al di là di ogni mediazione creata, il volto amante di Dio.

La realtà terrena, nel suo insieme, è segno della presenza di Dio. Questa presenza ha certo dei luoghi privilegiati, quali la Chiesa, e soprattutto l'Eucaristia, dove Gesù è presente come Dio e anche come Uomo. Attraverso tutte le specie create, noi siamo chiamati e comunicare con Dio stesso, «Colui che sta al di là di tutte le case» (S. Gregorio Nazianzeno ).

I pastori e i magi si unirono all'adorazione di Maria e Giuseppe. Noi pure ci metteremo in adorazione d'amore verso il Verbo di Dio fatto Uomo.

Più che un atto, l'adorazione è un modo di essere. L'adorazione è la prostrazione del cuore verso Colui che ci ha creati, e che quindi ha su di noi il diritto di essere considerato come il Primo Amore. Egli solo può dire parole di una esigenza radicale: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chi non rinuncia alla sua stessa vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 25 s e paralleli).
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:43

12 maggio - Questi è posto come segno di contraddizione

l. Maria e Giuseppe portarono il Bimbo nel Tempio per offrirlo a Dio quale primogenito, come voleva la Legge di Mosè. Illuminato dallo Spirito Santo, il vecchio Simeone, che viveva nell'attesa del Messia, prese il Bimbo tra le braccia e benedisse Dio esclamando: «Ora lascia pur partire il tuo servo, o Signore, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza!». Rivoltosi poi a Maria le disse: «Ecco, questo Bimbo è posto a caduta e risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione. E anche a te una spada trapasserà l'anima, in modo che siano svelati i pensieri di molti cuori».

Non è ancora dileguata la dolcezza per la nascita di Gesù, che Maria e Giuseppe si sentono coinvolti nell'uragano che si abbatterà su di lui fin dalla culla, e percepiscono di essere segno di contraddizione con lui. Erode medita già di sopprimerlo, la fragile famiglia verrà forzata brutalmente alla fuga. Questo destino di persecuzione continuerà per tutta la vita e si perpetuerà nella Chiesa.

2. Tra Gesù e il mondo non c'è intesa, non ci sarà mai. Tra lo Spirito di Gesù e lo spirito del mondo c'è un abisso incolmabile, una incompatibilità radicale. Consacrandoci a Maria, ci mettiamo con lei dalla parte di Gesù contro lo spirito del male: esso non cesserà di farci opposizione, ma sarà una lotta che renderà più pura la nostra appartenenza a Cristo Verità e Amore.

Sentiremo scendere nel cuore la lama che trafisse Maria: una lama che penetrerà fino al midollo, distinguendo le esigenze di Gesù da quelle della carne e del mondo, ciò che viene dallo Spirito e ciò che viene da Satana. Potremo incorrere nell'incomprensione di amici non cattivi, ma languidi, di scarso discernimento spirituale, oppure nell'opposizione dei nemici di Dio. Ma sarà una scelta fascinosa, ci sentiremo purificati dalla Verità che rende liberi. Meglio crocifissi con Cristo che gaudenti in un mondo menzognero.

3. Ho sufficiente consistenza interiore per schierarmi dalla parte di Cristo contro ogni menzogna e ingiustizia del mondo?

Il conformismo mondano impedisce di aderire a Cristo, come egli stesso dice ai farisei: «Come potreste credere voi, che andate in cerca della gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dal solo Dio?» (Gv 5, 44). Il mondo infatti «è tutto sotto il maligno» (1 Gv 5, 19), e come potrebbe accettare il Vangelo colui che «ha per padre il diavolo» (Gv 8, 44)?

Gesù è esplicito nell'esigere la nostra presa di posizione a suo favore in opposizione al mondo. Ricordiamo: «Chi non è con me, è contro di me. Non potete servire a Dio e a Mammona. Il discepolo non è più del maestro: hanno perseguitato me, perseguiteranno voi». «A chi mi darà testimonianza davanti agli uomini, io pure darò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli; chi mi rinnegherà, io pure lo rinnegherò» (Mt 10, 32). «Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11 s).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:46

13 maggio - «Prendi il bambino e fuggi in Egitto»

1. Dopo alcune settimane di pace la famiglia di Nazareth è sconvolta dal turbine scatenato da un potente di questo mondo: Erode. E’ costretta a fuggire in Egitto.

E’ un quadro esemplare di fragilità: un Bimbo che non ha ancora fatto le ossa, sballottato da un cammino che non finisce mai; una donna e un uomo sbalzati su una strada che faceva tremare i soldati di Gabinio, console romano, perché esposta alle insidie del deserto e agli assalti dei briganti. Sullo sfondo l'incognita di un soggiorno in Egitto: come esprimersi in lingua straniera? Come guadagnarsi il pane per mantenere la famiglia?

E Dio non risparmia al suo Figlio, a Maria e Giuseppe queste angosce: sembra proprio che Dio ceda il campo al prepotere di un uomo.

Questa piccola carovana di fragilità, tuttavia, è tenuta insieme e condotta da un filo d'acciaio: l'obbedienza al comando di Dio: «Prendi con te il bambino e la madre sua, e fuggi in Egitto». E’ il filo che farà emergere, dal groviglio delle sofferenze umane, il disegno santificante di Dio.

2. Così è della nostra vita: lanciata verso l'ignoto, spesso sull'orlo di abissi pericolosi. E noi la percorriamo con tutto il peso della nostra fragilità. Sappiamo che «Dio ci conosce e ci chiama per nome», e questo ci basta. Sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». La nostra crescita in Dio avviene proprio attraverso il groviglio delle vicende umane, il crogiolo che vaglia la nostra fedeltà: «Al vittorioso darò da gustare dell'al­bero della vita nel Paradiso di Dio. Al vittorioso darò un nome nuovo».

3. Consacrarsi a María vuol dire affidarsi a lei per questo cammino carico di incognite: affidarsi con la stessa fiducia, con lo stesso abbandono di Gesù tra le sue braccia. La nostra sicurezza sarà la stessa Madre di Dio!

Come in Maria questo camminare nella fede opera in noi anche un consolidamento esistenziale, che ci avvolge verso passi più impegnativi, fino al salto finale nel Mistero visto faccia a faccia.

In questo cammino assume importanza la virtù dell'obbedienza. Essa è dovuta a chi ci rappresenta Dio e ci esprime la sua volontà: genitori (e quanti figli cadono in condizioni disastrose per la loro ribellione!), superiori, e sopratutto la Chiesa, maestra infallibile di verità.

Dio non ci ha affidati all'interpretazione individualistica della Scrittura: essa ha generato un nugolo di sette una contro l'altra. Ci ha affidati a un Magistero garante della Verità, fondato sulla continuità apostolica e incentrato in Pietro. Qualora la verità venisse meno, nel magistero del Papa, le porte dell'inferno prevarrebbero ed esploderebbe la confusione religiosa e morale; ma Gesù ha assicurato: «Le porte dell'inferno non prevarranno».

Gesù disse agli Apostoli: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15 s). Poteva Gesù esigere questa fede sotto pena di perdizione, se non avesse garantito l'infallibilità apostolica sino alla fine dei tempi?

Se vogliamo una garanzia di verità, guardiamo al Magistero di Pietro, obbediamo al Papa!
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 18:53

14 maggio - Maria non comprese...

1. Vi sono momenti in cui il disegno di Dio diventa indecifrabile. È capitato a Maria e a Giuseppe il giorno in cui Gesù si sottrasse senza av­vertirli alla loro tutela. «Gesù rimase a Gerusalemme, e i suoi genitori non se ne accorsero. Pensando che fosse nella carovana, fecero un giorno di cammino e lo andavano cercando tra i parenti e conoscenti... Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto tra i dottori ad ascoltarli e interrogarli... E vedendolo si stupirono, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io (de­licatezza di Maria nel preporre il dolore di Giuseppe al suo stesso dolore!), ti cercavamo angosciati!"».

Perché questo spreco di sofferenza? Non bastava un avviso, un semplice cenno che risparmiasse tanta angoscia?

Dio è un educatore esigente, e non risparmia il dolore. Esso è un fattore determinante di crescita spirituale. «Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla. Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, ti fa crescere» (St. Exupery).

2. Man mano che il Bimbo si fa capire da Maria, lascia pure intendere di superare la comprensione di lei: «Maria non comprese». Capire Dio è afferrare un lembo sempre più esteso del suo velo, un comprendere sempre più a fondo la distanza che ci separa da lui: «Come il cielo supera la terra, così i miei pensieri sono sopra i vostri».

3. Il Vivente sorveglia il nostro cammino come quello degli ebrei nel deserto: sotto forma di nube lucente nella notte o di nube ombrosa al dardeggiar del sole. Anche in me col progredire nella fede si verifica una comprensione più profonda del mistero di Dio e, insieme, un ampliamento delle zone d'ombra che gli fanno corona: è un procedere nella luce e un progredire nella tenebra sacra, un capire e un capire di non capire, un rendersi conto che Dio è per natura il «Trascendente», l'«Imprevedibile», di fronte al quale l'unico atteggiamento sostenibile è quello di affidarsi: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola».

Non mancano, nella vita, situazioni dense di mistero, soprattutto quando il dolore batte alla nostra porta. «Perché questo - esclamiamo sgomenti -, perché? ... ».

Non sempre la ragione avrà una risposta, soprattutto quando vediamo che i cattivi prosperano (almeno in apparenza) mentre i buoni sono spesso assai tribolati. Ma la fede ha una risposta chiara: coloro che Dio ama li ha «predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8, 28 s).

E Gesù è stato crocifisso! E la Madre sua ha avuto il cuore trafitto da una spada. E chi era innocente come loro?

Coloro che Dio ama li affina come l'oro nel crogiolo: «Voi gioite - dice S. Pietro - pur soffrendo un poco per ora, se è necessario, diverse prove, affinché il buon valore della vostra fede, assai più prezioso dell'oro (che sebbene caduco si affina nel fuoco) riesca a lode, gloria e onore quando comparirà Gesù Cristo, che voi amate pur senza averlo veduto» (1 Pt 1, 6 s)
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:29

15 maggio - Maria conservava in cuor suo... Gesù cresceva

1. «La Madre sua conservava tutte queste cose in cuor suo. Gesù intanto cresceva in sapienza, statura e grazia presso Dio e gli uomini».

Maria conservava ogni frammento di verità che le veniva dalle labbra di Gesù e dagli avvenimenti della sua infanzia; ma ora che Gesù entrava nell'adolescenza, Maria ne seguiva da vicino la crescita, il progressivo rive­larsi. Gesù dedicò trent'anni alla for­mazione di Maria: le diede modo di «conservare» lui stesso, Parola di Vi­ta, di seguirlo tanto vicino da farne sua crescente pienezza.

Gesù, Verbo di Vita, si offre a Ma­ria nel suo «crescere». Maria lo riceve non come il servo pigro ricevette la moneta per nasconderla nel campo, ma come seme vivo che avrebbe provocato anche la sua crescita.

2. Questo conservare la parola di Dio da parte di Maria viene espresso nel Vangelo con verbi diversi.

Maria «custodiva» la parola di Ge­sù: la conservava incontaminata, la te­neva in sé al riparo da ogni dissipa­zione.

Tutte le parole di Gesù e i fatti che lo riguardavano, Maria li «metteva in­sieme» nel suo cuore, in modo che si illuminassero a vicenda fino a formare un'unità di comprensione profonda. «In Maria uno dei frutti è consistito nel fatto che i suoi ricordi sono stati comunicati ad altri, riferiti sostanzial­mente nei racconti evangelici, e con­tinuano a diffondere la conoscenza del disegno di salvezza. Ma prima di que­sta comunicazione, essi sono stati og­getto di uno sforzo durevole di me­ditazione e di penetrazione, che le aveva permesso di assimilarne maggior­mente il contenuto e il significato. Così si giustifica la conservazione. L'evento misterioso viene conservato perché ci si rende conto dell'impos­sibilità di sondarne immediatamente la profondità. Ci vuole tempo per raccoglierne la portata, e bisogna con­servarlo così come si è prodotto, per­ché se ne perda il meno possibile di realtà» (T. Galot).

3. La consacrazione a Maria porta a non sprecare parole, a custodire il cuore e a crescere in profondità.

Porta verso l'attitudine contempla­tiva, che è fonte di grandi beni spi­rituali: essa amplifica la capacità di percepire la presenza di Dio e le sue soavi ispirazioni; agevola la purezza del cuore, secondo il detto di Dio ad Abramo: «Io sono il Dio onnipotente: cammina alla mia presenza e sarai per­fetto» (Gn 17, l); dona la pace inte­riore e consente anche un miglior rendimento negli impegni pratici della vita.

Gesù stesso ci invita alla solitudine contemplativa con il suo esempio: «Sa­lì sul monte a pregare e passò la notte in preghiera a Dio... Disse ai suoi di­scepoli: Venite con me in disparte a pregare...»; e con il suo insegnamen­to: «Quando preghi, entra nel segreto della tua camera...».

«Non è l'abbondanza del sapere, che sazia il cuore e lo soddisfa, ma il sen­tire e gustare le cose internamente», in­segna S. Ignazio di Loyola. L'attitudine contemplativa è quindi anche fonte di consolazione spirituale.

Parlando con gli uomini rischiamo spesso di perdere qualcosa; parlando con Dio ne usciamo sempre arricchiti e nobilitati.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:30

16 maggio - «Fate ciò che lui vi dirà»

1. «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le giare. Essi le riempirono fino all'orlo, e Gesù disse loro: Ora attingetene e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventa­ta vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sape­vano i servi che avevano attinto l'ac­qua), chiamò lo sposo e gli disse: Tutti servono da principio il vino buono, e quando sono brilli quello me­no buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».

La risposta di Gesù alla madre in­dica chiaramente che l'ora di fare mi­racoli non era ancora venuta, e che se Gesù lo fece, fu per compiacere la madre. Quindi il fatto mette in evi­denza il potere di Maria sul cuore del Figlio.

2. Maria è tutta attenzione per gli altri: partecipa alla gioia degli sposi, e dolcemente toglie quella famiglia dall'imbarazzzo che ne avrebbe dan­neggiato la reputazione: se il vino fosse mancato, la gente ne avrebbe avuto a ridire.

Anche per noi Maria è tutta intel­ligenza d'amore. La vita dei santi è ricca di questi interventi delicati di Maria, che giunge in tempo a consola­re, a risolvere gravi difficoltà, ad ac­crescere la gioia.

Forse noi pure abbiamo già spe­rimentato questa presenza benefica di Maria nella nostra vita.

Sulla nostra Madre possiamo con­tare con fiducia illimitata.

3. Chiediamo a Maria la finezza, cioè l'intelligenza, nell'amore.

Gli uomini amano, ma con amori folli, che trascinano alla rovina. Anche l'amore paterno o materno è spesso maldestro, e crea reazioni di urto; oppure è debole, e provoca la rovina di figli ai quali non si chiedono sa­crifici atti al loro corroboramento mo­rale: vittime di un amore non illumi­nato, essi crescono sprovveduti di fron­te alle prove della vita, e soccombono alle minime difficoltà.

L'amore illuminato è rispettoso, non forza mai in modo indiscreto le porte del cuore; è preveniente, sa trovare le vie giuste del bene altrui.

Dio ci ama con intelligenza, perché è l'intelligenza infinita. Egli sa atten­dere con pazienza i nostri tempi, sa trovare le vie giuste attraverso il la­birinto della nostra estrosità, si mette al passo della nostra estrema lentezza a capire. Ci ama fino al paradosso di non donarsi a noi se non nella misura che gli permettiamo di entrare nella nostra casa. Egli agisce come il sole, che nel calice del bucaneve non in­fonde più luce di quanto esso possa portare, ma al tempo stesso lo riscalda perché dilati interamente la corolla per accogliere la luce piena.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:31

17 maggio - «Chi è mia madre? »

1. Quando venne per Gesù il tempo di dedicarsi al lavoro apostolico, Ma­ria lo seguì col cuore, tenendosi a di­screta distanza per un riserbo rispetto­so del piano di Dio. La sua missione accanto al Figlio, per reciproca intesa, si svolgeva nel nascondimento, su un piano di compartecipazione spirituale.

Ma era inevitabile che qualcuno sor­gesse a turbare questo riserbo. Fu probabilmente per indiscrezione dei parenti di Gesù che un giorno qual­cuno gli disse: «C'è qui tua madre e i tuoi fratelli che ti vogliono vede­re». Il nome della madre avrebbe at­tirato l'attenzione di Gesù - e delle folle - sui fratelli...

Gesù rispose con parole apparen­temente distaccate: «Chi è mia ma­dre? Chi sono i miei fratelli? Ecco, chi fa la volontà di Dio mi è fratello, sorella e madre». Con queste battute, in cui è capovolto l'ordine delle per­sone, Gesù, al tempo stesso, difende il riserbo della Madre e la beatifica: nessuno come lei ha compiuto con tan­to slancio la volontà di Dio!

Altrettanto avvenne quando una donna, presa dall'entusiasmo, gridò tra la folla: «Beato il grembo che ti ha portato!) (Lc 17, 27). Gesù le rispose: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».

2. Maria non solo custodiva la Pa­rola di Dio, ma la «metteva in pra­tica» più d'ogni altra creatura. Questa Parola in lei non rimaneva sospesa a livello puramente mentale, ma inva­deva la sfera affettiva e si trasformava in azione, raggiungeva la punta delle dita. La Parola di Gesù, anzi lo stesso Verbo di Vita veniva interiorizzato vitalmente, perfezionando la configu­razione di Maria con Gesù.

«Non coloro che dicono - Signore, Signore! - entreranno nel regno dei cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio», ammonisce Gesù, per metterci in guardia dal rischio di gi­rare a vuoto intorno alla stessa Pa­rola di Dio senza che essa diventi in noi «spirito e vita».

3. Il vero amore di Dio immerge nella mistica della fatica, propria delle opere, per le quali «il regno di Dio patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12). Le grandi intuizioni dell'amore che lampeggiano in certi momenti di grazia sono sterili finché rimangono allo stadio di astra­zione o di velleità. Hanno bisogno di immergersi nell'oscurità del servizio umile, quotidiano, anonimo, per por­tare frutto «nella pazienza». Gli eletti del Regno non si fanno sui molli di­vani dei salotti, ma emergono dalla «grande tribolazione», come il Batti­sta, che non è una canna agitata dal vento, ma l'«amico dello sposo» di provata fedeltà.

Quando ci giudicherà nell'amore, Gesù esaminerà i fatti concreti: «Ebbi fame e mi deste da mangiare, fui fo­restiero e mi ricoveraste, infermo e ve­niste a visitarmi...» (Mt 25, 35 s).

I Santi, alla scuola di Gesù e di Maria, avevano l'ardimento dell'azio­ne, anche se grandi mistici: pensiamo a Teresa d'Avila, che si spostava da un luogo all'altro per costruire con­venti, alle fatiche missionarie di Fran­cesco Saverio, all'umiltà di S. Pietro Claver, che si fece schiavo degli schia­vi. Pensiamo alla fatica di Gesù, per comprendere il suo detto: «Mio cibo è fare la volontà del Padre mio».
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:33

18 maggio - Maria stava presso la croce di Gesù

l. Mentre gli Apostoli si erano di­spersi per la paura, Maria, che nei momenti di trionfo del Figlio si era tenuta nell'ombra, ora si era fatta a­vanti per affrontare coraggiosamente l'onta di madre del condannato, im­mersa nell'abisso delle umiliazioni, dei dolori, delle lacerazioni di lui.

Come avrebbe desiderato soffrire al posto di Gesù, sostituirlo sulla cro­ce! Ma poiché Dio voleva diversa­mente, Maria univa la propria soffe­renza a quella di lui per la redenzione di noi tutti. I sentimenti del suo cuo­re immacolato erano gli stessi del Fi­glio: sentimenti di offerta a Dio fino alla completa consumazione, sentimen­ti di implorazione per i crocifissoci, e i peccatori. Col Figlio che spirava in croce, Maria conservava la forza inaudita della mitezza, e ripeteva in cuor suo: «Padre, perdona loro per­ché non sanno quello che fanno».

In tutto simile al Figlio, Maria si mantiene al di sopra di ogni istinto di violenza: il suo spirito è irremo­vibilmente radicato nell'amore e nella verità, e nessun uragano di passioni esteriori riesce a smuoverlo e ad agi­tarlo. Veramente regina della pace è la nostra Madre, anche quando colpi­scono il cuore del suo cuore, cioè il Figlio di Dio e Figlio suo. Ma quale tortura subisce il suo spirito, la sua sensibilità, la sua nobiltà di fronte a quella condensazione di cattiveria e di volgarità che ondeggia ai piedi del Crocifisso! Chi può capire il mistero di Maria addolorata?

La meditazione su Maria ai piedi della croce va fatta immergendosi a lungo, con le ginocchia piegate, nella contemplazione del corpo martoriato di Cristo, del suo volto fatto bersa­glio della perfidia umana, del suo co­stato aperto, e del cuore colmo di amarezza per le lesioni al suo onore, agli affetti più delicati, alla sua sen­sibilità. Tutto si ripercuoteva nel cuo­re della Madre tramite quei misteriosi canali di comunicazione che la misti­ca ci descrive.

2. Consacrarsi a Maria significa co­gliere, al di là dei singoli insegna­menti che ci vengono dalla sua vita, 1'inesaurabile insegnamento della sua partecipazione alla croce di Gesù.

Per tale impresa ci è necessaria la virtù della mitezza. Essa non è debo­lezza, come potrebbe apparire, ma forza d'animo a tutta prova. E si fon­da sulla sicurezza che il bene è desti­nato a vincere, ad onta di tutto.

Di fronte a chi lo giudica, Gesù spiega e chiarisce, ma senza irritarsi; quando vede che la parola non serve, tace. A chi gli dà lo schiaffo, Egli chiede una spiegazione, poi sopporta. Sopporta le ingiustizie dei tragitti da Pilato a Erode, sopporta la terribile flagellazione, la coronazione di spine, i chiodi nelle mani e nei piedi. Ep­pure, di fronte all'agitazione e alle ingiurie dei suoi crocifissoci, Gesù pas­sa come il gran Re, il Giudice che scruta i cuori. La sua nobiltà non viene per nulla scalfita. Gesù non esige mai dai suoi servi la perdita della dignità interiore, ma la mitezza, che è espressione altissima di dignità.

Dice S. Tommaso d'Aquino: «La dolcezza è la virtù nella quale è ripo­sta la nobiltà dell'animo. I servi di Dio, anche se provocati, si mantengo­no sempre nella pace, mostrando in questo una nobiltà perfetta».

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:35

19 maggio - «Ecco tua madre»

1. Nel momento di lasciare il mon­do, Gesù affida a Giovanni e alla Chiesa il dono più grande che gli ri­maneva sulla terra: la sua Mamma. Giovanni la prese con sé, e da quel momento la sua vita si arricchiva di nuovo significato. Maria gli è presente come Madre affettuosa e come guida spirituale che lo avvia a una compren­sione piena del mistero di Cristo. Gli è vicina come interprete qualificata della fede, ed è ragionevole pensare che le intuizioni così profonde del di­scepolo prediletto sul mistero di Cri­sto siano maturate nella familiarità con la Madre di Gesù.

2. Maria è data come Madre a ciascuno di noi. Che cos'è una ma­dre? È la personificazione più elevata dell'amore umano. La madre ha una innata propensione a trasfigurare il figlio, a vederlo nella luce più ideale, e questa stima costituisce la piatta­forma più incoraggiante per lo svilup­po di un uomo. Una madre non giu­dica, ma intuisce, e questo intuito che va al di là di ogni manchevolezza sti­mola nel figlio le energie migliori. Nessuna ingratitudine del figlio riesce ad estinguere la sua dedizione, e que­sta sicurezza di poter contare nella fiducia della madre costituisce la più solida piattaforma per il ricupero mo­rale di un uomo degenerato. La ge­nialità di una madre è un amore senza confini. «Il figlio è la sua legge, in esso si perde e si conclude» (Le Fort).

Se è vero che «il bimbo, nascendo, non le lacera solo il grembo ma anche il cuore e lo dilata aprendolo verso tutto ciò che è debole e piccolo» (Le Fort), il giorno in cui Maria è diven­tata Madre della Chiesa il suo cuore si è dilatato per grazia divina a tutte le debolezze e miserie del mondo, e Maria è diventata l'espressione più convincente della misericordia divina.

3. La mediazione materna e dolcis­sima di Maria, si esplica soprattutto nel «formare il Cristo in noi», nel conformarci profondamente a Gesù Ve­rità e Amore.

È un cammino da Lei percorso fino all'estremo limite di somiglianza con il Figlio, di compartecipazione al mi­stero di Lui, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo, il più squisito e il più umano di tutti gli uomini. Tutta la sua esperienza spirituale è stata una preparazione ad essere per noi Maestra di vita foggiata secondo il Cuore di Cristo.

La mediazione materna di Maria si concretezza nell'intercessione, me­diante la quale essa ci ottiene le gra­zie di cui abbiamo bisogno per cre­scere secondo lo Spirito di Gesù; nel­l'esempio che ci offre con il suo com­portamento pienamente conforme al Cuore di Cristo; negli stimoli spiri­tuali con cui dolcemente ma anche con vigore ci richiama all'esercizio delle virtù cristiane, come l'umiltà e la mitezza («Imparate da me che so­no mite ed umile di cuore»), la pa­zienza e l'ardimento, il dominio di sé e la signorilità del cuore, la fede e la speranza, e soprattutto l'amore, che è sintesi e perfezione di tutte le virtù.

Come pensare, infine, che la Madre non intervenga a salvare dai pericoli le persone a Lei consacrate con par­ticolare affetto e ad assisterle nell'ora suprema per portarle con sé in para­diso?
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:36

20 maggio - Perseveravano concordi nella preghiera con Maria

1. In attesa dello Spirito Santo pro­messo da Gesù, gli Apostoli e le don­ne perseveravano concordi nell'ora­zione con Maria. La Madre di Dio inizia così il suo ruolo di Madre della Chiesa: con la sua presenza discreta, è il cuore della prima comunità cri­stiana. La tiene unita, la sostiene, la conduce soprattutto alla preghiera. Co­lei che nello Spirito Santo aveva dato loro Gesù, li prepara ora ad ottenere la pienezza della Pentecoste.

La primitiva comunità cristiana sen­tiva in Maria la Madre capace di il­luminare le sue scelte, di confermare la sua fede, di addolcire la sua vita. Possiamo pensare come alla porta di Maria si avvicendassero gli Apostoli e i primi credenti per confidarle le loro perplessità, per averne conforto e incoraggiamento. Non poteva sfug­gire ai primi seguaci del Figlio di Dio fatto uomo la santità della sua Madre.

2. La funzione di Maria non si è esaurita con la sua assunzione al cie­lo, ma di lassù continua con progres­siva espansione sino alla fine dei tem­pi. Per misurare adeguatamente que­sta presenza materna di Maria nella Chiesa bisognerebbe esaminare la sua incidenza nella vita dei santi antichi e moderni, ricordare i suoi interventi in momenti di particolare gravità per il popolo cristiano, ripensare alle gra­zie e ai miracoli che Maria dispensa ancora oggi a Lourdes, a Fatima e nei numerosi santuari che costellano la terra. Le vocazioni sacerdotali e con­sacrate spuntano e si conservano sotto l'insegna della sua predilezione.

3. Maria è consapevole che il mi­stero della Redenzione, che si com­pie con il dono dello Spirito Santo, è opera della grazia celeste. Sa per espe­rienza, e per l'insegnamento insistente di Gesù, che la grazia si deve chiedere con preghiera assidua. Gesù ha detto chiaramente: «Senza di me non potete far nulla. Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, pic­chiate e vi sarà aperto. Tutto quello che domanderete nella preghiera voi l'otterrete... ». Gli apostoli sono ca­duti perché non hanno preso sul serio l'insegnamento del Signore; la Madre allora li raccoglie e insegna loro a pre­gare, come faceva Gesù.

Il Maestro aveva anche parlato del­l'efficacia di una preghiera fatta in­sieme, e aveva assicurato: «In verità vi dico che se due di voi si accorde­ranno sulla terra per qualunque cosa da chiedere, sarà loro concessa dal Pa­dre mio che è nei cieli. Perché dove due o tre sono radunati nel mio no­me, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19). Per ricevere lo Spirito Santo bi­sognava che gli Apostoli si dispones­sero con la preghiera.

Tra gli Apostoli che invocano l'ef­fusione dello Spirito promesso, Maria è presente come Mediatrice, come «Onnipotenza supplice». E sarà così sino alla fine dei tempi nella Chiesa.

Chiediamo a Maria: «Insegnaci a pregare sempre senza stancarci mai».

4. Maria porta i suoi figli all'unione con la Chiesa e all'obbedienza al Ma­gistero incentrato nel Vicario di Cri­sto. Essa non ammette sterili conte­stazioni, ma invita i suoi figli predi­letti a impegnarsi costruttivamente in ogni opera buona per la crescita del Corpo Mistico di Gesù.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:38

21 maggio - Maria assunta in cielo

1. «Per autorità del Signore nostro Gesù Cristo, dei beati Apostoli Pietro e Paolo e nostra, annunziamo, dichia­riamo e definiamo verità rivelata da Dio che l'Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, compiuto il corso della vita terrena, fu assunta in anima e corpo nella gloria celeste»: con questa dichiarazione dogmatica Pio XII, nel 1950, definiva espressamente l'Assunzione di Maria, e implicitamen­te confermava l'infallibilità del Vica­rio di Cristo quando intende definire solennemente una verità di fede.

La fede nell'Assunzione di Maria è affermata dalla Tradizione (che con la Scrittura è fonte di Rivelazione), e costituisce anche una deduzione di fede fondata sulla visione d'insieme del mistero di Maria.

Maria assunta con Gesù risorto nel­la gloria conferma la nostra speranza: la nostra sorte finale non è la morte - come afferma un cieco materiali­smo incapace di cogliere le impronte dello Spirito nel mondo e di fornire delle ragioni di vita - ma una vita luminosa in una condizione «ove non ci sarà più né morte né cordoglio, né gemito né pena», perché pienamente illuminata dalla visione di Dio, in un mondo completamente rigenerato.

A questa speranza sarà partecipe an­che il nostro corpo mortale, se quale tempio di Dio sarà da noi custodito nella santità (le scienze moderne met­tono maggiormente in luce le possi­bilità di riconversione della materia).

2. Consacrarsi a Maria significa e­rompere da una gretta visuale natu­ralistica e, con la speranza, protendersi verso una vita nuova completamente illuminata dalla presenza purissima dello Spirito di Dio, che ai suoi fedeli offre fin d'ora le primizie simboliche della felicità senza fine, nelle esperien­ze gioiose della fede cristiana, e par­ticolarmente dell'amore.

Pur assaporando la gioia dei doni presenti di Dio, chi è consacrato a Maria esercita la virtù teologale della speranza, che costituisce l'anima stessa della fede: «la fede si sostanzia di cose sperate» (Eb 11, 1).

La speranza cristiana è inscindibile dalla fede. I primi cristiani avevano il senso dell'attesa del ritorno del Si­gnore, e invocavano Maranathà!, cioè «Vieni, Signore Gesù!».

L'assenza di questa tensione verso i beni celesti comporta un'almeno im­plicita svalutazione di quanto Gesù ci ha meritato con la sua passione e morte, e fa dimenticare che «le soffe­renze di questo tempo non sono pro­porzionate alla gloria futura che si ri­velerà in noi» (Rm 8, 18). L'apostolo Paolo desiderava «sciogliersi dal corpo per essere con Cristo» (Fp 1, 23), poiché aveva sperimentato che «occhio mai vide, né orecchio mai udì, né il cuore dell'uomo ha potuto immagina­re quanto Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). E i mistici manifestano la stessa tensione.

3. Il pensiero della morte ci ammo­nisce sull'ultimo destino dell'uomo: il giudizio di Dio, il purgatorio, il para­diso, ma anche - Dio non voglia! - l'inferno. Non possiamo trascurare questa verità se Gesù ce ne mette in guardia con tanta insistenza!

Docili all'insegnamento della Chie­sa ripetiamo ogni giorno: «Santa Ma­ria, Madre di Dio, prega per noi pec­catori... nell'ora della nostra morte».
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:41

I. Maria e lo Spirito Santo



22 maggio - «Lo Spirito Santo scenderà su di te»

1. Quando Maria chiede all'angelo Gabriele come avverrà la nascita del Redentore, egli le risponde: «Lo Spi­rito Santo scenderà su di te, e la po­tenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra» (Lc 1, 34). Il Figlio di Dio nascerà dal suo grembo non per fecondazione umana, ma «per opera dello Spirito Santo», come diciamo nel Credo.

La fecondazione avviene nel clima dell'amore, e Maria sarà resa madre dallo stesso Spirito di Amore che è col Padre e il Figlio un unico Dio.

Questo stesso Spirito, scendendo in Maria, dà inizio a quella speciale pre­senza dello Spirito Santo nel Corpo Mistico che si incentra in Gesù. Nel grembo di Maria si attua l'incarna­zione del Verbo e ha origine l'unità dei credenti in Cristo. Lo Spirito di Amore che anima la vita trinitaria, a­nimerà pure l'unità dei credenti. Già nel momento dell'Incarnazione Gesù entrando nel mondo prega il Padre: «Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te» (Gv 17, 2). Tut­ti siamo una cosa sola perché «ab­beverati di uno stesso Spirito», inse­gna Paolo (1 Cor 12, 13).

2. Oltre che centro di irradiazione del Verbo, Maria diventa perciò cen­tro di effusione dello Spirito Santo, che è il «dono» portato da Cristo al­l'umanità. Questo dono è già annun­ciato nell'Antica Alleanza (Ez 11, 19, ecc.) e anche già effuso sui patriarchi, sui profeti e sugli uomini di Dio per avviare il piano salvifico; ma con l'Incarnazione del Verbo il dono dello Spirito comincia a entrare nella fase pentecostale. Il dono di Dio all'uma­nità è graduale: «di luce in luce», dice Paolo.

3. Tenendo presente l'ambivalenza della mediazione di Maria, rivolta al Verbo fatto Carne in lei, e al Corpo Mistico, si comprende quale dovette essere l'effusione dello Spirito Santo in Maria al momento dell'Incarnazio­ne. Offrendosi a lei come Sposo, la ricolma di tutti quei carismi che sono necessari allo svolgimento della sua missione: i «carismi migliori» (1 Cor 12, 31 s) della fede, speranza e carità; i «sette doni» (sacrum septenarium), cioè la sapienza, l'intelletto, il consi­glio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio; i «frutti» dello Spi­rito (gioia, pace, affabilità, bontà, fe­deltà, dolcezza, ecc.: Gal 5, 22); le virtù cardinali (prudenza, giustizia, for­tezza e temperanza); le altre virtù mo­rali (umiltà, pazienza, ecc.); soprattut­to il primo frutto che ammanta la presenza dello Spirito Santo nei cuori, cioè la grazia santificante, la vita di­vina che ci fa «compartecipi della na­tura divina», e per cui Maria è la «piena di grazia».

4. Lo Spirito Santo è l'autore della nostra santificazione: solo lo Spirito di Gesù può portare a compimento la nostra conformità con lui. Questa opera è assai agevolata dall'interces­sione di Maria, Sposa dello Spirito Santo, che dopo la risurrezione di Ge­sù dispose gli Apostoli a riceverlo nel giorno della Pentecoste.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:45

23 maggio - Tempio dell'eterna Sapienza

1. Il dono della Sapienza ha un im­plicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splen­dore del Padre» (Eh 1, 3).

Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In for­za della congenialità con Gesù la sa­pienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a con­formarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in sen­so analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.

Sul piano conoscitivo questa con­genialità porta a «gustare come è buo­no il Signore» (Sal 33, 9), a discer­nere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in im­magine della sua morte» (Fp 3, 11 s),

2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sa­pienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Ge­sù nel suo modo di sentire e di ope­rare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).

Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sa­pienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Eli­sabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Cro­cifisso.

Questa singolare sapienza si mani­festa in lei dopo la Pentecoste, ren­dendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto compor­tamento nella vita e nell'apostolato.

La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i cre­denti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.

3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso del­l'anticristo. Paolo mette in risalto 1'ir­riducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Man­derò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli in­telligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tut­ta la sua sapienza, conosciuto Dio nel­le opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltez­za della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:47

23 maggio - Tempio dell'eterna Sapienza

1. Il dono della Sapienza ha un im­plicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splen­dore del Padre» (Eh 1, 3).

Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In for­za della congenialità con Gesù la sa­pienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a con­formarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in sen­so analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.

Sul piano conoscitivo questa con­genialità porta a «gustare come è buo­no il Signore» (Sal 33, 9), a discer­nere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in im­magine della sua morte» (Fp 3, 11 s),

2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sa­pienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Ge­sù nel suo modo di sentire e di ope­rare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).

Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sa­pienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Eli­sabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Cro­cifisso.

Questa singolare sapienza si mani­festa in lei dopo la Pentecoste, ren­dendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto compor­tamento nella vita e nell'apostolato.

La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i cre­denti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.

3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso del­l'anticristo. Paolo mette in risalto 1'ir­riducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Man­derò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli in­telligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tut­ta la sua sapienza, conosciuto Dio nel­le opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltez­za della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:50

24 maggio - Vergine Illuminata

Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con pene­trazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illu­minata dallo Spirito Santo.

1. Da «intus légere» (leggere den­tro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle ve­rità naturali, cogliendone (légere) i si­gnificati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.

Gesù rimprovera agli Apostoli: «An­che voi siete senza intelletto?», quan­do non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità del­le sue parole senza penetrarne il si­gnificato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamen­te Gesù condanna l'intelligenza fari­saica che rimane superficiale ed esibi­zionistica. L'asino e il bue hanno ri­conosciuto il loro padrone, ma il po­polo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sa­pienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.

È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il di­scernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cat­tiveria di fondo.

La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a co­loro che hanno il cuore puro: essi ve­dranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impron­ta nelle creature.

L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale del­la persona: satanismo, medianità, dis­solutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.

Vizi contrari all'intelletto sono l'ot­tusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.

2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beati­tudine dei puri di cuore. Essa è l'Im­macolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.

Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».

Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o don­na?») essa intravvede la condiscen­denza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù com­pie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.

L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia an­ticipare una confidenza che avrà biso­gno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giu­seppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».

Per quanto acuta, l'intelligenza uma­na ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre con­servava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditando­le in cuor suo» (Lc 2, 19).

3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.



Maria conduce a Gesù

«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espres­sioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:53

24 maggio - Vergine Illuminata

Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con pene­trazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illu­minata dallo Spirito Santo.

1. Da «intus légere» (leggere den­tro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle ve­rità naturali, cogliendone (légere) i si­gnificati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.

Gesù rimprovera agli Apostoli: «An­che voi siete senza intelletto?», quan­do non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità del­le sue parole senza penetrarne il si­gnificato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamen­te Gesù condanna l'intelligenza fari­saica che rimane superficiale ed esibi­zionistica. L'asino e il bue hanno ri­conosciuto il loro padrone, ma il po­polo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sa­pienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.

È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il di­scernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cat­tiveria di fondo.

La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a co­loro che hanno il cuore puro: essi ve­dranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impron­ta nelle creature.

L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale del­la persona: satanismo, medianità, dis­solutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.

Vizi contrari all'intelletto sono l'ot­tusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.

2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beati­tudine dei puri di cuore. Essa è l'Im­macolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.

Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».

Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o don­na?») essa intravvede la condiscen­denza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù com­pie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.

L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia an­ticipare una confidenza che avrà biso­gno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giu­seppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».

Per quanto acuta, l'intelligenza uma­na ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre con­servava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditando­le in cuor suo» (Lc 2, 19).

3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.



Maria conduce a Gesù

«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espres­sioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).

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