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MAGGIO- MESE MARIANO
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
3 maggio - Fidanzata d'un uomo chiamato Giuseppe
1. Come mai Maria, che aveva deciso di rimanere vergine, si fidanzò con Giuseppe? Certamente perché vide in lui un appoggio alla sua verginità. La Provvidenza, che vegliava su Maria, le preparò l'uomo «giusto», fatto secondo il cuore di lei.
Fidanzati ci si sceglie al proprio livello. Se il Monte Bianco potesse fidanzarsi, direbbe la sua parola d'amore alle vette che gareggiano con la sua altezza.
2. Come si conobbero Maria e Giuseppe? Il Vangelo non lo dice, ma sappiamo che le vette si intuiscono a distanza. È molto probabile che, tramite i misteriosi canali dello Spirito di Dio, entrambi si trovassero d'accordo su un punto: che il Messia sarebbe venuto come dono spirituale, come fermento di elevazione del mondo; bisognava quindi preparargli la strada, stendergli un tappeto. Il tappeto degno del Messia non era un matrimonio normale, ma un matrimonio verginale. Se così non fosse stato, dovremmo sciogliere l'insolubile enigma di Maria che impegna un giovane ad esserle fidanzato per poi defraudarlo dell'attesa fondamentale di un matrimonio.
Maria e Giuseppe erano quindi creati l'uno per l'altra, in vista di una singolare vicenda d'amore verginale dalla quale sarebbe fiorito il Cristo al mondo.
3. Consacrarsi a Maria significa offrirsi a lei come canali viventi della sua azione cristificatrice tra i nostri amici. Anche le amicizie di scelgono a proprio livello, o almeno tendono a raggiungerlo, pena lo scioglimento: l'amore o trova pari o rende tali. Il nostro amore deve estendersi a tutti, compresi i più miserabili e gli stessi oppositori di Dio, ma quando si tratta di scegliere un amico, bisogna che sia nostro pari, perché non ci porti in giù, e meglio ancora superiore, perché ci porti in su. Un'amicizia che porta in basso va stroncata. Un fidanzamento che non porti in su è di cattivo auspicio. Un matrimonio che porti in giù è una grave sciagura.
L'amicizia è una delle forme più spontanee e incisive d'irradiazione del bene: le so coltivare ed elevare?
4. Maria ha scelto il suo stato di vita secondo il costume del suo ambiente, ma con un intuito spirituale che superava il modo comune di intendere, solitamente non elevato. Il problema della scelta dello stato si impone a ogni giovane che raggiunge la maturità: che farò domani? mi sposo? con chi? mi consacro a Dio? come?...
È una scelta carica di conseguenze per tutto l'avvenire: quali danni può provocare un amore non illuminato, una moglie futile e leggera, un marito sprecone...
È il momento in cui il giovane punta ad esprimere il meglio di sé, con tutto l'ardimento di cui è capace. Può sentire il richiamo al sacerdozio, alla vita missionaria o consacrata: occorre chiedere luce abbondante e forza di dire di sì a Dio. Ma anche per la scelta del coniuge giusto occorre il dono del consiglio, con cui interpretare bene i segni della volontà di Dio, e molta preghiera, non solo per ottenere luce e forza, ma anche per evitare certi imprevisti che Dio solo conosce. Maria è «Madre del Buon Consiglio».
1. Come mai Maria, che aveva deciso di rimanere vergine, si fidanzò con Giuseppe? Certamente perché vide in lui un appoggio alla sua verginità. La Provvidenza, che vegliava su Maria, le preparò l'uomo «giusto», fatto secondo il cuore di lei.
Fidanzati ci si sceglie al proprio livello. Se il Monte Bianco potesse fidanzarsi, direbbe la sua parola d'amore alle vette che gareggiano con la sua altezza.
2. Come si conobbero Maria e Giuseppe? Il Vangelo non lo dice, ma sappiamo che le vette si intuiscono a distanza. È molto probabile che, tramite i misteriosi canali dello Spirito di Dio, entrambi si trovassero d'accordo su un punto: che il Messia sarebbe venuto come dono spirituale, come fermento di elevazione del mondo; bisognava quindi preparargli la strada, stendergli un tappeto. Il tappeto degno del Messia non era un matrimonio normale, ma un matrimonio verginale. Se così non fosse stato, dovremmo sciogliere l'insolubile enigma di Maria che impegna un giovane ad esserle fidanzato per poi defraudarlo dell'attesa fondamentale di un matrimonio.
Maria e Giuseppe erano quindi creati l'uno per l'altra, in vista di una singolare vicenda d'amore verginale dalla quale sarebbe fiorito il Cristo al mondo.
3. Consacrarsi a Maria significa offrirsi a lei come canali viventi della sua azione cristificatrice tra i nostri amici. Anche le amicizie di scelgono a proprio livello, o almeno tendono a raggiungerlo, pena lo scioglimento: l'amore o trova pari o rende tali. Il nostro amore deve estendersi a tutti, compresi i più miserabili e gli stessi oppositori di Dio, ma quando si tratta di scegliere un amico, bisogna che sia nostro pari, perché non ci porti in giù, e meglio ancora superiore, perché ci porti in su. Un'amicizia che porta in basso va stroncata. Un fidanzamento che non porti in su è di cattivo auspicio. Un matrimonio che porti in giù è una grave sciagura.
L'amicizia è una delle forme più spontanee e incisive d'irradiazione del bene: le so coltivare ed elevare?
4. Maria ha scelto il suo stato di vita secondo il costume del suo ambiente, ma con un intuito spirituale che superava il modo comune di intendere, solitamente non elevato. Il problema della scelta dello stato si impone a ogni giovane che raggiunge la maturità: che farò domani? mi sposo? con chi? mi consacro a Dio? come?...
È una scelta carica di conseguenze per tutto l'avvenire: quali danni può provocare un amore non illuminato, una moglie futile e leggera, un marito sprecone...
È il momento in cui il giovane punta ad esprimere il meglio di sé, con tutto l'ardimento di cui è capace. Può sentire il richiamo al sacerdozio, alla vita missionaria o consacrata: occorre chiedere luce abbondante e forza di dire di sì a Dio. Ma anche per la scelta del coniuge giusto occorre il dono del consiglio, con cui interpretare bene i segni della volontà di Dio, e molta preghiera, non solo per ottenere luce e forza, ma anche per evitare certi imprevisti che Dio solo conosce. Maria è «Madre del Buon Consiglio».
minerva- Amministratori
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
4 maggio - «Ecco, concepirai un figlio»
1. L'Angelo disse a Maria: «Ave, piena di grazia. Il Signore è con te». Poi continuò: «Hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai in grembo e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù... Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra: per questo anche il bambino sarà santo, sarà chiamato Figlio di Dio».
Sono parole da meditare in tutta la loro portata biblica. Esse annunziano il dono del Figlio di Dio al mondo tramite Maria, che sarà la prima illuminata dall'incandescenza divina, la «piena di grazia». Grazia sostanziale sarà per lei Gesù stesso, concepito nel suo grembo; questo dono apporterà a Maria il complesso di tutte le ricchezze che rientrano nella sfera della grazia: l'elevazione di Maria a un rapporto singolare con le tre Persone divine, una eccezionale esuberanza di vita divina con il corredo di tutti gli altri doni soprannaturali e umani che fanno di lei la «piena di grazia» sopra ogni altra creatura.
2. Riflettendo sulla Rivelazione alla luce dello Spirito Santo la Chiesa ha dedotto che, in vista della sua predestinazione ad essere Madre di Dio, Maria fu concepita Immacolata: tale fu pensata nella mente di Dio, tale fu concepita nel grembo materno, tale rimase per singolare privilegio tutta la vita. Non conveniva che la Madre di Dio rimanesse, sia pure per poco tempo, sotto il dominio di Satana, cioè di colui che Cristo veniva a scacciare dal mondo.
Preservata dal peccato in vista del Redentore, Maria fu la prima redenta:
redenta in anticipo, redenta fin dalle origini nel modo più radicale e più pieno. Ciò che la Chiesa ha definito come dogma di fede, trova ancora oggi una conferma nei numerosi miracoli di Lourdes, sottoposti alla verifica di scienziati anche non credenti.
3. Consacrarsi a Maria è decidersi con lei nella lotta contro il peccato, impegnarsi per la vita di grazia. E’ il programma ardimentoso di coloro che sono decisi a perdere la vita pur di ritrovarsi in Cristo.
Che cos'è la vita di grazia?
Il fiore è vegetale per la vita organica, il gatto è animale per l'anima sensitiva, l'uomo è tale per l'anima spirituale: tra le varie forme di vita che questi esseri hanno in sé, ognuno di essi viene definito in base alla forma superiore. Ora, ai tre gradi di vita in lui operanti (vegetativa, sensitiva e spirituale) nel cristiano si aggiunge una forma superiore, soprannaturale, che lo rende «partecipe della natura divina» (1 Pt 1, 4). Questa vita si chiama «grazia santificante». Essa ci è rivelata da Gesù, quando ci insegna che Lui è la vite e noi i tralci che vivono della sua linfa divina (Gv 15, 1 s), oppure «Chi crede ha la vita eterna» (Gv 6, 47), «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6, 54), «Come il Padre che ha la Vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57), ecc.
La «grazia santificante» è ciò che ci fa cristiani e figli di Dio. Questa vita divina ci riceve nel battesimo, si perde con il peccato, ma è possibile ricuperarla mediante la confessione.
1. L'Angelo disse a Maria: «Ave, piena di grazia. Il Signore è con te». Poi continuò: «Hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai in grembo e darai alla luce un figlio che chiamerai Gesù... Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra: per questo anche il bambino sarà santo, sarà chiamato Figlio di Dio».
Sono parole da meditare in tutta la loro portata biblica. Esse annunziano il dono del Figlio di Dio al mondo tramite Maria, che sarà la prima illuminata dall'incandescenza divina, la «piena di grazia». Grazia sostanziale sarà per lei Gesù stesso, concepito nel suo grembo; questo dono apporterà a Maria il complesso di tutte le ricchezze che rientrano nella sfera della grazia: l'elevazione di Maria a un rapporto singolare con le tre Persone divine, una eccezionale esuberanza di vita divina con il corredo di tutti gli altri doni soprannaturali e umani che fanno di lei la «piena di grazia» sopra ogni altra creatura.
2. Riflettendo sulla Rivelazione alla luce dello Spirito Santo la Chiesa ha dedotto che, in vista della sua predestinazione ad essere Madre di Dio, Maria fu concepita Immacolata: tale fu pensata nella mente di Dio, tale fu concepita nel grembo materno, tale rimase per singolare privilegio tutta la vita. Non conveniva che la Madre di Dio rimanesse, sia pure per poco tempo, sotto il dominio di Satana, cioè di colui che Cristo veniva a scacciare dal mondo.
Preservata dal peccato in vista del Redentore, Maria fu la prima redenta:
redenta in anticipo, redenta fin dalle origini nel modo più radicale e più pieno. Ciò che la Chiesa ha definito come dogma di fede, trova ancora oggi una conferma nei numerosi miracoli di Lourdes, sottoposti alla verifica di scienziati anche non credenti.
3. Consacrarsi a Maria è decidersi con lei nella lotta contro il peccato, impegnarsi per la vita di grazia. E’ il programma ardimentoso di coloro che sono decisi a perdere la vita pur di ritrovarsi in Cristo.
Che cos'è la vita di grazia?
Il fiore è vegetale per la vita organica, il gatto è animale per l'anima sensitiva, l'uomo è tale per l'anima spirituale: tra le varie forme di vita che questi esseri hanno in sé, ognuno di essi viene definito in base alla forma superiore. Ora, ai tre gradi di vita in lui operanti (vegetativa, sensitiva e spirituale) nel cristiano si aggiunge una forma superiore, soprannaturale, che lo rende «partecipe della natura divina» (1 Pt 1, 4). Questa vita si chiama «grazia santificante». Essa ci è rivelata da Gesù, quando ci insegna che Lui è la vite e noi i tralci che vivono della sua linfa divina (Gv 15, 1 s), oppure «Chi crede ha la vita eterna» (Gv 6, 47), «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna» (Gv 6, 54), «Come il Padre che ha la Vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così chi mangia di me vivrà per me» (Gv 6, 57), ecc.
La «grazia santificante» è ciò che ci fa cristiani e figli di Dio. Questa vita divina ci riceve nel battesimo, si perde con il peccato, ma è possibile ricuperarla mediante la confessione.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
5 maggio - «Come avverrà questo se non conosco uomo? »
1. Dopo il comprensibile turbamento provocato dalla presenza e dalle parole dell'Angelo, Maria riflette e chiede saggiamente spiegazioni.
«Come avverrà questo, se non conosco uomo?». Maria sa, dunque, come nasce un bambino: «conoscere» indica spesso, nella Bibbia, l'atto sponsale. «Non conosco uomo» sulle labbra di Maria esprime chiaramente il suo proposito di rimanere vergine; diversamente Maria avrebbe detto a se stessa: «Ciò che non è avvenuto finora - il conoscere uomo - avverrà in seguito». Maria in altre parole chiede all'Angelo: «Come posso dare alla luce un bimbo, se mi sono impegnata davanti a Dio a non avere rapporti sponsali? Dovrò tenermi dispensata dal mio voto, oppure Dio stesso provvederà a farmi diventare madre in altro modo?».
L'Angelo risponde: «Verrà su di te lo Spirito Santo, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bimbo sarà chiamato (biblicamente = sarà) Figlio di Dio». Con un linguaggio figurato l'Angelo rivela a Maria che la sua maternità sarà diversa dalle altre, perché avverrà per un intervento eccezionale di Dio stesso.
2. Le scarne battute dell'annunciazione rivelano in Maria un vigore mentale e una levatura morale d'eccezione. Nessuna vertigine di vanità, nessuno smarrimento, ma chiara consapevolezza della proposta e dell'impegno da assumere, prudenza squisita ed equilibrio luminoso. Il comportamento di Maria rimarrà sempre un modello mai raggiunto di contegno giovanile: il giovane e la ragazza che meditano il fatto, troveranno sempre in Maria l'esemplare di quella umile consapevolezza dignitosa che costituiscono l'ornamento della gioventù più dotata.
3. Nel contegno di Maria di fronte all'Angelo riluce l'indole personalizzante della grazia di Dio. Darsi a Maria è impegnarsi a elevatezza di sentire, è darsi una personalità che non si lascia strumentalizzare da nessuno, ma obbedisce solo alla Verità e all'Amore.
L'essere cristiani non comporta soltanto l'elevazione data dalla vita di grazia, cioè la nostra partecipazione alla vita di Dio, ma anche lo sforzo di comportarci secondo il cuore di Dio. Un principe che ha parte delle ricchezze del re suo padre, ma non ha il comportamento, l'elevatezza morale, il cuore regale, disonora la propria dignità; così noi, figli di Dio, siamo chiamati, in forza della vita divina, ad avere in noi «gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), cioè a pensare, sentire, agire secondo il cuore di Gesù.
Che cos'è in fondo la santità se non una elevatissima nobiltà di animo che si esprime non solo nella forza di amare Dio sopra ogni cosa fino al martirio e il prossimo come se stessi, ma anche nell'intelligenza dell'amore? L'amore è la linfa segreta di tutte le virtù: 1'«arbore della carità» (S. Caterina) si espande portando ogni frutto spirituale, e l'amore perfetto non è possibile senza anche una sola delle virtù teologali (fede, speranza), o cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), o altre virtù morali (fortezza, pazienza, umiltà, ardimento, ecc.). La grazia di Dio tende a sviluppare in noi ogni perfezione.
1. Dopo il comprensibile turbamento provocato dalla presenza e dalle parole dell'Angelo, Maria riflette e chiede saggiamente spiegazioni.
«Come avverrà questo, se non conosco uomo?». Maria sa, dunque, come nasce un bambino: «conoscere» indica spesso, nella Bibbia, l'atto sponsale. «Non conosco uomo» sulle labbra di Maria esprime chiaramente il suo proposito di rimanere vergine; diversamente Maria avrebbe detto a se stessa: «Ciò che non è avvenuto finora - il conoscere uomo - avverrà in seguito». Maria in altre parole chiede all'Angelo: «Come posso dare alla luce un bimbo, se mi sono impegnata davanti a Dio a non avere rapporti sponsali? Dovrò tenermi dispensata dal mio voto, oppure Dio stesso provvederà a farmi diventare madre in altro modo?».
L'Angelo risponde: «Verrà su di te lo Spirito Santo, e la potenza dell'Altissimo ti coprirà della sua ombra; per questo il bimbo sarà chiamato (biblicamente = sarà) Figlio di Dio». Con un linguaggio figurato l'Angelo rivela a Maria che la sua maternità sarà diversa dalle altre, perché avverrà per un intervento eccezionale di Dio stesso.
2. Le scarne battute dell'annunciazione rivelano in Maria un vigore mentale e una levatura morale d'eccezione. Nessuna vertigine di vanità, nessuno smarrimento, ma chiara consapevolezza della proposta e dell'impegno da assumere, prudenza squisita ed equilibrio luminoso. Il comportamento di Maria rimarrà sempre un modello mai raggiunto di contegno giovanile: il giovane e la ragazza che meditano il fatto, troveranno sempre in Maria l'esemplare di quella umile consapevolezza dignitosa che costituiscono l'ornamento della gioventù più dotata.
3. Nel contegno di Maria di fronte all'Angelo riluce l'indole personalizzante della grazia di Dio. Darsi a Maria è impegnarsi a elevatezza di sentire, è darsi una personalità che non si lascia strumentalizzare da nessuno, ma obbedisce solo alla Verità e all'Amore.
L'essere cristiani non comporta soltanto l'elevazione data dalla vita di grazia, cioè la nostra partecipazione alla vita di Dio, ma anche lo sforzo di comportarci secondo il cuore di Dio. Un principe che ha parte delle ricchezze del re suo padre, ma non ha il comportamento, l'elevatezza morale, il cuore regale, disonora la propria dignità; così noi, figli di Dio, siamo chiamati, in forza della vita divina, ad avere in noi «gli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), cioè a pensare, sentire, agire secondo il cuore di Gesù.
Che cos'è in fondo la santità se non una elevatissima nobiltà di animo che si esprime non solo nella forza di amare Dio sopra ogni cosa fino al martirio e il prossimo come se stessi, ma anche nell'intelligenza dell'amore? L'amore è la linfa segreta di tutte le virtù: 1'«arbore della carità» (S. Caterina) si espande portando ogni frutto spirituale, e l'amore perfetto non è possibile senza anche una sola delle virtù teologali (fede, speranza), o cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), o altre virtù morali (fortezza, pazienza, umiltà, ardimento, ecc.). La grazia di Dio tende a sviluppare in noi ogni perfezione.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
6 maggio - «Ecco l'ancella del Sígnore»
1. L'Angelo chiama Gesù «Figlio dell'Altissimo». Fino a che punto Maria percepisce la portata di questo appellativo?
Per rispondere bisogna evitare due opposti scogli: se Maria avesse visto in questo nome un termine generico, sia pure insolito, atto a designare un uomo destinato a una altissima missione, ma semplice uomo, non sarebbe stata sufficientemente illuminata sulla sostanza della proposta divina, quindi si sarebbe trovata madre di Dio a propria insaputa; se, all'opposto, Maria avesse avuto una intuizione relativamente piena della persona del nascituro, le sarebbe stato diminuito il merito della fede. Maria dunque comprese che il nascituro sarebbe stato il Figlio di Dio fatto uomo; fino a quale punto potè inabissarsi nella comprensione di questa realtà del Figlio di Dio, cioè quale fosse l'intuizione che essa ebbe della divinità del Messia, non lo sappiamo. Maria però possedeva il punto di appoggio per affidarsi: «Nulla è impossibile a Dio. Lo Spirito Santo verrà su di te ...». Allora pronuncia il suo sì.
2. Un sì estremamente coraggioso. Forse non ci rendiamo conto da quale forza d'animo era sostenuto il sì di questa fanciulla, pressoché quindicenne, di fronte alla sconcertante responsabilità di Madre del Figlio dell'Altissimo. Quando Elisabetta la vedrà varcare la soglia della propria casa, esclamerà con gioia: «Beata te, che hai creduto!». È la beatitudine eminentemente mariana: quella che racchiudeva in sé tutta l'anima di Maria.
Il sì di Maria è espresso nella forma: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». E’ un affidarsi a una parola che si sviluppa nel tempo come il rotolo di Ezechiele, anzi alla stessa Parola di Dio, il Verbo che si farà carne in lei e che la condurrà passo passo, si, ma lungo una via velata di mistero. Mistero di un avvenire imprevedibile, e mistero di un presente che si svolgerà continuamente al passo di Maria per addestrare Maria - e noi tutti - a camminare al passo di Dio.
3. «Ecco la serva del Signore»: sarà il mio programma. Dirò con Maria: «Padre, sia fatta la tua volontà».
Dio ci pone sulla strada del suo piano in due modi:
- con fatti, avvenimenti, realtà indipendenti dalla nostra libera scelta, come l'essere nati in questa epoca, in tale famiglia, con tali doni e limiti; con interventi divini che a noi possono apparire come «casi», ma che da Dio sono disposti con sapienza d'amore; di fronte a tutto questo dobbiamo aprirci con l'atteggiamento dell'accettazione fiduciosa: «Dio sa quello che fa: Egli mi conosce e mi chiama per nome»;
- con i suoi comandamenti o consigli o ispirazioni interiori. Con essi Dio affida a noi personalmente gran parte del nostro destino e ci invita alle scelte migliori. Non dobbiamo mai andare contro i comandamenti di Dio, perché sono la corazza di difesa della nostra persona; possiamo e dobbiamo però seguire generosamente i consigli evangelici e le ispirazioni interiori, in misura della grazia che ci è data da Dio stesso.
1. L'Angelo chiama Gesù «Figlio dell'Altissimo». Fino a che punto Maria percepisce la portata di questo appellativo?
Per rispondere bisogna evitare due opposti scogli: se Maria avesse visto in questo nome un termine generico, sia pure insolito, atto a designare un uomo destinato a una altissima missione, ma semplice uomo, non sarebbe stata sufficientemente illuminata sulla sostanza della proposta divina, quindi si sarebbe trovata madre di Dio a propria insaputa; se, all'opposto, Maria avesse avuto una intuizione relativamente piena della persona del nascituro, le sarebbe stato diminuito il merito della fede. Maria dunque comprese che il nascituro sarebbe stato il Figlio di Dio fatto uomo; fino a quale punto potè inabissarsi nella comprensione di questa realtà del Figlio di Dio, cioè quale fosse l'intuizione che essa ebbe della divinità del Messia, non lo sappiamo. Maria però possedeva il punto di appoggio per affidarsi: «Nulla è impossibile a Dio. Lo Spirito Santo verrà su di te ...». Allora pronuncia il suo sì.
2. Un sì estremamente coraggioso. Forse non ci rendiamo conto da quale forza d'animo era sostenuto il sì di questa fanciulla, pressoché quindicenne, di fronte alla sconcertante responsabilità di Madre del Figlio dell'Altissimo. Quando Elisabetta la vedrà varcare la soglia della propria casa, esclamerà con gioia: «Beata te, che hai creduto!». È la beatitudine eminentemente mariana: quella che racchiudeva in sé tutta l'anima di Maria.
Il sì di Maria è espresso nella forma: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». E’ un affidarsi a una parola che si sviluppa nel tempo come il rotolo di Ezechiele, anzi alla stessa Parola di Dio, il Verbo che si farà carne in lei e che la condurrà passo passo, si, ma lungo una via velata di mistero. Mistero di un avvenire imprevedibile, e mistero di un presente che si svolgerà continuamente al passo di Maria per addestrare Maria - e noi tutti - a camminare al passo di Dio.
3. «Ecco la serva del Signore»: sarà il mio programma. Dirò con Maria: «Padre, sia fatta la tua volontà».
Dio ci pone sulla strada del suo piano in due modi:
- con fatti, avvenimenti, realtà indipendenti dalla nostra libera scelta, come l'essere nati in questa epoca, in tale famiglia, con tali doni e limiti; con interventi divini che a noi possono apparire come «casi», ma che da Dio sono disposti con sapienza d'amore; di fronte a tutto questo dobbiamo aprirci con l'atteggiamento dell'accettazione fiduciosa: «Dio sa quello che fa: Egli mi conosce e mi chiama per nome»;
- con i suoi comandamenti o consigli o ispirazioni interiori. Con essi Dio affida a noi personalmente gran parte del nostro destino e ci invita alle scelte migliori. Non dobbiamo mai andare contro i comandamenti di Dio, perché sono la corazza di difesa della nostra persona; possiamo e dobbiamo però seguire generosamente i consigli evangelici e le ispirazioni interiori, in misura della grazia che ci è data da Dio stesso.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
7 maggio - Maria partì sollecitamente verso i monti di Giuda
1. Dopo l'annuncio dell'Angelo, ci saremmo aspettati di vedere Maria china sul mistero insondabile dell'Incarnazione, tutta raccolta ad assaporare la gioia di portare in grembo lo stesso Figlio di Dio. Non mancarono certo questi momenti contemplativi, che affioravano dal cuore come irradiazione dolcissima della Divina Maternità. Ma lo Spirito è «comunione», e là dove entra porta a «comunicare». Maria allora «sorse e parti sollecitamente verso una città dei monti di Giuda».
Il pensiero di essere diventata Madre di Gesù dava ali al suo cuore. Lungo i centocinquanta chilometri di strada che si insinuava tra i monti e le vallate della Palestina, Maria procedeva speditamente tra il verde e le rocce, incurante dei rovi che intralciavano il sentiero, e il suo canto colmava di allegria quelle silenti contrade.
Il sentirsi prediletta da Dio e innamorata di lui eccitava il suo entusiasmo: avrebbe sofferto, avrebbe dato la vita, ma che importa? Il disegno sconfinato di Dio valeva bene tutto il suo sangue!
Quel canto sgorgato spontaneamente lungo i sentieri incantevoli di Israele erompeva ora nella casa di Elisabetta: l'entusiasmo di Maria diventava travolgente, suscitava la gioia della cugina, faceva trasalire di allegrezza il bimbo nel grembo di lei.
2. All'ombra, nella casa di Elisabetta, c'è un uomo, il suo marito Zaccaria, intristito per quanto gli era capitato per un gesto di pessimismo. Non aveva creduto all'Angelo che gli prometteva la nascita di un bimbo alla sua donna in tarda età; ed era rimasto muto. Possiamo pensare con quanta gentilezza Maria gli sia andata incontro a salutarlo, a incoraggiarlo, a portargli un raggio di gioia col suo lungo soggiorno in quella casa, e come lo avrà animato alla speranza che tutto si sarebbe compiuto bene, e che il dono della parola gli sarebbe stato restituito! ...
3. Darsi a Maria significa votarsi con entusiasmo ad ogni dedizione di amore, cantando con lei, tra i rovi della vita: «L'anima mia glorifica il Signore!».
E anche: comunicare entusiasmo, gioia di vivere e di agire. L'esperienza quotidiana ci pone di fronte a questa realtà: quando il cuore si dilata nell'amore noi entriamo nella gioia; quando il cuore si chiude nell'egoismo e imbocca la strada del peccato, noi entriamo nella tristezza. Tristezza del drogato, del brigatista, dell'impuro, dell'uomo che pensa solo a sé e non si dà pensiero del prossimo...
L'amore è la legge fondamentale e unica del cristiano: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13, 35). «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo» (1Gv3,14).
L'amore è la sintesi di tutte le virtù. E’ il comandamento del Signore: «Questo è il mio comandamento - il comandamento nuovo (Gv 13, 34) - che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).
Ma l'amore viene solo da Gesù. Si alimenta alla mensa del Pane di Vita. È Gesù stesso che ci rende comunicativi e diffusori di gioia.
1. Dopo l'annuncio dell'Angelo, ci saremmo aspettati di vedere Maria china sul mistero insondabile dell'Incarnazione, tutta raccolta ad assaporare la gioia di portare in grembo lo stesso Figlio di Dio. Non mancarono certo questi momenti contemplativi, che affioravano dal cuore come irradiazione dolcissima della Divina Maternità. Ma lo Spirito è «comunione», e là dove entra porta a «comunicare». Maria allora «sorse e parti sollecitamente verso una città dei monti di Giuda».
Il pensiero di essere diventata Madre di Gesù dava ali al suo cuore. Lungo i centocinquanta chilometri di strada che si insinuava tra i monti e le vallate della Palestina, Maria procedeva speditamente tra il verde e le rocce, incurante dei rovi che intralciavano il sentiero, e il suo canto colmava di allegria quelle silenti contrade.
Il sentirsi prediletta da Dio e innamorata di lui eccitava il suo entusiasmo: avrebbe sofferto, avrebbe dato la vita, ma che importa? Il disegno sconfinato di Dio valeva bene tutto il suo sangue!
Quel canto sgorgato spontaneamente lungo i sentieri incantevoli di Israele erompeva ora nella casa di Elisabetta: l'entusiasmo di Maria diventava travolgente, suscitava la gioia della cugina, faceva trasalire di allegrezza il bimbo nel grembo di lei.
2. All'ombra, nella casa di Elisabetta, c'è un uomo, il suo marito Zaccaria, intristito per quanto gli era capitato per un gesto di pessimismo. Non aveva creduto all'Angelo che gli prometteva la nascita di un bimbo alla sua donna in tarda età; ed era rimasto muto. Possiamo pensare con quanta gentilezza Maria gli sia andata incontro a salutarlo, a incoraggiarlo, a portargli un raggio di gioia col suo lungo soggiorno in quella casa, e come lo avrà animato alla speranza che tutto si sarebbe compiuto bene, e che il dono della parola gli sarebbe stato restituito! ...
3. Darsi a Maria significa votarsi con entusiasmo ad ogni dedizione di amore, cantando con lei, tra i rovi della vita: «L'anima mia glorifica il Signore!».
E anche: comunicare entusiasmo, gioia di vivere e di agire. L'esperienza quotidiana ci pone di fronte a questa realtà: quando il cuore si dilata nell'amore noi entriamo nella gioia; quando il cuore si chiude nell'egoismo e imbocca la strada del peccato, noi entriamo nella tristezza. Tristezza del drogato, del brigatista, dell'impuro, dell'uomo che pensa solo a sé e non si dà pensiero del prossimo...
L'amore è la legge fondamentale e unica del cristiano: «Da questo riconosceranno che siete miei discepoli: se vi amerete gli uni gli altri» (Gv 13, 35). «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo» (1Gv3,14).
L'amore è la sintesi di tutte le virtù. E’ il comandamento del Signore: «Questo è il mio comandamento - il comandamento nuovo (Gv 13, 34) - che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15, 12).
Ma l'amore viene solo da Gesù. Si alimenta alla mensa del Pane di Vita. È Gesù stesso che ci rende comunicativi e diffusori di gioia.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
8 maggio - «L'anima mia magnifica il Signore»
1. Alle lodi di Elisabetta Maria risponde attribuendo ogni merito a Dio: essa riconosce che il Signore ha fatto in lei grandi cose, ma proclama che ciò è avvenuto perché Dio ha rivolto lo sguardo sull'umiltà della sua ancella, attuando per mezzo di lei un disegno di bontà che si estende a tutto Israele e a tutto il mondo.
Maria è uno specchio della gloria di Dio: quanto riceve, tanto irradia, tenendo per sé soltanto la gioia: «Il mio spirito esulta di gioia in Dio mio salvatore!».
2. Consacrarsi a Maria significa entrare nella sua lode e votarsi alla gioia. Il risveglio di molti uomini è triste, appesantito dalla esperienza del peccato. Maria porta i suoi prediletti, a lei consacrati, alla purezza del cuore e a vedere Dio presente nella vita come «Luce intellettual piena d'amore» (Dante).
La gioia è il frutto di un'armonia. Essa può sgorgare dai sensi: gioia sana di un buon pranzo, di una bella musica, di una passeggiata al sole. Più a fondo può sgorgare dallo spirito: gioia di un incontro con il fidanzato, gioia della maternità. La gioia superiore viene dalla vita di grazia, dalla santità del cuore, dall'unione con Gesù Eucaristia, con Dio presente in noi.
3. Prima fonte di gioia è la natura. «È perché non sanno che c'è della felicità in ogni filo d'erba, che gli uomini non riescono a stare in pace» (H. Troyat). Saper gustare le cose, anche le più umili, cogliere la gioia che scorre nel ruscello montano o che scintilla tra le corolle di un fiore, è una prima saggezza. La gioia non viene dalle cose possedute, ma è un atteggiamento del cuore. Non le cose vanno aumentate, ma la nostra attitudine contemplativa.
Una gioia superiore viene dalla contemplazione del piano salvifico di Dio: il suo intervento nella storia per ricuperare l'uomo perduto, la sua presenza eucaristica, la speranza di una vita eterna sono motivi di gioia evangelica.
Ma Gesù ci insegna l'arte di far scaturire la gioia anche dalla zona oscura del dolore, del male: è il senso delle beatitudini evangeliche: «Beati i poveri nello spirito... Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli... » (Mt 5, 1 s).
4. Nessuna situazione umana può toglierci la gioia, se viviamo il Vangelo. Nella stessa agonia dell'orto, la vetta dell'anima di Cristo splendeva al sole dell'amore; San Paolo esclamava: «Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione» (2 Cor 7, 4); gli Apostoli uscirono dal sinedrio «lieti di essere stati fatti degni di patire oltraggi per il nome di Gesù».
I grandi mistici, infine, che hanno sofferto nelle proprie carni e nel proprio spirito la crocifissione con Gesù, al culmine delle loro sofferenze danno testimonianza di una gioia che l'uomo normale non ha.
O Maria, dammi un cuore felice, che irradi la gioia!
«Noi tutti faremmo molto di più per Iddio se ci sforzassimo di portare più gioia nella nostra vita e in quella degli altri» (D. Considine).
1. Alle lodi di Elisabetta Maria risponde attribuendo ogni merito a Dio: essa riconosce che il Signore ha fatto in lei grandi cose, ma proclama che ciò è avvenuto perché Dio ha rivolto lo sguardo sull'umiltà della sua ancella, attuando per mezzo di lei un disegno di bontà che si estende a tutto Israele e a tutto il mondo.
Maria è uno specchio della gloria di Dio: quanto riceve, tanto irradia, tenendo per sé soltanto la gioia: «Il mio spirito esulta di gioia in Dio mio salvatore!».
2. Consacrarsi a Maria significa entrare nella sua lode e votarsi alla gioia. Il risveglio di molti uomini è triste, appesantito dalla esperienza del peccato. Maria porta i suoi prediletti, a lei consacrati, alla purezza del cuore e a vedere Dio presente nella vita come «Luce intellettual piena d'amore» (Dante).
La gioia è il frutto di un'armonia. Essa può sgorgare dai sensi: gioia sana di un buon pranzo, di una bella musica, di una passeggiata al sole. Più a fondo può sgorgare dallo spirito: gioia di un incontro con il fidanzato, gioia della maternità. La gioia superiore viene dalla vita di grazia, dalla santità del cuore, dall'unione con Gesù Eucaristia, con Dio presente in noi.
3. Prima fonte di gioia è la natura. «È perché non sanno che c'è della felicità in ogni filo d'erba, che gli uomini non riescono a stare in pace» (H. Troyat). Saper gustare le cose, anche le più umili, cogliere la gioia che scorre nel ruscello montano o che scintilla tra le corolle di un fiore, è una prima saggezza. La gioia non viene dalle cose possedute, ma è un atteggiamento del cuore. Non le cose vanno aumentate, ma la nostra attitudine contemplativa.
Una gioia superiore viene dalla contemplazione del piano salvifico di Dio: il suo intervento nella storia per ricuperare l'uomo perduto, la sua presenza eucaristica, la speranza di una vita eterna sono motivi di gioia evangelica.
Ma Gesù ci insegna l'arte di far scaturire la gioia anche dalla zona oscura del dolore, del male: è il senso delle beatitudini evangeliche: «Beati i poveri nello spirito... Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli... » (Mt 5, 1 s).
4. Nessuna situazione umana può toglierci la gioia, se viviamo il Vangelo. Nella stessa agonia dell'orto, la vetta dell'anima di Cristo splendeva al sole dell'amore; San Paolo esclamava: «Sovrabbondo di gioia in ogni mia tribolazione» (2 Cor 7, 4); gli Apostoli uscirono dal sinedrio «lieti di essere stati fatti degni di patire oltraggi per il nome di Gesù».
I grandi mistici, infine, che hanno sofferto nelle proprie carni e nel proprio spirito la crocifissione con Gesù, al culmine delle loro sofferenze danno testimonianza di una gioia che l'uomo normale non ha.
O Maria, dammi un cuore felice, che irradi la gioia!
«Noi tutti faremmo molto di più per Iddio se ci sforzassimo di portare più gioia nella nostra vita e in quella degli altri» (D. Considine).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
9 maggio - Giuseppe decise di licenziarla in segreto
1. La gioia di Maria è turbata da una perplessità: come giustificare a Giuseppe il fatto di trovarsi visibilmente incinta? La rivelazione del segreto sarà una garanzia sufficiente per lui? Questa rivelazione è opportuna, corrisponde al desiderio di Dio?...
Mentre Maria medita come comportarsi, Giuseppe viene ad accorgersi dell'accaduto: è troppo visibile, è evidente!... Come sarà avvenuto?...
L'imbarazzo di Giuseppe e la decisione di separarsi occultamente da Maria trova la spiegazione più verosimile nell'umiltà di Giuseppe. E’ probabile che Maria un certo momento gli abbia rivelato l'annuncio dell'Angelo, i fatti in casa di Elisabetta, ecc.; e che Giuseppe si sentisse indegno di questa nuova situazione e cercasse il modo di svincolarsi da Maria, ma l'Angelo gli rivelasse la sua missione di vero Sposo di Maria e Padre legale di Gesù, creduto dagli altri padre naturale.
2. Senza cattiveria di nessuno, nella vita possono verificarsi equivoci imbarazzanti, capaci di compromettere l'amicizia, la buona fama. Ciò che conta è conservare la giustizia, affidando a Dio la soluzione delle nostre difficoltà.
Maria trovò giusto tacere a lungo: Dio avrebbe pensato.
Giuseppe trovò giusto tacere e separarsi occultamente da lei: Dio avrebbe provveduto.
E Dio provvide alla gioia di entrambi. L'Angelo gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa; perché ciò che in lei è generato è opera di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati».
L'opera di salvezzza è già in atto nella santità di Maria e nella santità di Giuseppe, 1'«uomo giusto».
3. Con Maria e Giuseppe amiamo Dio sopra ogni altra cosa.
E anche il prossimo con intelletto d'amore.
Neppure a Maria e a Giuseppe, così santi, furono risparmiate difficoltà e situazioni penose, con enigmi che al momento sembravano insolubili. In tali situazioni occorre affidarsi a Dio con pazienza, e dire: «Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio». Se Giuseppe avesse ceduto a moti impulsivi avrebbe offeso Dio e anche la più innocente delle creature. Giuseppe e Maria si affidarono a Dio e non diffidarono neppure dell'uomo.
Quante volte la difficoltà improvvisa può renderci ingiusti anche verso il prossimo, farci cadere in giudizi avventati, in parole o gesti imprudenti e offensivi!
La pazienza è una virtù indispensabile alla vita cristiana. Essa fa parte della fortezza. Di fronte alle situazioni difficili e penose ci aiuta a non perdere l'equilibrio e il dominio delle nostre facoltà, a mantenerci nella calma. Ci risparmia gesti avventati e inopportuni che potrebbero aggravare la situazione.
Con un po' di intelligenza, col saper attendere che venga la luce, con una conveniente iniziativa anche le situazioni più spinose si risolvono, talvolta meglio di quanto si poteva sperare, soprattutto se invochiamo il dono del consiglio e della fortezza.
1. La gioia di Maria è turbata da una perplessità: come giustificare a Giuseppe il fatto di trovarsi visibilmente incinta? La rivelazione del segreto sarà una garanzia sufficiente per lui? Questa rivelazione è opportuna, corrisponde al desiderio di Dio?...
Mentre Maria medita come comportarsi, Giuseppe viene ad accorgersi dell'accaduto: è troppo visibile, è evidente!... Come sarà avvenuto?...
L'imbarazzo di Giuseppe e la decisione di separarsi occultamente da Maria trova la spiegazione più verosimile nell'umiltà di Giuseppe. E’ probabile che Maria un certo momento gli abbia rivelato l'annuncio dell'Angelo, i fatti in casa di Elisabetta, ecc.; e che Giuseppe si sentisse indegno di questa nuova situazione e cercasse il modo di svincolarsi da Maria, ma l'Angelo gli rivelasse la sua missione di vero Sposo di Maria e Padre legale di Gesù, creduto dagli altri padre naturale.
2. Senza cattiveria di nessuno, nella vita possono verificarsi equivoci imbarazzanti, capaci di compromettere l'amicizia, la buona fama. Ciò che conta è conservare la giustizia, affidando a Dio la soluzione delle nostre difficoltà.
Maria trovò giusto tacere a lungo: Dio avrebbe pensato.
Giuseppe trovò giusto tacere e separarsi occultamente da lei: Dio avrebbe provveduto.
E Dio provvide alla gioia di entrambi. L'Angelo gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa; perché ciò che in lei è generato è opera di Spirito Santo. E darà alla luce un figlio e gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati».
L'opera di salvezzza è già in atto nella santità di Maria e nella santità di Giuseppe, 1'«uomo giusto».
3. Con Maria e Giuseppe amiamo Dio sopra ogni altra cosa.
E anche il prossimo con intelletto d'amore.
Neppure a Maria e a Giuseppe, così santi, furono risparmiate difficoltà e situazioni penose, con enigmi che al momento sembravano insolubili. In tali situazioni occorre affidarsi a Dio con pazienza, e dire: «Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio». Se Giuseppe avesse ceduto a moti impulsivi avrebbe offeso Dio e anche la più innocente delle creature. Giuseppe e Maria si affidarono a Dio e non diffidarono neppure dell'uomo.
Quante volte la difficoltà improvvisa può renderci ingiusti anche verso il prossimo, farci cadere in giudizi avventati, in parole o gesti imprudenti e offensivi!
La pazienza è una virtù indispensabile alla vita cristiana. Essa fa parte della fortezza. Di fronte alle situazioni difficili e penose ci aiuta a non perdere l'equilibrio e il dominio delle nostre facoltà, a mantenerci nella calma. Ci risparmia gesti avventati e inopportuni che potrebbero aggravare la situazione.
Con un po' di intelligenza, col saper attendere che venga la luce, con una conveniente iniziativa anche le situazioni più spinose si risolvono, talvolta meglio di quanto si poteva sperare, soprattutto se invochiamo il dono del consiglio e della fortezza.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
10 maggio - Maria diede alla luce il figlio
1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pastori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».
Beatitudine: come?
Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Questa gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.
2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.
La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.
La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.
3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.
Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie contrarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.
Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.
Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pastori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».
Beatitudine: come?
Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Questa gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.
2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.
La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.
La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.
3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.
Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie contrarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.
Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.
Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
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10 maggio - Maria diede alla luce il figlio
1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pastori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».
Beatitudine: come?
Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Questa gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.
2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.
La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.
La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.
3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.
Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie contrarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.
Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.
Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
1. «Maria diede alla luce il suo figlio, lo fasciò e lo adagiò in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nel rifugio. L'Angelo disse ai pastori: Ecco, vi do la buona notizia di una gioia grande per tutto il popolo: oggi nella città di Davide è nato a voi un Salvatore. E questo sia per voi il segno: troverete un bimbo avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».
Gesù dunque nasce nella povertà, e la sceglie come condizione permanente della sua vita: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi hanno le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». E la eleva a prima beatitudine: «Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli».
Beatitudine: come?
Maria e Giuseppe, chini sul Bimbo nella grotta di Betlemme, non sentono la povertà: provano solo la gioia indicibile che è nato il Salvatore. Questa gioia è talmente intensa, da far sparire ogni altra preoccupazione. Il loro cuore è libero, Gesù è la loro ricchezza che vale più di tutti i tesori del mondo.
2. La povertà non è una beatitudine in sé, ma per il regno dei cieli che racchiude. È beatitudine nella misura che diventa libertà di spirito di fronte a tutto, pur di possedere Dio. Veramente ricco non è colui che ha tante cose, ma colui che può farne a meno perché il suo bene è al di là delle cose.
La spinta che viene dal mondo a inseguire le ricchezze è un inganno satanico: nello spasimo di inseguire beni che non avranno mai, molti finiscono per non saper gustare i doni che già possiedono.
La consacrazione a Maria comporta anche una scelta per i poveri. Maria ci porta a preferire gli umili, a visitare i malati, a vedere Gesù in ogni sofferenza umana.
3. Consacrarsi a Maria significa scegliere una sovrana libertà di spirito di fronte a tutto ciò che non è Dio. Significa accontentarsi di poche cose, alimentando invece la capacità di gustare i doni di Dio, e Dio stesso nei suoi doni.
Questa libertà di spirito nei confronti di tutto ciò che non è Dio è indispensabile per la vita cristiana. Quanti per facilitare la propria carriera aderiscono a sette o ideologie contrarie alla fede! Quanti per il vile denaro passano sopra i richiami della coscienza! Gesù invita a fare una scelta molto chiara tra Lui e Mammona, idolo che simboleggia il denaro.
Lo spirito di povertà, nella condizione normale, esige che ci si accontenti di quanto basta per vivere, senza rincorrere con ansia le ricchezze.
Nelle persone più sensibili alle cose di Dio può sorgere l'impulso evangelico a lasciare completamente il mondo e a seguire Gesù nella povertà: «Se vuoi essere perfetto - dice Gesù al giovane ricco -, vendi ciò che hai e danne il ricavato ai poveri; poi segui me» ( Mt 19, 21). Chi prende questo invito sul serio «avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna» (Mt 19, 19). A tutti Gesù dice: «Cercate innanzi tutto il regno di Dio e la sua giustizia; il resto vi sarà dato in sovrappiù» (Mt 6, 33). È una parola da prendere sul serio: Gesù non vien meno alle sue promesse!
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
11. E trovarono Maria e Giuseppe col bambino
l. I pastori e i magi giunti alla grotta Vi trovarono, col Bambino, Maria e Giuseppe. Il Bimbo non parlava ancora; Maria e Giuseppe accoglievano, spiegavano, offrivano: erano i presentatori di Gesù, gli interpreti della sua voce.
Dio giunge a noi attraverso mediazioni create, il Trascendente comunica con noi attraverso varie specie visibili della sua presenza. Possiamo distinguere innumerevoli mediazioni gerarchizzate secondo la loro maggiore o minore connessione con lo Spirito di Dio. Così, ad esempio, il pane e il vino sono segni sensibili della presenza eucaristica di Gesù, e la sua umanità è rivestimento visibile del Verbo invisibile di Dio.
2. Tra le varie mediazioni c'è Maria. Essa è l'annunzio materno del Cristo: lo rende presente e comprensibile ai pastori e ai magi, e anche a noi. Non solo: prima della venuta di Gesù, essa, che già ne possiede lo Spirito, lo prennunzia con la propria fisionomia immacolata e verginale; quando Gesù nasce, lei gli dà un volto fatto a sua somiglianza, poi gli insegnerà un linguaggio, le prime abitudini, lo stile umano e sociale.
È vero che col tempo il Figlio trascenderà l'impalcatura educativa impressagli dalla Madre e sarà sempre più lui il maestro di lei, ma nel frattempo ne accetta tutta la mediazione materna: attinge da Maria la propria impalcatura infantile come degno supporto del suo ulteriore sviluppo, per irradiare a sua volta sulla Madre le perfezioni insondabili della sua maturità.
Gesù tra le braccia di Maria ci insegna ad accogliere con rispetto tutte le mediazioni: della Chiesa, dei Santi, del Vicario di Cristo, del sacerdote, dei genitori, dei superiori, dei buoni amici, di ogni creatura, e in modo particolarissimo quella di sua Madre. Il rifiuto delle mediazioni comporterebbe la rottura dell'armonia sapientissima con cui Dio provoca la nostra crescita.
3. Darsi a Maria significa aprirsi al rispetto, addestrarsi con amore al gioco provvidenziale degli eventi con cui Dio stimola la nostra maturazione, e cogliere, al di là di ogni mediazione creata, il volto amante di Dio.
La realtà terrena, nel suo insieme, è segno della presenza di Dio. Questa presenza ha certo dei luoghi privilegiati, quali la Chiesa, e soprattutto l'Eucaristia, dove Gesù è presente come Dio e anche come Uomo. Attraverso tutte le specie create, noi siamo chiamati e comunicare con Dio stesso, «Colui che sta al di là di tutte le case» (S. Gregorio Nazianzeno ).
I pastori e i magi si unirono all'adorazione di Maria e Giuseppe. Noi pure ci metteremo in adorazione d'amore verso il Verbo di Dio fatto Uomo.
Più che un atto, l'adorazione è un modo di essere. L'adorazione è la prostrazione del cuore verso Colui che ci ha creati, e che quindi ha su di noi il diritto di essere considerato come il Primo Amore. Egli solo può dire parole di una esigenza radicale: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chi non rinuncia alla sua stessa vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 25 s e paralleli).
l. I pastori e i magi giunti alla grotta Vi trovarono, col Bambino, Maria e Giuseppe. Il Bimbo non parlava ancora; Maria e Giuseppe accoglievano, spiegavano, offrivano: erano i presentatori di Gesù, gli interpreti della sua voce.
Dio giunge a noi attraverso mediazioni create, il Trascendente comunica con noi attraverso varie specie visibili della sua presenza. Possiamo distinguere innumerevoli mediazioni gerarchizzate secondo la loro maggiore o minore connessione con lo Spirito di Dio. Così, ad esempio, il pane e il vino sono segni sensibili della presenza eucaristica di Gesù, e la sua umanità è rivestimento visibile del Verbo invisibile di Dio.
2. Tra le varie mediazioni c'è Maria. Essa è l'annunzio materno del Cristo: lo rende presente e comprensibile ai pastori e ai magi, e anche a noi. Non solo: prima della venuta di Gesù, essa, che già ne possiede lo Spirito, lo prennunzia con la propria fisionomia immacolata e verginale; quando Gesù nasce, lei gli dà un volto fatto a sua somiglianza, poi gli insegnerà un linguaggio, le prime abitudini, lo stile umano e sociale.
È vero che col tempo il Figlio trascenderà l'impalcatura educativa impressagli dalla Madre e sarà sempre più lui il maestro di lei, ma nel frattempo ne accetta tutta la mediazione materna: attinge da Maria la propria impalcatura infantile come degno supporto del suo ulteriore sviluppo, per irradiare a sua volta sulla Madre le perfezioni insondabili della sua maturità.
Gesù tra le braccia di Maria ci insegna ad accogliere con rispetto tutte le mediazioni: della Chiesa, dei Santi, del Vicario di Cristo, del sacerdote, dei genitori, dei superiori, dei buoni amici, di ogni creatura, e in modo particolarissimo quella di sua Madre. Il rifiuto delle mediazioni comporterebbe la rottura dell'armonia sapientissima con cui Dio provoca la nostra crescita.
3. Darsi a Maria significa aprirsi al rispetto, addestrarsi con amore al gioco provvidenziale degli eventi con cui Dio stimola la nostra maturazione, e cogliere, al di là di ogni mediazione creata, il volto amante di Dio.
La realtà terrena, nel suo insieme, è segno della presenza di Dio. Questa presenza ha certo dei luoghi privilegiati, quali la Chiesa, e soprattutto l'Eucaristia, dove Gesù è presente come Dio e anche come Uomo. Attraverso tutte le specie create, noi siamo chiamati e comunicare con Dio stesso, «Colui che sta al di là di tutte le case» (S. Gregorio Nazianzeno ).
I pastori e i magi si unirono all'adorazione di Maria e Giuseppe. Noi pure ci metteremo in adorazione d'amore verso il Verbo di Dio fatto Uomo.
Più che un atto, l'adorazione è un modo di essere. L'adorazione è la prostrazione del cuore verso Colui che ci ha creati, e che quindi ha su di noi il diritto di essere considerato come il Primo Amore. Egli solo può dire parole di una esigenza radicale: «Chi ama il padre e la madre più di me, non è degno di me. Chi non rinuncia alla sua stessa vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 25 s e paralleli).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
12 maggio - Questi è posto come segno di contraddizione
l. Maria e Giuseppe portarono il Bimbo nel Tempio per offrirlo a Dio quale primogenito, come voleva la Legge di Mosè. Illuminato dallo Spirito Santo, il vecchio Simeone, che viveva nell'attesa del Messia, prese il Bimbo tra le braccia e benedisse Dio esclamando: «Ora lascia pur partire il tuo servo, o Signore, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza!». Rivoltosi poi a Maria le disse: «Ecco, questo Bimbo è posto a caduta e risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione. E anche a te una spada trapasserà l'anima, in modo che siano svelati i pensieri di molti cuori».
Non è ancora dileguata la dolcezza per la nascita di Gesù, che Maria e Giuseppe si sentono coinvolti nell'uragano che si abbatterà su di lui fin dalla culla, e percepiscono di essere segno di contraddizione con lui. Erode medita già di sopprimerlo, la fragile famiglia verrà forzata brutalmente alla fuga. Questo destino di persecuzione continuerà per tutta la vita e si perpetuerà nella Chiesa.
2. Tra Gesù e il mondo non c'è intesa, non ci sarà mai. Tra lo Spirito di Gesù e lo spirito del mondo c'è un abisso incolmabile, una incompatibilità radicale. Consacrandoci a Maria, ci mettiamo con lei dalla parte di Gesù contro lo spirito del male: esso non cesserà di farci opposizione, ma sarà una lotta che renderà più pura la nostra appartenenza a Cristo Verità e Amore.
Sentiremo scendere nel cuore la lama che trafisse Maria: una lama che penetrerà fino al midollo, distinguendo le esigenze di Gesù da quelle della carne e del mondo, ciò che viene dallo Spirito e ciò che viene da Satana. Potremo incorrere nell'incomprensione di amici non cattivi, ma languidi, di scarso discernimento spirituale, oppure nell'opposizione dei nemici di Dio. Ma sarà una scelta fascinosa, ci sentiremo purificati dalla Verità che rende liberi. Meglio crocifissi con Cristo che gaudenti in un mondo menzognero.
3. Ho sufficiente consistenza interiore per schierarmi dalla parte di Cristo contro ogni menzogna e ingiustizia del mondo?
Il conformismo mondano impedisce di aderire a Cristo, come egli stesso dice ai farisei: «Come potreste credere voi, che andate in cerca della gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dal solo Dio?» (Gv 5, 44). Il mondo infatti «è tutto sotto il maligno» (1 Gv 5, 19), e come potrebbe accettare il Vangelo colui che «ha per padre il diavolo» (Gv 8, 44)?
Gesù è esplicito nell'esigere la nostra presa di posizione a suo favore in opposizione al mondo. Ricordiamo: «Chi non è con me, è contro di me. Non potete servire a Dio e a Mammona. Il discepolo non è più del maestro: hanno perseguitato me, perseguiteranno voi». «A chi mi darà testimonianza davanti agli uomini, io pure darò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli; chi mi rinnegherà, io pure lo rinnegherò» (Mt 10, 32). «Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11 s).
l. Maria e Giuseppe portarono il Bimbo nel Tempio per offrirlo a Dio quale primogenito, come voleva la Legge di Mosè. Illuminato dallo Spirito Santo, il vecchio Simeone, che viveva nell'attesa del Messia, prese il Bimbo tra le braccia e benedisse Dio esclamando: «Ora lascia pur partire il tuo servo, o Signore, poiché i miei occhi hanno visto la salvezza!». Rivoltosi poi a Maria le disse: «Ecco, questo Bimbo è posto a caduta e risurrezione di molti in Israele, e come segno di contraddizione. E anche a te una spada trapasserà l'anima, in modo che siano svelati i pensieri di molti cuori».
Non è ancora dileguata la dolcezza per la nascita di Gesù, che Maria e Giuseppe si sentono coinvolti nell'uragano che si abbatterà su di lui fin dalla culla, e percepiscono di essere segno di contraddizione con lui. Erode medita già di sopprimerlo, la fragile famiglia verrà forzata brutalmente alla fuga. Questo destino di persecuzione continuerà per tutta la vita e si perpetuerà nella Chiesa.
2. Tra Gesù e il mondo non c'è intesa, non ci sarà mai. Tra lo Spirito di Gesù e lo spirito del mondo c'è un abisso incolmabile, una incompatibilità radicale. Consacrandoci a Maria, ci mettiamo con lei dalla parte di Gesù contro lo spirito del male: esso non cesserà di farci opposizione, ma sarà una lotta che renderà più pura la nostra appartenenza a Cristo Verità e Amore.
Sentiremo scendere nel cuore la lama che trafisse Maria: una lama che penetrerà fino al midollo, distinguendo le esigenze di Gesù da quelle della carne e del mondo, ciò che viene dallo Spirito e ciò che viene da Satana. Potremo incorrere nell'incomprensione di amici non cattivi, ma languidi, di scarso discernimento spirituale, oppure nell'opposizione dei nemici di Dio. Ma sarà una scelta fascinosa, ci sentiremo purificati dalla Verità che rende liberi. Meglio crocifissi con Cristo che gaudenti in un mondo menzognero.
3. Ho sufficiente consistenza interiore per schierarmi dalla parte di Cristo contro ogni menzogna e ingiustizia del mondo?
Il conformismo mondano impedisce di aderire a Cristo, come egli stesso dice ai farisei: «Come potreste credere voi, che andate in cerca della gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dal solo Dio?» (Gv 5, 44). Il mondo infatti «è tutto sotto il maligno» (1 Gv 5, 19), e come potrebbe accettare il Vangelo colui che «ha per padre il diavolo» (Gv 8, 44)?
Gesù è esplicito nell'esigere la nostra presa di posizione a suo favore in opposizione al mondo. Ricordiamo: «Chi non è con me, è contro di me. Non potete servire a Dio e a Mammona. Il discepolo non è più del maestro: hanno perseguitato me, perseguiteranno voi». «A chi mi darà testimonianza davanti agli uomini, io pure darò testimonianza davanti al Padre mio che è nei cieli; chi mi rinnegherà, io pure lo rinnegherò» (Mt 10, 32). «Beati voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Gioite ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11 s).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
13 maggio - «Prendi il bambino e fuggi in Egitto»
1. Dopo alcune settimane di pace la famiglia di Nazareth è sconvolta dal turbine scatenato da un potente di questo mondo: Erode. E’ costretta a fuggire in Egitto.
E’ un quadro esemplare di fragilità: un Bimbo che non ha ancora fatto le ossa, sballottato da un cammino che non finisce mai; una donna e un uomo sbalzati su una strada che faceva tremare i soldati di Gabinio, console romano, perché esposta alle insidie del deserto e agli assalti dei briganti. Sullo sfondo l'incognita di un soggiorno in Egitto: come esprimersi in lingua straniera? Come guadagnarsi il pane per mantenere la famiglia?
E Dio non risparmia al suo Figlio, a Maria e Giuseppe queste angosce: sembra proprio che Dio ceda il campo al prepotere di un uomo.
Questa piccola carovana di fragilità, tuttavia, è tenuta insieme e condotta da un filo d'acciaio: l'obbedienza al comando di Dio: «Prendi con te il bambino e la madre sua, e fuggi in Egitto». E’ il filo che farà emergere, dal groviglio delle sofferenze umane, il disegno santificante di Dio.
2. Così è della nostra vita: lanciata verso l'ignoto, spesso sull'orlo di abissi pericolosi. E noi la percorriamo con tutto il peso della nostra fragilità. Sappiamo che «Dio ci conosce e ci chiama per nome», e questo ci basta. Sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». La nostra crescita in Dio avviene proprio attraverso il groviglio delle vicende umane, il crogiolo che vaglia la nostra fedeltà: «Al vittorioso darò da gustare dell'albero della vita nel Paradiso di Dio. Al vittorioso darò un nome nuovo».
3. Consacrarsi a María vuol dire affidarsi a lei per questo cammino carico di incognite: affidarsi con la stessa fiducia, con lo stesso abbandono di Gesù tra le sue braccia. La nostra sicurezza sarà la stessa Madre di Dio!
Come in Maria questo camminare nella fede opera in noi anche un consolidamento esistenziale, che ci avvolge verso passi più impegnativi, fino al salto finale nel Mistero visto faccia a faccia.
In questo cammino assume importanza la virtù dell'obbedienza. Essa è dovuta a chi ci rappresenta Dio e ci esprime la sua volontà: genitori (e quanti figli cadono in condizioni disastrose per la loro ribellione!), superiori, e sopratutto la Chiesa, maestra infallibile di verità.
Dio non ci ha affidati all'interpretazione individualistica della Scrittura: essa ha generato un nugolo di sette una contro l'altra. Ci ha affidati a un Magistero garante della Verità, fondato sulla continuità apostolica e incentrato in Pietro. Qualora la verità venisse meno, nel magistero del Papa, le porte dell'inferno prevarrebbero ed esploderebbe la confusione religiosa e morale; ma Gesù ha assicurato: «Le porte dell'inferno non prevarranno».
Gesù disse agli Apostoli: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15 s). Poteva Gesù esigere questa fede sotto pena di perdizione, se non avesse garantito l'infallibilità apostolica sino alla fine dei tempi?
Se vogliamo una garanzia di verità, guardiamo al Magistero di Pietro, obbediamo al Papa!
1. Dopo alcune settimane di pace la famiglia di Nazareth è sconvolta dal turbine scatenato da un potente di questo mondo: Erode. E’ costretta a fuggire in Egitto.
E’ un quadro esemplare di fragilità: un Bimbo che non ha ancora fatto le ossa, sballottato da un cammino che non finisce mai; una donna e un uomo sbalzati su una strada che faceva tremare i soldati di Gabinio, console romano, perché esposta alle insidie del deserto e agli assalti dei briganti. Sullo sfondo l'incognita di un soggiorno in Egitto: come esprimersi in lingua straniera? Come guadagnarsi il pane per mantenere la famiglia?
E Dio non risparmia al suo Figlio, a Maria e Giuseppe queste angosce: sembra proprio che Dio ceda il campo al prepotere di un uomo.
Questa piccola carovana di fragilità, tuttavia, è tenuta insieme e condotta da un filo d'acciaio: l'obbedienza al comando di Dio: «Prendi con te il bambino e la madre sua, e fuggi in Egitto». E’ il filo che farà emergere, dal groviglio delle sofferenze umane, il disegno santificante di Dio.
2. Così è della nostra vita: lanciata verso l'ignoto, spesso sull'orlo di abissi pericolosi. E noi la percorriamo con tutto il peso della nostra fragilità. Sappiamo che «Dio ci conosce e ci chiama per nome», e questo ci basta. Sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». La nostra crescita in Dio avviene proprio attraverso il groviglio delle vicende umane, il crogiolo che vaglia la nostra fedeltà: «Al vittorioso darò da gustare dell'albero della vita nel Paradiso di Dio. Al vittorioso darò un nome nuovo».
3. Consacrarsi a María vuol dire affidarsi a lei per questo cammino carico di incognite: affidarsi con la stessa fiducia, con lo stesso abbandono di Gesù tra le sue braccia. La nostra sicurezza sarà la stessa Madre di Dio!
Come in Maria questo camminare nella fede opera in noi anche un consolidamento esistenziale, che ci avvolge verso passi più impegnativi, fino al salto finale nel Mistero visto faccia a faccia.
In questo cammino assume importanza la virtù dell'obbedienza. Essa è dovuta a chi ci rappresenta Dio e ci esprime la sua volontà: genitori (e quanti figli cadono in condizioni disastrose per la loro ribellione!), superiori, e sopratutto la Chiesa, maestra infallibile di verità.
Dio non ci ha affidati all'interpretazione individualistica della Scrittura: essa ha generato un nugolo di sette una contro l'altra. Ci ha affidati a un Magistero garante della Verità, fondato sulla continuità apostolica e incentrato in Pietro. Qualora la verità venisse meno, nel magistero del Papa, le porte dell'inferno prevarrebbero ed esploderebbe la confusione religiosa e morale; ma Gesù ha assicurato: «Le porte dell'inferno non prevarranno».
Gesù disse agli Apostoli: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15 s). Poteva Gesù esigere questa fede sotto pena di perdizione, se non avesse garantito l'infallibilità apostolica sino alla fine dei tempi?
Se vogliamo una garanzia di verità, guardiamo al Magistero di Pietro, obbediamo al Papa!
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
14 maggio - Maria non comprese...
1. Vi sono momenti in cui il disegno di Dio diventa indecifrabile. È capitato a Maria e a Giuseppe il giorno in cui Gesù si sottrasse senza avvertirli alla loro tutela. «Gesù rimase a Gerusalemme, e i suoi genitori non se ne accorsero. Pensando che fosse nella carovana, fecero un giorno di cammino e lo andavano cercando tra i parenti e conoscenti... Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto tra i dottori ad ascoltarli e interrogarli... E vedendolo si stupirono, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io (delicatezza di Maria nel preporre il dolore di Giuseppe al suo stesso dolore!), ti cercavamo angosciati!"».
Perché questo spreco di sofferenza? Non bastava un avviso, un semplice cenno che risparmiasse tanta angoscia?
Dio è un educatore esigente, e non risparmia il dolore. Esso è un fattore determinante di crescita spirituale. «Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla. Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, ti fa crescere» (St. Exupery).
2. Man mano che il Bimbo si fa capire da Maria, lascia pure intendere di superare la comprensione di lei: «Maria non comprese». Capire Dio è afferrare un lembo sempre più esteso del suo velo, un comprendere sempre più a fondo la distanza che ci separa da lui: «Come il cielo supera la terra, così i miei pensieri sono sopra i vostri».
3. Il Vivente sorveglia il nostro cammino come quello degli ebrei nel deserto: sotto forma di nube lucente nella notte o di nube ombrosa al dardeggiar del sole. Anche in me col progredire nella fede si verifica una comprensione più profonda del mistero di Dio e, insieme, un ampliamento delle zone d'ombra che gli fanno corona: è un procedere nella luce e un progredire nella tenebra sacra, un capire e un capire di non capire, un rendersi conto che Dio è per natura il «Trascendente», l'«Imprevedibile», di fronte al quale l'unico atteggiamento sostenibile è quello di affidarsi: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola».
Non mancano, nella vita, situazioni dense di mistero, soprattutto quando il dolore batte alla nostra porta. «Perché questo - esclamiamo sgomenti -, perché? ... ».
Non sempre la ragione avrà una risposta, soprattutto quando vediamo che i cattivi prosperano (almeno in apparenza) mentre i buoni sono spesso assai tribolati. Ma la fede ha una risposta chiara: coloro che Dio ama li ha «predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8, 28 s).
E Gesù è stato crocifisso! E la Madre sua ha avuto il cuore trafitto da una spada. E chi era innocente come loro?
Coloro che Dio ama li affina come l'oro nel crogiolo: «Voi gioite - dice S. Pietro - pur soffrendo un poco per ora, se è necessario, diverse prove, affinché il buon valore della vostra fede, assai più prezioso dell'oro (che sebbene caduco si affina nel fuoco) riesca a lode, gloria e onore quando comparirà Gesù Cristo, che voi amate pur senza averlo veduto» (1 Pt 1, 6 s)
1. Vi sono momenti in cui il disegno di Dio diventa indecifrabile. È capitato a Maria e a Giuseppe il giorno in cui Gesù si sottrasse senza avvertirli alla loro tutela. «Gesù rimase a Gerusalemme, e i suoi genitori non se ne accorsero. Pensando che fosse nella carovana, fecero un giorno di cammino e lo andavano cercando tra i parenti e conoscenti... Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto tra i dottori ad ascoltarli e interrogarli... E vedendolo si stupirono, e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io (delicatezza di Maria nel preporre il dolore di Giuseppe al suo stesso dolore!), ti cercavamo angosciati!"».
Perché questo spreco di sofferenza? Non bastava un avviso, un semplice cenno che risparmiasse tanta angoscia?
Dio è un educatore esigente, e non risparmia il dolore. Esso è un fattore determinante di crescita spirituale. «Quelli che non soffrono nulla non divengono nulla. Se qualcosa ti si oppone e ti strazia, ti fa crescere» (St. Exupery).
2. Man mano che il Bimbo si fa capire da Maria, lascia pure intendere di superare la comprensione di lei: «Maria non comprese». Capire Dio è afferrare un lembo sempre più esteso del suo velo, un comprendere sempre più a fondo la distanza che ci separa da lui: «Come il cielo supera la terra, così i miei pensieri sono sopra i vostri».
3. Il Vivente sorveglia il nostro cammino come quello degli ebrei nel deserto: sotto forma di nube lucente nella notte o di nube ombrosa al dardeggiar del sole. Anche in me col progredire nella fede si verifica una comprensione più profonda del mistero di Dio e, insieme, un ampliamento delle zone d'ombra che gli fanno corona: è un procedere nella luce e un progredire nella tenebra sacra, un capire e un capire di non capire, un rendersi conto che Dio è per natura il «Trascendente», l'«Imprevedibile», di fronte al quale l'unico atteggiamento sostenibile è quello di affidarsi: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola».
Non mancano, nella vita, situazioni dense di mistero, soprattutto quando il dolore batte alla nostra porta. «Perché questo - esclamiamo sgomenti -, perché? ... ».
Non sempre la ragione avrà una risposta, soprattutto quando vediamo che i cattivi prosperano (almeno in apparenza) mentre i buoni sono spesso assai tribolati. Ma la fede ha una risposta chiara: coloro che Dio ama li ha «predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo» (Rm 8, 28 s).
E Gesù è stato crocifisso! E la Madre sua ha avuto il cuore trafitto da una spada. E chi era innocente come loro?
Coloro che Dio ama li affina come l'oro nel crogiolo: «Voi gioite - dice S. Pietro - pur soffrendo un poco per ora, se è necessario, diverse prove, affinché il buon valore della vostra fede, assai più prezioso dell'oro (che sebbene caduco si affina nel fuoco) riesca a lode, gloria e onore quando comparirà Gesù Cristo, che voi amate pur senza averlo veduto» (1 Pt 1, 6 s)
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
15 maggio - Maria conservava in cuor suo... Gesù cresceva
1. «La Madre sua conservava tutte queste cose in cuor suo. Gesù intanto cresceva in sapienza, statura e grazia presso Dio e gli uomini».
Maria conservava ogni frammento di verità che le veniva dalle labbra di Gesù e dagli avvenimenti della sua infanzia; ma ora che Gesù entrava nell'adolescenza, Maria ne seguiva da vicino la crescita, il progressivo rivelarsi. Gesù dedicò trent'anni alla formazione di Maria: le diede modo di «conservare» lui stesso, Parola di Vita, di seguirlo tanto vicino da farne sua crescente pienezza.
Gesù, Verbo di Vita, si offre a Maria nel suo «crescere». Maria lo riceve non come il servo pigro ricevette la moneta per nasconderla nel campo, ma come seme vivo che avrebbe provocato anche la sua crescita.
2. Questo conservare la parola di Dio da parte di Maria viene espresso nel Vangelo con verbi diversi.
Maria «custodiva» la parola di Gesù: la conservava incontaminata, la teneva in sé al riparo da ogni dissipazione.
Tutte le parole di Gesù e i fatti che lo riguardavano, Maria li «metteva insieme» nel suo cuore, in modo che si illuminassero a vicenda fino a formare un'unità di comprensione profonda. «In Maria uno dei frutti è consistito nel fatto che i suoi ricordi sono stati comunicati ad altri, riferiti sostanzialmente nei racconti evangelici, e continuano a diffondere la conoscenza del disegno di salvezza. Ma prima di questa comunicazione, essi sono stati oggetto di uno sforzo durevole di meditazione e di penetrazione, che le aveva permesso di assimilarne maggiormente il contenuto e il significato. Così si giustifica la conservazione. L'evento misterioso viene conservato perché ci si rende conto dell'impossibilità di sondarne immediatamente la profondità. Ci vuole tempo per raccoglierne la portata, e bisogna conservarlo così come si è prodotto, perché se ne perda il meno possibile di realtà» (T. Galot).
3. La consacrazione a Maria porta a non sprecare parole, a custodire il cuore e a crescere in profondità.
Porta verso l'attitudine contemplativa, che è fonte di grandi beni spirituali: essa amplifica la capacità di percepire la presenza di Dio e le sue soavi ispirazioni; agevola la purezza del cuore, secondo il detto di Dio ad Abramo: «Io sono il Dio onnipotente: cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 17, l); dona la pace interiore e consente anche un miglior rendimento negli impegni pratici della vita.
Gesù stesso ci invita alla solitudine contemplativa con il suo esempio: «Salì sul monte a pregare e passò la notte in preghiera a Dio... Disse ai suoi discepoli: Venite con me in disparte a pregare...»; e con il suo insegnamento: «Quando preghi, entra nel segreto della tua camera...».
«Non è l'abbondanza del sapere, che sazia il cuore e lo soddisfa, ma il sentire e gustare le cose internamente», insegna S. Ignazio di Loyola. L'attitudine contemplativa è quindi anche fonte di consolazione spirituale.
Parlando con gli uomini rischiamo spesso di perdere qualcosa; parlando con Dio ne usciamo sempre arricchiti e nobilitati.
1. «La Madre sua conservava tutte queste cose in cuor suo. Gesù intanto cresceva in sapienza, statura e grazia presso Dio e gli uomini».
Maria conservava ogni frammento di verità che le veniva dalle labbra di Gesù e dagli avvenimenti della sua infanzia; ma ora che Gesù entrava nell'adolescenza, Maria ne seguiva da vicino la crescita, il progressivo rivelarsi. Gesù dedicò trent'anni alla formazione di Maria: le diede modo di «conservare» lui stesso, Parola di Vita, di seguirlo tanto vicino da farne sua crescente pienezza.
Gesù, Verbo di Vita, si offre a Maria nel suo «crescere». Maria lo riceve non come il servo pigro ricevette la moneta per nasconderla nel campo, ma come seme vivo che avrebbe provocato anche la sua crescita.
2. Questo conservare la parola di Dio da parte di Maria viene espresso nel Vangelo con verbi diversi.
Maria «custodiva» la parola di Gesù: la conservava incontaminata, la teneva in sé al riparo da ogni dissipazione.
Tutte le parole di Gesù e i fatti che lo riguardavano, Maria li «metteva insieme» nel suo cuore, in modo che si illuminassero a vicenda fino a formare un'unità di comprensione profonda. «In Maria uno dei frutti è consistito nel fatto che i suoi ricordi sono stati comunicati ad altri, riferiti sostanzialmente nei racconti evangelici, e continuano a diffondere la conoscenza del disegno di salvezza. Ma prima di questa comunicazione, essi sono stati oggetto di uno sforzo durevole di meditazione e di penetrazione, che le aveva permesso di assimilarne maggiormente il contenuto e il significato. Così si giustifica la conservazione. L'evento misterioso viene conservato perché ci si rende conto dell'impossibilità di sondarne immediatamente la profondità. Ci vuole tempo per raccoglierne la portata, e bisogna conservarlo così come si è prodotto, perché se ne perda il meno possibile di realtà» (T. Galot).
3. La consacrazione a Maria porta a non sprecare parole, a custodire il cuore e a crescere in profondità.
Porta verso l'attitudine contemplativa, che è fonte di grandi beni spirituali: essa amplifica la capacità di percepire la presenza di Dio e le sue soavi ispirazioni; agevola la purezza del cuore, secondo il detto di Dio ad Abramo: «Io sono il Dio onnipotente: cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 17, l); dona la pace interiore e consente anche un miglior rendimento negli impegni pratici della vita.
Gesù stesso ci invita alla solitudine contemplativa con il suo esempio: «Salì sul monte a pregare e passò la notte in preghiera a Dio... Disse ai suoi discepoli: Venite con me in disparte a pregare...»; e con il suo insegnamento: «Quando preghi, entra nel segreto della tua camera...».
«Non è l'abbondanza del sapere, che sazia il cuore e lo soddisfa, ma il sentire e gustare le cose internamente», insegna S. Ignazio di Loyola. L'attitudine contemplativa è quindi anche fonte di consolazione spirituale.
Parlando con gli uomini rischiamo spesso di perdere qualcosa; parlando con Dio ne usciamo sempre arricchiti e nobilitati.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
16 maggio - «Fate ciò che lui vi dirà»
1. «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le giare. Essi le riempirono fino all'orlo, e Gesù disse loro: Ora attingetene e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: Tutti servono da principio il vino buono, e quando sono brilli quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».
La risposta di Gesù alla madre indica chiaramente che l'ora di fare miracoli non era ancora venuta, e che se Gesù lo fece, fu per compiacere la madre. Quindi il fatto mette in evidenza il potere di Maria sul cuore del Figlio.
2. Maria è tutta attenzione per gli altri: partecipa alla gioia degli sposi, e dolcemente toglie quella famiglia dall'imbarazzzo che ne avrebbe danneggiato la reputazione: se il vino fosse mancato, la gente ne avrebbe avuto a ridire.
Anche per noi Maria è tutta intelligenza d'amore. La vita dei santi è ricca di questi interventi delicati di Maria, che giunge in tempo a consolare, a risolvere gravi difficoltà, ad accrescere la gioia.
Forse noi pure abbiamo già sperimentato questa presenza benefica di Maria nella nostra vita.
Sulla nostra Madre possiamo contare con fiducia illimitata.
3. Chiediamo a Maria la finezza, cioè l'intelligenza, nell'amore.
Gli uomini amano, ma con amori folli, che trascinano alla rovina. Anche l'amore paterno o materno è spesso maldestro, e crea reazioni di urto; oppure è debole, e provoca la rovina di figli ai quali non si chiedono sacrifici atti al loro corroboramento morale: vittime di un amore non illuminato, essi crescono sprovveduti di fronte alle prove della vita, e soccombono alle minime difficoltà.
L'amore illuminato è rispettoso, non forza mai in modo indiscreto le porte del cuore; è preveniente, sa trovare le vie giuste del bene altrui.
Dio ci ama con intelligenza, perché è l'intelligenza infinita. Egli sa attendere con pazienza i nostri tempi, sa trovare le vie giuste attraverso il labirinto della nostra estrosità, si mette al passo della nostra estrema lentezza a capire. Ci ama fino al paradosso di non donarsi a noi se non nella misura che gli permettiamo di entrare nella nostra casa. Egli agisce come il sole, che nel calice del bucaneve non infonde più luce di quanto esso possa portare, ma al tempo stesso lo riscalda perché dilati interamente la corolla per accogliere la luce piena.
1. «Ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea, e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: Non hanno più vino. E Gesù rispose: Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La madre dice ai servi: Fate quello che vi dirà. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: Riempite d'acqua le giare. Essi le riempirono fino all'orlo, e Gesù disse loro: Ora attingetene e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: Tutti servono da principio il vino buono, e quando sono brilli quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».
La risposta di Gesù alla madre indica chiaramente che l'ora di fare miracoli non era ancora venuta, e che se Gesù lo fece, fu per compiacere la madre. Quindi il fatto mette in evidenza il potere di Maria sul cuore del Figlio.
2. Maria è tutta attenzione per gli altri: partecipa alla gioia degli sposi, e dolcemente toglie quella famiglia dall'imbarazzzo che ne avrebbe danneggiato la reputazione: se il vino fosse mancato, la gente ne avrebbe avuto a ridire.
Anche per noi Maria è tutta intelligenza d'amore. La vita dei santi è ricca di questi interventi delicati di Maria, che giunge in tempo a consolare, a risolvere gravi difficoltà, ad accrescere la gioia.
Forse noi pure abbiamo già sperimentato questa presenza benefica di Maria nella nostra vita.
Sulla nostra Madre possiamo contare con fiducia illimitata.
3. Chiediamo a Maria la finezza, cioè l'intelligenza, nell'amore.
Gli uomini amano, ma con amori folli, che trascinano alla rovina. Anche l'amore paterno o materno è spesso maldestro, e crea reazioni di urto; oppure è debole, e provoca la rovina di figli ai quali non si chiedono sacrifici atti al loro corroboramento morale: vittime di un amore non illuminato, essi crescono sprovveduti di fronte alle prove della vita, e soccombono alle minime difficoltà.
L'amore illuminato è rispettoso, non forza mai in modo indiscreto le porte del cuore; è preveniente, sa trovare le vie giuste del bene altrui.
Dio ci ama con intelligenza, perché è l'intelligenza infinita. Egli sa attendere con pazienza i nostri tempi, sa trovare le vie giuste attraverso il labirinto della nostra estrosità, si mette al passo della nostra estrema lentezza a capire. Ci ama fino al paradosso di non donarsi a noi se non nella misura che gli permettiamo di entrare nella nostra casa. Egli agisce come il sole, che nel calice del bucaneve non infonde più luce di quanto esso possa portare, ma al tempo stesso lo riscalda perché dilati interamente la corolla per accogliere la luce piena.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
17 maggio - «Chi è mia madre? »
1. Quando venne per Gesù il tempo di dedicarsi al lavoro apostolico, Maria lo seguì col cuore, tenendosi a discreta distanza per un riserbo rispettoso del piano di Dio. La sua missione accanto al Figlio, per reciproca intesa, si svolgeva nel nascondimento, su un piano di compartecipazione spirituale.
Ma era inevitabile che qualcuno sorgesse a turbare questo riserbo. Fu probabilmente per indiscrezione dei parenti di Gesù che un giorno qualcuno gli disse: «C'è qui tua madre e i tuoi fratelli che ti vogliono vedere». Il nome della madre avrebbe attirato l'attenzione di Gesù - e delle folle - sui fratelli...
Gesù rispose con parole apparentemente distaccate: «Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Ecco, chi fa la volontà di Dio mi è fratello, sorella e madre». Con queste battute, in cui è capovolto l'ordine delle persone, Gesù, al tempo stesso, difende il riserbo della Madre e la beatifica: nessuno come lei ha compiuto con tanto slancio la volontà di Dio!
Altrettanto avvenne quando una donna, presa dall'entusiasmo, gridò tra la folla: «Beato il grembo che ti ha portato!) (Lc 17, 27). Gesù le rispose: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
2. Maria non solo custodiva la Parola di Dio, ma la «metteva in pratica» più d'ogni altra creatura. Questa Parola in lei non rimaneva sospesa a livello puramente mentale, ma invadeva la sfera affettiva e si trasformava in azione, raggiungeva la punta delle dita. La Parola di Gesù, anzi lo stesso Verbo di Vita veniva interiorizzato vitalmente, perfezionando la configurazione di Maria con Gesù.
«Non coloro che dicono - Signore, Signore! - entreranno nel regno dei cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio», ammonisce Gesù, per metterci in guardia dal rischio di girare a vuoto intorno alla stessa Parola di Dio senza che essa diventi in noi «spirito e vita».
3. Il vero amore di Dio immerge nella mistica della fatica, propria delle opere, per le quali «il regno di Dio patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12). Le grandi intuizioni dell'amore che lampeggiano in certi momenti di grazia sono sterili finché rimangono allo stadio di astrazione o di velleità. Hanno bisogno di immergersi nell'oscurità del servizio umile, quotidiano, anonimo, per portare frutto «nella pazienza». Gli eletti del Regno non si fanno sui molli divani dei salotti, ma emergono dalla «grande tribolazione», come il Battista, che non è una canna agitata dal vento, ma l'«amico dello sposo» di provata fedeltà.
Quando ci giudicherà nell'amore, Gesù esaminerà i fatti concreti: «Ebbi fame e mi deste da mangiare, fui forestiero e mi ricoveraste, infermo e veniste a visitarmi...» (Mt 25, 35 s).
I Santi, alla scuola di Gesù e di Maria, avevano l'ardimento dell'azione, anche se grandi mistici: pensiamo a Teresa d'Avila, che si spostava da un luogo all'altro per costruire conventi, alle fatiche missionarie di Francesco Saverio, all'umiltà di S. Pietro Claver, che si fece schiavo degli schiavi. Pensiamo alla fatica di Gesù, per comprendere il suo detto: «Mio cibo è fare la volontà del Padre mio».
1. Quando venne per Gesù il tempo di dedicarsi al lavoro apostolico, Maria lo seguì col cuore, tenendosi a discreta distanza per un riserbo rispettoso del piano di Dio. La sua missione accanto al Figlio, per reciproca intesa, si svolgeva nel nascondimento, su un piano di compartecipazione spirituale.
Ma era inevitabile che qualcuno sorgesse a turbare questo riserbo. Fu probabilmente per indiscrezione dei parenti di Gesù che un giorno qualcuno gli disse: «C'è qui tua madre e i tuoi fratelli che ti vogliono vedere». Il nome della madre avrebbe attirato l'attenzione di Gesù - e delle folle - sui fratelli...
Gesù rispose con parole apparentemente distaccate: «Chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Ecco, chi fa la volontà di Dio mi è fratello, sorella e madre». Con queste battute, in cui è capovolto l'ordine delle persone, Gesù, al tempo stesso, difende il riserbo della Madre e la beatifica: nessuno come lei ha compiuto con tanto slancio la volontà di Dio!
Altrettanto avvenne quando una donna, presa dall'entusiasmo, gridò tra la folla: «Beato il grembo che ti ha portato!) (Lc 17, 27). Gesù le rispose: Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica».
2. Maria non solo custodiva la Parola di Dio, ma la «metteva in pratica» più d'ogni altra creatura. Questa Parola in lei non rimaneva sospesa a livello puramente mentale, ma invadeva la sfera affettiva e si trasformava in azione, raggiungeva la punta delle dita. La Parola di Gesù, anzi lo stesso Verbo di Vita veniva interiorizzato vitalmente, perfezionando la configurazione di Maria con Gesù.
«Non coloro che dicono - Signore, Signore! - entreranno nel regno dei cieli, ma coloro che fanno la volontà del Padre mio», ammonisce Gesù, per metterci in guardia dal rischio di girare a vuoto intorno alla stessa Parola di Dio senza che essa diventi in noi «spirito e vita».
3. Il vero amore di Dio immerge nella mistica della fatica, propria delle opere, per le quali «il regno di Dio patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12). Le grandi intuizioni dell'amore che lampeggiano in certi momenti di grazia sono sterili finché rimangono allo stadio di astrazione o di velleità. Hanno bisogno di immergersi nell'oscurità del servizio umile, quotidiano, anonimo, per portare frutto «nella pazienza». Gli eletti del Regno non si fanno sui molli divani dei salotti, ma emergono dalla «grande tribolazione», come il Battista, che non è una canna agitata dal vento, ma l'«amico dello sposo» di provata fedeltà.
Quando ci giudicherà nell'amore, Gesù esaminerà i fatti concreti: «Ebbi fame e mi deste da mangiare, fui forestiero e mi ricoveraste, infermo e veniste a visitarmi...» (Mt 25, 35 s).
I Santi, alla scuola di Gesù e di Maria, avevano l'ardimento dell'azione, anche se grandi mistici: pensiamo a Teresa d'Avila, che si spostava da un luogo all'altro per costruire conventi, alle fatiche missionarie di Francesco Saverio, all'umiltà di S. Pietro Claver, che si fece schiavo degli schiavi. Pensiamo alla fatica di Gesù, per comprendere il suo detto: «Mio cibo è fare la volontà del Padre mio».
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
18 maggio - Maria stava presso la croce di Gesù
l. Mentre gli Apostoli si erano dispersi per la paura, Maria, che nei momenti di trionfo del Figlio si era tenuta nell'ombra, ora si era fatta avanti per affrontare coraggiosamente l'onta di madre del condannato, immersa nell'abisso delle umiliazioni, dei dolori, delle lacerazioni di lui.
Come avrebbe desiderato soffrire al posto di Gesù, sostituirlo sulla croce! Ma poiché Dio voleva diversamente, Maria univa la propria sofferenza a quella di lui per la redenzione di noi tutti. I sentimenti del suo cuore immacolato erano gli stessi del Figlio: sentimenti di offerta a Dio fino alla completa consumazione, sentimenti di implorazione per i crocifissoci, e i peccatori. Col Figlio che spirava in croce, Maria conservava la forza inaudita della mitezza, e ripeteva in cuor suo: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
In tutto simile al Figlio, Maria si mantiene al di sopra di ogni istinto di violenza: il suo spirito è irremovibilmente radicato nell'amore e nella verità, e nessun uragano di passioni esteriori riesce a smuoverlo e ad agitarlo. Veramente regina della pace è la nostra Madre, anche quando colpiscono il cuore del suo cuore, cioè il Figlio di Dio e Figlio suo. Ma quale tortura subisce il suo spirito, la sua sensibilità, la sua nobiltà di fronte a quella condensazione di cattiveria e di volgarità che ondeggia ai piedi del Crocifisso! Chi può capire il mistero di Maria addolorata?
La meditazione su Maria ai piedi della croce va fatta immergendosi a lungo, con le ginocchia piegate, nella contemplazione del corpo martoriato di Cristo, del suo volto fatto bersaglio della perfidia umana, del suo costato aperto, e del cuore colmo di amarezza per le lesioni al suo onore, agli affetti più delicati, alla sua sensibilità. Tutto si ripercuoteva nel cuore della Madre tramite quei misteriosi canali di comunicazione che la mistica ci descrive.
2. Consacrarsi a Maria significa cogliere, al di là dei singoli insegnamenti che ci vengono dalla sua vita, 1'inesaurabile insegnamento della sua partecipazione alla croce di Gesù.
Per tale impresa ci è necessaria la virtù della mitezza. Essa non è debolezza, come potrebbe apparire, ma forza d'animo a tutta prova. E si fonda sulla sicurezza che il bene è destinato a vincere, ad onta di tutto.
Di fronte a chi lo giudica, Gesù spiega e chiarisce, ma senza irritarsi; quando vede che la parola non serve, tace. A chi gli dà lo schiaffo, Egli chiede una spiegazione, poi sopporta. Sopporta le ingiustizie dei tragitti da Pilato a Erode, sopporta la terribile flagellazione, la coronazione di spine, i chiodi nelle mani e nei piedi. Eppure, di fronte all'agitazione e alle ingiurie dei suoi crocifissoci, Gesù passa come il gran Re, il Giudice che scruta i cuori. La sua nobiltà non viene per nulla scalfita. Gesù non esige mai dai suoi servi la perdita della dignità interiore, ma la mitezza, che è espressione altissima di dignità.
Dice S. Tommaso d'Aquino: «La dolcezza è la virtù nella quale è riposta la nobiltà dell'animo. I servi di Dio, anche se provocati, si mantengono sempre nella pace, mostrando in questo una nobiltà perfetta».
l. Mentre gli Apostoli si erano dispersi per la paura, Maria, che nei momenti di trionfo del Figlio si era tenuta nell'ombra, ora si era fatta avanti per affrontare coraggiosamente l'onta di madre del condannato, immersa nell'abisso delle umiliazioni, dei dolori, delle lacerazioni di lui.
Come avrebbe desiderato soffrire al posto di Gesù, sostituirlo sulla croce! Ma poiché Dio voleva diversamente, Maria univa la propria sofferenza a quella di lui per la redenzione di noi tutti. I sentimenti del suo cuore immacolato erano gli stessi del Figlio: sentimenti di offerta a Dio fino alla completa consumazione, sentimenti di implorazione per i crocifissoci, e i peccatori. Col Figlio che spirava in croce, Maria conservava la forza inaudita della mitezza, e ripeteva in cuor suo: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
In tutto simile al Figlio, Maria si mantiene al di sopra di ogni istinto di violenza: il suo spirito è irremovibilmente radicato nell'amore e nella verità, e nessun uragano di passioni esteriori riesce a smuoverlo e ad agitarlo. Veramente regina della pace è la nostra Madre, anche quando colpiscono il cuore del suo cuore, cioè il Figlio di Dio e Figlio suo. Ma quale tortura subisce il suo spirito, la sua sensibilità, la sua nobiltà di fronte a quella condensazione di cattiveria e di volgarità che ondeggia ai piedi del Crocifisso! Chi può capire il mistero di Maria addolorata?
La meditazione su Maria ai piedi della croce va fatta immergendosi a lungo, con le ginocchia piegate, nella contemplazione del corpo martoriato di Cristo, del suo volto fatto bersaglio della perfidia umana, del suo costato aperto, e del cuore colmo di amarezza per le lesioni al suo onore, agli affetti più delicati, alla sua sensibilità. Tutto si ripercuoteva nel cuore della Madre tramite quei misteriosi canali di comunicazione che la mistica ci descrive.
2. Consacrarsi a Maria significa cogliere, al di là dei singoli insegnamenti che ci vengono dalla sua vita, 1'inesaurabile insegnamento della sua partecipazione alla croce di Gesù.
Per tale impresa ci è necessaria la virtù della mitezza. Essa non è debolezza, come potrebbe apparire, ma forza d'animo a tutta prova. E si fonda sulla sicurezza che il bene è destinato a vincere, ad onta di tutto.
Di fronte a chi lo giudica, Gesù spiega e chiarisce, ma senza irritarsi; quando vede che la parola non serve, tace. A chi gli dà lo schiaffo, Egli chiede una spiegazione, poi sopporta. Sopporta le ingiustizie dei tragitti da Pilato a Erode, sopporta la terribile flagellazione, la coronazione di spine, i chiodi nelle mani e nei piedi. Eppure, di fronte all'agitazione e alle ingiurie dei suoi crocifissoci, Gesù passa come il gran Re, il Giudice che scruta i cuori. La sua nobiltà non viene per nulla scalfita. Gesù non esige mai dai suoi servi la perdita della dignità interiore, ma la mitezza, che è espressione altissima di dignità.
Dice S. Tommaso d'Aquino: «La dolcezza è la virtù nella quale è riposta la nobiltà dell'animo. I servi di Dio, anche se provocati, si mantengono sempre nella pace, mostrando in questo una nobiltà perfetta».
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
19 maggio - «Ecco tua madre»
1. Nel momento di lasciare il mondo, Gesù affida a Giovanni e alla Chiesa il dono più grande che gli rimaneva sulla terra: la sua Mamma. Giovanni la prese con sé, e da quel momento la sua vita si arricchiva di nuovo significato. Maria gli è presente come Madre affettuosa e come guida spirituale che lo avvia a una comprensione piena del mistero di Cristo. Gli è vicina come interprete qualificata della fede, ed è ragionevole pensare che le intuizioni così profonde del discepolo prediletto sul mistero di Cristo siano maturate nella familiarità con la Madre di Gesù.
2. Maria è data come Madre a ciascuno di noi. Che cos'è una madre? È la personificazione più elevata dell'amore umano. La madre ha una innata propensione a trasfigurare il figlio, a vederlo nella luce più ideale, e questa stima costituisce la piattaforma più incoraggiante per lo sviluppo di un uomo. Una madre non giudica, ma intuisce, e questo intuito che va al di là di ogni manchevolezza stimola nel figlio le energie migliori. Nessuna ingratitudine del figlio riesce ad estinguere la sua dedizione, e questa sicurezza di poter contare nella fiducia della madre costituisce la più solida piattaforma per il ricupero morale di un uomo degenerato. La genialità di una madre è un amore senza confini. «Il figlio è la sua legge, in esso si perde e si conclude» (Le Fort).
Se è vero che «il bimbo, nascendo, non le lacera solo il grembo ma anche il cuore e lo dilata aprendolo verso tutto ciò che è debole e piccolo» (Le Fort), il giorno in cui Maria è diventata Madre della Chiesa il suo cuore si è dilatato per grazia divina a tutte le debolezze e miserie del mondo, e Maria è diventata l'espressione più convincente della misericordia divina.
3. La mediazione materna e dolcissima di Maria, si esplica soprattutto nel «formare il Cristo in noi», nel conformarci profondamente a Gesù Verità e Amore.
È un cammino da Lei percorso fino all'estremo limite di somiglianza con il Figlio, di compartecipazione al mistero di Lui, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo, il più squisito e il più umano di tutti gli uomini. Tutta la sua esperienza spirituale è stata una preparazione ad essere per noi Maestra di vita foggiata secondo il Cuore di Cristo.
La mediazione materna di Maria si concretezza nell'intercessione, mediante la quale essa ci ottiene le grazie di cui abbiamo bisogno per crescere secondo lo Spirito di Gesù; nell'esempio che ci offre con il suo comportamento pienamente conforme al Cuore di Cristo; negli stimoli spirituali con cui dolcemente ma anche con vigore ci richiama all'esercizio delle virtù cristiane, come l'umiltà e la mitezza («Imparate da me che sono mite ed umile di cuore»), la pazienza e l'ardimento, il dominio di sé e la signorilità del cuore, la fede e la speranza, e soprattutto l'amore, che è sintesi e perfezione di tutte le virtù.
Come pensare, infine, che la Madre non intervenga a salvare dai pericoli le persone a Lei consacrate con particolare affetto e ad assisterle nell'ora suprema per portarle con sé in paradiso?
1. Nel momento di lasciare il mondo, Gesù affida a Giovanni e alla Chiesa il dono più grande che gli rimaneva sulla terra: la sua Mamma. Giovanni la prese con sé, e da quel momento la sua vita si arricchiva di nuovo significato. Maria gli è presente come Madre affettuosa e come guida spirituale che lo avvia a una comprensione piena del mistero di Cristo. Gli è vicina come interprete qualificata della fede, ed è ragionevole pensare che le intuizioni così profonde del discepolo prediletto sul mistero di Cristo siano maturate nella familiarità con la Madre di Gesù.
2. Maria è data come Madre a ciascuno di noi. Che cos'è una madre? È la personificazione più elevata dell'amore umano. La madre ha una innata propensione a trasfigurare il figlio, a vederlo nella luce più ideale, e questa stima costituisce la piattaforma più incoraggiante per lo sviluppo di un uomo. Una madre non giudica, ma intuisce, e questo intuito che va al di là di ogni manchevolezza stimola nel figlio le energie migliori. Nessuna ingratitudine del figlio riesce ad estinguere la sua dedizione, e questa sicurezza di poter contare nella fiducia della madre costituisce la più solida piattaforma per il ricupero morale di un uomo degenerato. La genialità di una madre è un amore senza confini. «Il figlio è la sua legge, in esso si perde e si conclude» (Le Fort).
Se è vero che «il bimbo, nascendo, non le lacera solo il grembo ma anche il cuore e lo dilata aprendolo verso tutto ciò che è debole e piccolo» (Le Fort), il giorno in cui Maria è diventata Madre della Chiesa il suo cuore si è dilatato per grazia divina a tutte le debolezze e miserie del mondo, e Maria è diventata l'espressione più convincente della misericordia divina.
3. La mediazione materna e dolcissima di Maria, si esplica soprattutto nel «formare il Cristo in noi», nel conformarci profondamente a Gesù Verità e Amore.
È un cammino da Lei percorso fino all'estremo limite di somiglianza con il Figlio, di compartecipazione al mistero di Lui, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo, il più squisito e il più umano di tutti gli uomini. Tutta la sua esperienza spirituale è stata una preparazione ad essere per noi Maestra di vita foggiata secondo il Cuore di Cristo.
La mediazione materna di Maria si concretezza nell'intercessione, mediante la quale essa ci ottiene le grazie di cui abbiamo bisogno per crescere secondo lo Spirito di Gesù; nell'esempio che ci offre con il suo comportamento pienamente conforme al Cuore di Cristo; negli stimoli spirituali con cui dolcemente ma anche con vigore ci richiama all'esercizio delle virtù cristiane, come l'umiltà e la mitezza («Imparate da me che sono mite ed umile di cuore»), la pazienza e l'ardimento, il dominio di sé e la signorilità del cuore, la fede e la speranza, e soprattutto l'amore, che è sintesi e perfezione di tutte le virtù.
Come pensare, infine, che la Madre non intervenga a salvare dai pericoli le persone a Lei consacrate con particolare affetto e ad assisterle nell'ora suprema per portarle con sé in paradiso?
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
20 maggio - Perseveravano concordi nella preghiera con Maria
1. In attesa dello Spirito Santo promesso da Gesù, gli Apostoli e le donne perseveravano concordi nell'orazione con Maria. La Madre di Dio inizia così il suo ruolo di Madre della Chiesa: con la sua presenza discreta, è il cuore della prima comunità cristiana. La tiene unita, la sostiene, la conduce soprattutto alla preghiera. Colei che nello Spirito Santo aveva dato loro Gesù, li prepara ora ad ottenere la pienezza della Pentecoste.
La primitiva comunità cristiana sentiva in Maria la Madre capace di illuminare le sue scelte, di confermare la sua fede, di addolcire la sua vita. Possiamo pensare come alla porta di Maria si avvicendassero gli Apostoli e i primi credenti per confidarle le loro perplessità, per averne conforto e incoraggiamento. Non poteva sfuggire ai primi seguaci del Figlio di Dio fatto uomo la santità della sua Madre.
2. La funzione di Maria non si è esaurita con la sua assunzione al cielo, ma di lassù continua con progressiva espansione sino alla fine dei tempi. Per misurare adeguatamente questa presenza materna di Maria nella Chiesa bisognerebbe esaminare la sua incidenza nella vita dei santi antichi e moderni, ricordare i suoi interventi in momenti di particolare gravità per il popolo cristiano, ripensare alle grazie e ai miracoli che Maria dispensa ancora oggi a Lourdes, a Fatima e nei numerosi santuari che costellano la terra. Le vocazioni sacerdotali e consacrate spuntano e si conservano sotto l'insegna della sua predilezione.
3. Maria è consapevole che il mistero della Redenzione, che si compie con il dono dello Spirito Santo, è opera della grazia celeste. Sa per esperienza, e per l'insegnamento insistente di Gesù, che la grazia si deve chiedere con preghiera assidua. Gesù ha detto chiaramente: «Senza di me non potete far nulla. Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto. Tutto quello che domanderete nella preghiera voi l'otterrete... ». Gli apostoli sono caduti perché non hanno preso sul serio l'insegnamento del Signore; la Madre allora li raccoglie e insegna loro a pregare, come faceva Gesù.
Il Maestro aveva anche parlato dell'efficacia di una preghiera fatta insieme, e aveva assicurato: «In verità vi dico che se due di voi si accorderanno sulla terra per qualunque cosa da chiedere, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19). Per ricevere lo Spirito Santo bisognava che gli Apostoli si disponessero con la preghiera.
Tra gli Apostoli che invocano l'effusione dello Spirito promesso, Maria è presente come Mediatrice, come «Onnipotenza supplice». E sarà così sino alla fine dei tempi nella Chiesa.
Chiediamo a Maria: «Insegnaci a pregare sempre senza stancarci mai».
4. Maria porta i suoi figli all'unione con la Chiesa e all'obbedienza al Magistero incentrato nel Vicario di Cristo. Essa non ammette sterili contestazioni, ma invita i suoi figli prediletti a impegnarsi costruttivamente in ogni opera buona per la crescita del Corpo Mistico di Gesù.
1. In attesa dello Spirito Santo promesso da Gesù, gli Apostoli e le donne perseveravano concordi nell'orazione con Maria. La Madre di Dio inizia così il suo ruolo di Madre della Chiesa: con la sua presenza discreta, è il cuore della prima comunità cristiana. La tiene unita, la sostiene, la conduce soprattutto alla preghiera. Colei che nello Spirito Santo aveva dato loro Gesù, li prepara ora ad ottenere la pienezza della Pentecoste.
La primitiva comunità cristiana sentiva in Maria la Madre capace di illuminare le sue scelte, di confermare la sua fede, di addolcire la sua vita. Possiamo pensare come alla porta di Maria si avvicendassero gli Apostoli e i primi credenti per confidarle le loro perplessità, per averne conforto e incoraggiamento. Non poteva sfuggire ai primi seguaci del Figlio di Dio fatto uomo la santità della sua Madre.
2. La funzione di Maria non si è esaurita con la sua assunzione al cielo, ma di lassù continua con progressiva espansione sino alla fine dei tempi. Per misurare adeguatamente questa presenza materna di Maria nella Chiesa bisognerebbe esaminare la sua incidenza nella vita dei santi antichi e moderni, ricordare i suoi interventi in momenti di particolare gravità per il popolo cristiano, ripensare alle grazie e ai miracoli che Maria dispensa ancora oggi a Lourdes, a Fatima e nei numerosi santuari che costellano la terra. Le vocazioni sacerdotali e consacrate spuntano e si conservano sotto l'insegna della sua predilezione.
3. Maria è consapevole che il mistero della Redenzione, che si compie con il dono dello Spirito Santo, è opera della grazia celeste. Sa per esperienza, e per l'insegnamento insistente di Gesù, che la grazia si deve chiedere con preghiera assidua. Gesù ha detto chiaramente: «Senza di me non potete far nulla. Vegliate e pregate per non cadere nella tentazione. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto. Tutto quello che domanderete nella preghiera voi l'otterrete... ». Gli apostoli sono caduti perché non hanno preso sul serio l'insegnamento del Signore; la Madre allora li raccoglie e insegna loro a pregare, come faceva Gesù.
Il Maestro aveva anche parlato dell'efficacia di una preghiera fatta insieme, e aveva assicurato: «In verità vi dico che se due di voi si accorderanno sulla terra per qualunque cosa da chiedere, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 19). Per ricevere lo Spirito Santo bisognava che gli Apostoli si disponessero con la preghiera.
Tra gli Apostoli che invocano l'effusione dello Spirito promesso, Maria è presente come Mediatrice, come «Onnipotenza supplice». E sarà così sino alla fine dei tempi nella Chiesa.
Chiediamo a Maria: «Insegnaci a pregare sempre senza stancarci mai».
4. Maria porta i suoi figli all'unione con la Chiesa e all'obbedienza al Magistero incentrato nel Vicario di Cristo. Essa non ammette sterili contestazioni, ma invita i suoi figli prediletti a impegnarsi costruttivamente in ogni opera buona per la crescita del Corpo Mistico di Gesù.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
21 maggio - Maria assunta in cielo
1. «Per autorità del Signore nostro Gesù Cristo, dei beati Apostoli Pietro e Paolo e nostra, annunziamo, dichiariamo e definiamo verità rivelata da Dio che l'Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, compiuto il corso della vita terrena, fu assunta in anima e corpo nella gloria celeste»: con questa dichiarazione dogmatica Pio XII, nel 1950, definiva espressamente l'Assunzione di Maria, e implicitamente confermava l'infallibilità del Vicario di Cristo quando intende definire solennemente una verità di fede.
La fede nell'Assunzione di Maria è affermata dalla Tradizione (che con la Scrittura è fonte di Rivelazione), e costituisce anche una deduzione di fede fondata sulla visione d'insieme del mistero di Maria.
Maria assunta con Gesù risorto nella gloria conferma la nostra speranza: la nostra sorte finale non è la morte - come afferma un cieco materialismo incapace di cogliere le impronte dello Spirito nel mondo e di fornire delle ragioni di vita - ma una vita luminosa in una condizione «ove non ci sarà più né morte né cordoglio, né gemito né pena», perché pienamente illuminata dalla visione di Dio, in un mondo completamente rigenerato.
A questa speranza sarà partecipe anche il nostro corpo mortale, se quale tempio di Dio sarà da noi custodito nella santità (le scienze moderne mettono maggiormente in luce le possibilità di riconversione della materia).
2. Consacrarsi a Maria significa erompere da una gretta visuale naturalistica e, con la speranza, protendersi verso una vita nuova completamente illuminata dalla presenza purissima dello Spirito di Dio, che ai suoi fedeli offre fin d'ora le primizie simboliche della felicità senza fine, nelle esperienze gioiose della fede cristiana, e particolarmente dell'amore.
Pur assaporando la gioia dei doni presenti di Dio, chi è consacrato a Maria esercita la virtù teologale della speranza, che costituisce l'anima stessa della fede: «la fede si sostanzia di cose sperate» (Eb 11, 1).
La speranza cristiana è inscindibile dalla fede. I primi cristiani avevano il senso dell'attesa del ritorno del Signore, e invocavano Maranathà!, cioè «Vieni, Signore Gesù!».
L'assenza di questa tensione verso i beni celesti comporta un'almeno implicita svalutazione di quanto Gesù ci ha meritato con la sua passione e morte, e fa dimenticare che «le sofferenze di questo tempo non sono proporzionate alla gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8, 18). L'apostolo Paolo desiderava «sciogliersi dal corpo per essere con Cristo» (Fp 1, 23), poiché aveva sperimentato che «occhio mai vide, né orecchio mai udì, né il cuore dell'uomo ha potuto immaginare quanto Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). E i mistici manifestano la stessa tensione.
3. Il pensiero della morte ci ammonisce sull'ultimo destino dell'uomo: il giudizio di Dio, il purgatorio, il paradiso, ma anche - Dio non voglia! - l'inferno. Non possiamo trascurare questa verità se Gesù ce ne mette in guardia con tanta insistenza!
Docili all'insegnamento della Chiesa ripetiamo ogni giorno: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori... nell'ora della nostra morte».
1. «Per autorità del Signore nostro Gesù Cristo, dei beati Apostoli Pietro e Paolo e nostra, annunziamo, dichiariamo e definiamo verità rivelata da Dio che l'Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, compiuto il corso della vita terrena, fu assunta in anima e corpo nella gloria celeste»: con questa dichiarazione dogmatica Pio XII, nel 1950, definiva espressamente l'Assunzione di Maria, e implicitamente confermava l'infallibilità del Vicario di Cristo quando intende definire solennemente una verità di fede.
La fede nell'Assunzione di Maria è affermata dalla Tradizione (che con la Scrittura è fonte di Rivelazione), e costituisce anche una deduzione di fede fondata sulla visione d'insieme del mistero di Maria.
Maria assunta con Gesù risorto nella gloria conferma la nostra speranza: la nostra sorte finale non è la morte - come afferma un cieco materialismo incapace di cogliere le impronte dello Spirito nel mondo e di fornire delle ragioni di vita - ma una vita luminosa in una condizione «ove non ci sarà più né morte né cordoglio, né gemito né pena», perché pienamente illuminata dalla visione di Dio, in un mondo completamente rigenerato.
A questa speranza sarà partecipe anche il nostro corpo mortale, se quale tempio di Dio sarà da noi custodito nella santità (le scienze moderne mettono maggiormente in luce le possibilità di riconversione della materia).
2. Consacrarsi a Maria significa erompere da una gretta visuale naturalistica e, con la speranza, protendersi verso una vita nuova completamente illuminata dalla presenza purissima dello Spirito di Dio, che ai suoi fedeli offre fin d'ora le primizie simboliche della felicità senza fine, nelle esperienze gioiose della fede cristiana, e particolarmente dell'amore.
Pur assaporando la gioia dei doni presenti di Dio, chi è consacrato a Maria esercita la virtù teologale della speranza, che costituisce l'anima stessa della fede: «la fede si sostanzia di cose sperate» (Eb 11, 1).
La speranza cristiana è inscindibile dalla fede. I primi cristiani avevano il senso dell'attesa del ritorno del Signore, e invocavano Maranathà!, cioè «Vieni, Signore Gesù!».
L'assenza di questa tensione verso i beni celesti comporta un'almeno implicita svalutazione di quanto Gesù ci ha meritato con la sua passione e morte, e fa dimenticare che «le sofferenze di questo tempo non sono proporzionate alla gloria futura che si rivelerà in noi» (Rm 8, 18). L'apostolo Paolo desiderava «sciogliersi dal corpo per essere con Cristo» (Fp 1, 23), poiché aveva sperimentato che «occhio mai vide, né orecchio mai udì, né il cuore dell'uomo ha potuto immaginare quanto Dio ha preparato a coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). E i mistici manifestano la stessa tensione.
3. Il pensiero della morte ci ammonisce sull'ultimo destino dell'uomo: il giudizio di Dio, il purgatorio, il paradiso, ma anche - Dio non voglia! - l'inferno. Non possiamo trascurare questa verità se Gesù ce ne mette in guardia con tanta insistenza!
Docili all'insegnamento della Chiesa ripetiamo ogni giorno: «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori... nell'ora della nostra morte».
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
I. Maria e lo Spirito Santo
22 maggio - «Lo Spirito Santo scenderà su di te»
1. Quando Maria chiede all'angelo Gabriele come avverrà la nascita del Redentore, egli le risponde: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra» (Lc 1, 34). Il Figlio di Dio nascerà dal suo grembo non per fecondazione umana, ma «per opera dello Spirito Santo», come diciamo nel Credo.
La fecondazione avviene nel clima dell'amore, e Maria sarà resa madre dallo stesso Spirito di Amore che è col Padre e il Figlio un unico Dio.
Questo stesso Spirito, scendendo in Maria, dà inizio a quella speciale presenza dello Spirito Santo nel Corpo Mistico che si incentra in Gesù. Nel grembo di Maria si attua l'incarnazione del Verbo e ha origine l'unità dei credenti in Cristo. Lo Spirito di Amore che anima la vita trinitaria, animerà pure l'unità dei credenti. Già nel momento dell'Incarnazione Gesù entrando nel mondo prega il Padre: «Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te» (Gv 17, 2). Tutti siamo una cosa sola perché «abbeverati di uno stesso Spirito», insegna Paolo (1 Cor 12, 13).
2. Oltre che centro di irradiazione del Verbo, Maria diventa perciò centro di effusione dello Spirito Santo, che è il «dono» portato da Cristo all'umanità. Questo dono è già annunciato nell'Antica Alleanza (Ez 11, 19, ecc.) e anche già effuso sui patriarchi, sui profeti e sugli uomini di Dio per avviare il piano salvifico; ma con l'Incarnazione del Verbo il dono dello Spirito comincia a entrare nella fase pentecostale. Il dono di Dio all'umanità è graduale: «di luce in luce», dice Paolo.
3. Tenendo presente l'ambivalenza della mediazione di Maria, rivolta al Verbo fatto Carne in lei, e al Corpo Mistico, si comprende quale dovette essere l'effusione dello Spirito Santo in Maria al momento dell'Incarnazione. Offrendosi a lei come Sposo, la ricolma di tutti quei carismi che sono necessari allo svolgimento della sua missione: i «carismi migliori» (1 Cor 12, 31 s) della fede, speranza e carità; i «sette doni» (sacrum septenarium), cioè la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio; i «frutti» dello Spirito (gioia, pace, affabilità, bontà, fedeltà, dolcezza, ecc.: Gal 5, 22); le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza); le altre virtù morali (umiltà, pazienza, ecc.); soprattutto il primo frutto che ammanta la presenza dello Spirito Santo nei cuori, cioè la grazia santificante, la vita divina che ci fa «compartecipi della natura divina», e per cui Maria è la «piena di grazia».
4. Lo Spirito Santo è l'autore della nostra santificazione: solo lo Spirito di Gesù può portare a compimento la nostra conformità con lui. Questa opera è assai agevolata dall'intercessione di Maria, Sposa dello Spirito Santo, che dopo la risurrezione di Gesù dispose gli Apostoli a riceverlo nel giorno della Pentecoste.
22 maggio - «Lo Spirito Santo scenderà su di te»
1. Quando Maria chiede all'angelo Gabriele come avverrà la nascita del Redentore, egli le risponde: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra» (Lc 1, 34). Il Figlio di Dio nascerà dal suo grembo non per fecondazione umana, ma «per opera dello Spirito Santo», come diciamo nel Credo.
La fecondazione avviene nel clima dell'amore, e Maria sarà resa madre dallo stesso Spirito di Amore che è col Padre e il Figlio un unico Dio.
Questo stesso Spirito, scendendo in Maria, dà inizio a quella speciale presenza dello Spirito Santo nel Corpo Mistico che si incentra in Gesù. Nel grembo di Maria si attua l'incarnazione del Verbo e ha origine l'unità dei credenti in Cristo. Lo Spirito di Amore che anima la vita trinitaria, animerà pure l'unità dei credenti. Già nel momento dell'Incarnazione Gesù entrando nel mondo prega il Padre: «Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me ed io in te» (Gv 17, 2). Tutti siamo una cosa sola perché «abbeverati di uno stesso Spirito», insegna Paolo (1 Cor 12, 13).
2. Oltre che centro di irradiazione del Verbo, Maria diventa perciò centro di effusione dello Spirito Santo, che è il «dono» portato da Cristo all'umanità. Questo dono è già annunciato nell'Antica Alleanza (Ez 11, 19, ecc.) e anche già effuso sui patriarchi, sui profeti e sugli uomini di Dio per avviare il piano salvifico; ma con l'Incarnazione del Verbo il dono dello Spirito comincia a entrare nella fase pentecostale. Il dono di Dio all'umanità è graduale: «di luce in luce», dice Paolo.
3. Tenendo presente l'ambivalenza della mediazione di Maria, rivolta al Verbo fatto Carne in lei, e al Corpo Mistico, si comprende quale dovette essere l'effusione dello Spirito Santo in Maria al momento dell'Incarnazione. Offrendosi a lei come Sposo, la ricolma di tutti quei carismi che sono necessari allo svolgimento della sua missione: i «carismi migliori» (1 Cor 12, 31 s) della fede, speranza e carità; i «sette doni» (sacrum septenarium), cioè la sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timor di Dio; i «frutti» dello Spirito (gioia, pace, affabilità, bontà, fedeltà, dolcezza, ecc.: Gal 5, 22); le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza); le altre virtù morali (umiltà, pazienza, ecc.); soprattutto il primo frutto che ammanta la presenza dello Spirito Santo nei cuori, cioè la grazia santificante, la vita divina che ci fa «compartecipi della natura divina», e per cui Maria è la «piena di grazia».
4. Lo Spirito Santo è l'autore della nostra santificazione: solo lo Spirito di Gesù può portare a compimento la nostra conformità con lui. Questa opera è assai agevolata dall'intercessione di Maria, Sposa dello Spirito Santo, che dopo la risurrezione di Gesù dispose gli Apostoli a riceverlo nel giorno della Pentecoste.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
23 maggio - Tempio dell'eterna Sapienza
1. Il dono della Sapienza ha un implicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splendore del Padre» (Eh 1, 3).
Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In forza della congenialità con Gesù la sapienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a conformarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in senso analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.
Sul piano conoscitivo questa congenialità porta a «gustare come è buono il Signore» (Sal 33, 9), a discernere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in immagine della sua morte» (Fp 3, 11 s),
2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sapienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Gesù nel suo modo di sentire e di operare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).
Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sapienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Elisabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Crocifisso.
Questa singolare sapienza si manifesta in lei dopo la Pentecoste, rendendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto comportamento nella vita e nell'apostolato.
La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i credenti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.
3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso dell'anticristo. Paolo mette in risalto 1'irriducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Manderò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli intelligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tutta la sua sapienza, conosciuto Dio nelle opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).
1. Il dono della Sapienza ha un implicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splendore del Padre» (Eh 1, 3).
Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In forza della congenialità con Gesù la sapienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a conformarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in senso analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.
Sul piano conoscitivo questa congenialità porta a «gustare come è buono il Signore» (Sal 33, 9), a discernere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in immagine della sua morte» (Fp 3, 11 s),
2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sapienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Gesù nel suo modo di sentire e di operare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).
Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sapienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Elisabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Crocifisso.
Questa singolare sapienza si manifesta in lei dopo la Pentecoste, rendendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto comportamento nella vita e nell'apostolato.
La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i credenti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.
3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso dell'anticristo. Paolo mette in risalto 1'irriducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Manderò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli intelligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tutta la sua sapienza, conosciuto Dio nelle opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
23 maggio - Tempio dell'eterna Sapienza
1. Il dono della Sapienza ha un implicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splendore del Padre» (Eh 1, 3).
Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In forza della congenialità con Gesù la sapienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a conformarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in senso analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.
Sul piano conoscitivo questa congenialità porta a «gustare come è buono il Signore» (Sal 33, 9), a discernere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in immagine della sua morte» (Fp 3, 11 s),
2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sapienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Gesù nel suo modo di sentire e di operare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).
Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sapienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Elisabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Crocifisso.
Questa singolare sapienza si manifesta in lei dopo la Pentecoste, rendendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto comportamento nella vita e nell'apostolato.
La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i credenti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.
3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso dell'anticristo. Paolo mette in risalto 1'irriducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Manderò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli intelligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tutta la sua sapienza, conosciuto Dio nelle opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).
1. Il dono della Sapienza ha un implicito riferimento all'eterna Sapienza inneggiata nei libri sapienziali (Prov 8, 22 s ecc.) che si rivelerà nel Verbo di Dio quale «Irradiazione dello splendore del Padre» (Eh 1, 3).
Etimologicamente la sapienza vien dal latino sàpere che indica «sapore» in senso passivo e anche attivo. In forza della congenialità con Gesù la sapienza ci porta a «gustare» le cose di Dio, ad assaporare il Vangelo e a conformarci a Gesù fino ad avere in noi «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5); in tal modo diventiamo «sale della terra» (Mt 5, 13) e diffondiamo il sapore di Cristo. L'uomo di Dio «sa» di Cristo, in senso analogo a una cosa che «sa» di incenso o altro.
Sul piano conoscitivo questa congenialità porta a «gustare come è buono il Signore» (Sal 33, 9), a discernere istintivamente («per quandam connaturalitatem», dice S. Tommaso) ciò che viene da Dio e ciò che da Dio non viene. Sul piano operativo porta ad agire secondo lo spirito di Cristo, ad «osservare la sua parola» (Gv 14, 23), a gravitare verso Cristo con tutto il cuore fino ad «essere messo a parte dei suoi patimenti, trasformato in immagine della sua morte» (Fp 3, 11 s),
2. Singolarmente ricca di sapienza è Maria in quanto è Madre della Sapienza incarnata e Sposa dello Spirito Santo, perfettamente conformata a Gesù nel suo modo di sentire e di operare. Il suo essere Immacolata la fa gravitare verso Gesù con una forza singolare. Essa è tutto ascolto della Parola di Dio, che è lo stesso Verbo incarnato, conserva nel suo cuore le parole di Gesù, le medita, le mette in pratica (Lc 2, 51).
Tutto il modo di agire di Maria, a sua volta, diventa irradiazione dello Spirito di Gesù, espressione della Sapienza Incarnata e dello Spirito di Sapienza, come appare in vari passi del Vangelo: nel dialogo con l'angelo Gabriele, nel comportamento con Elisabetta, nel canto del Magnificat, nel contegno con Giuseppe, alle nozze di Cana e soprattutto ai piedi del Crocifisso.
Questa singolare sapienza si manifesta in lei dopo la Pentecoste, rendendola guida del gruppo apostolico, che ricorre a lei per un retto comportamento nella vita e nell'apostolato.
La Chiesa pone sulle nostre labbra l'invocazione: «Sedes Sapientiae, ora pro nobis», perché Maria aiuti i credenti a crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù e come lei stessa, davanti a Dio e agli uomini.
3. Per opposizione la sapienza porta a una incompatibilità naturale con lo spirito del mondo, che è il riflesso dell'anticristo. Paolo mette in risalto 1'irriducibilità dei due spiriti: «La parola della croce è stoltezza per coloro che se ne vanno in perdizione; ma per noi, che siamo sulla via della salvezza, è forza di Dio, perché fu scritto: Manderò in rovina la sapienza dei saggi e renderò vana l'intelligenza degli intelligenti... Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, non avendo il mondo, con tutta la sua sapienza, conosciuto Dio nelle opere della sapienza divina, piacque a Dio salvare i credenti con la stoltezza della predicazione» ( 1 Cor 1, 18 s; cf. anche Gal 3, 1 s).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
24 maggio - Vergine Illuminata
Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con penetrazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illuminata dallo Spirito Santo.
1. Da «intus légere» (leggere dentro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle verità naturali, cogliendone (légere) i significati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.
Gesù rimprovera agli Apostoli: «Anche voi siete senza intelletto?», quando non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità delle sue parole senza penetrarne il significato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamente Gesù condanna l'intelligenza farisaica che rimane superficiale ed esibizionistica. L'asino e il bue hanno riconosciuto il loro padrone, ma il popolo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sapienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.
È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il discernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cattiveria di fondo.
La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a coloro che hanno il cuore puro: essi vedranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impronta nelle creature.
L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale della persona: satanismo, medianità, dissolutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.
Vizi contrari all'intelletto sono l'ottusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.
2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beatitudine dei puri di cuore. Essa è l'Immacolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.
Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».
Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o donna?») essa intravvede la condiscendenza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia anticipare una confidenza che avrà bisogno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giuseppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».
Per quanto acuta, l'intelligenza umana ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre conservava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2, 19).
3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.
Maria conduce a Gesù
«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).
Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con penetrazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illuminata dallo Spirito Santo.
1. Da «intus légere» (leggere dentro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle verità naturali, cogliendone (légere) i significati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.
Gesù rimprovera agli Apostoli: «Anche voi siete senza intelletto?», quando non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità delle sue parole senza penetrarne il significato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamente Gesù condanna l'intelligenza farisaica che rimane superficiale ed esibizionistica. L'asino e il bue hanno riconosciuto il loro padrone, ma il popolo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sapienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.
È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il discernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cattiveria di fondo.
La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a coloro che hanno il cuore puro: essi vedranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impronta nelle creature.
L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale della persona: satanismo, medianità, dissolutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.
Vizi contrari all'intelletto sono l'ottusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.
2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beatitudine dei puri di cuore. Essa è l'Immacolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.
Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».
Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o donna?») essa intravvede la condiscendenza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia anticipare una confidenza che avrà bisogno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giuseppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».
Per quanto acuta, l'intelligenza umana ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre conservava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2, 19).
3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.
Maria conduce a Gesù
«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).
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Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con penetrazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illuminata dallo Spirito Santo.
1. Da «intus légere» (leggere dentro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle verità naturali, cogliendone (légere) i significati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.
Gesù rimprovera agli Apostoli: «Anche voi siete senza intelletto?», quando non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità delle sue parole senza penetrarne il significato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamente Gesù condanna l'intelligenza farisaica che rimane superficiale ed esibizionistica. L'asino e il bue hanno riconosciuto il loro padrone, ma il popolo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sapienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.
È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il discernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cattiveria di fondo.
La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a coloro che hanno il cuore puro: essi vedranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impronta nelle creature.
L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale della persona: satanismo, medianità, dissolutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.
Vizi contrari all'intelletto sono l'ottusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.
2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beatitudine dei puri di cuore. Essa è l'Immacolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.
Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».
Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o donna?») essa intravvede la condiscendenza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia anticipare una confidenza che avrà bisogno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giuseppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».
Per quanto acuta, l'intelligenza umana ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre conservava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2, 19).
3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.
Maria conduce a Gesù
«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).
Già fin dal dialogo con l'angelo Gabriele appare in Maria vergine il dono dell'intelletto. Essa non si esalta, riflette, interroga e risponde con penetrazione e misura. Al di là delle sue parole, sobrie e sapienti, si intravvede un'intelligenza superiore. Essa è illuminata dallo Spirito Santo.
1. Da «intus légere» (leggere dentro), il dono dell'intelletto è l'intuito per cui l'uomo spirituale penetra le profondità della fede e anche delle verità naturali, cogliendone (légere) i significati reconditi e ultimi alla luce dello Spirito Santo.
Gesù rimprovera agli Apostoli: «Anche voi siete senza intelletto?», quando non capiscono che l'uomo viene contaminato non da ciò che mangia, ma da ciò che esce dal cuore, oppure quando rimangono alla materialità delle sue parole senza penetrarne il significato (Mt 15, 16). E manda loro lo Spirito Santo perché capiscano le Scritture e li conduca verso la verità intera. Implicitamente o espressamente Gesù condanna l'intelligenza farisaica che rimane superficiale ed esibizionistica. L'asino e il bue hanno riconosciuto il loro padrone, ma il popolo non ha riconosciuto il suo Dio, e con tutta la loro intelligenza i sapienti non hanno ravvisato il Verbo di Dio.
È proprio dell'intelletto penetrare, intuire, analizzare, discernere sia nelle verità di fede che in quelle naturali. Atto particolare dell'intelletto è il discernimento spirituale per cui «l'uomo spirituale giudica ogni cosa» (1 Cor 2, 15) in ordine alla sua bontà o cattiveria di fondo.
La penetrazione lucida delle cose di fede è beatitudine promessa a coloro che hanno il cuore puro: essi vedranno Dio all'origine e al termine di ogni cosa, vedranno la sua impronta nelle creature.
L'intelletto è offuscato dal peccato (come accadde a Davide con Betsabea), soprattutto da certi vizi e passioni che sconvolgono l'equilibrio generale della persona: satanismo, medianità, dissolutezza, spiritismo, magia, adesione a gruppi atei, alcoolismo, droga, ecc.
Vizi contrari all'intelletto sono l'ottusità, la grossolanità di giudizio, la passionalità, ecc.
2. Appare evidente che Maria non è soggetta a simili squilibri mentali, e che il suo intelletto, così penetrante, fruisce più di ogni altro della beatitudine dei puri di cuore. Essa è l'Immacolata e la Vergine, è la Madre di Dio, è la Sposa dello Spirito Santo. Il dono dell'intelletto le compete per vari titoli in misura eccezionale, come appare dal suo comportamento.
Alle nozze di Cana essa intuisce l'imbarazzo d'una famiglia che rischia una brutta figura per l'esaurirsi del vino. D'altra parte, consapevole della divinità del Figlio, non vuole forzare la vicenda in modo indiscreto. Essa si limita a far presente la situazione: «Non hanno più vino».
Al di là della battuta evasiva di Gesù («E che c'entriamo noi, o donna?») essa intravvede la condiscendenza del Figlio e dice ai servi: «Fate quello che egli vi dirà». E Gesù compie il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino.
L'intelligenza di Maria si rivela nel suo contegno con Giuseppe in seguito all'annuncio dell'Angelo: essa è consapevole di quanto avviene nel proprio corpo e della sorpresa che ne avrà Giuseppe quando si accorgerà del suo essere incinta; non vuole tuttavia anticipare una confidenza che avrà bisogno di una garanzia pari all'ímportanza eccezionale dell'evento. Allora lascia alla Provvidenza la soluzione del caso, e l'Angelo interviene a rassicurare Giuseppe che «ciò che in lei è generato, è opera dello Spirito Santo».
Per quanto acuta, l'intelligenza umana ha bisogno di riflessione, di analisi, di attesa di conferme: «La madre conservava tutte queste cose in cuor suo» (Lc 2, 51) ; «Maria si teneva bene a mente tutte queste cose meditandole in cuor suo» (Lc 2, 19).
3. Il dono dell'intelletto rifulge in pienezza nella condizione gloriosa di Maria: la Regina del mondo esercita una supercomprensione materna sugli eventi della Chiesa, intervenendo con intelletto d'amore in aiuto di quanti ricorrono a lei.
Maria conduce a Gesù
«Nella Vergine Maria tutto è relativo a Cristo e tutto da lui dipende: in vista di lui, Dio Padre da tutta l'eternità la scelse Madre tutta santa e la ornò di doni dello Spirito a nessun altro concessi. Certamente la genuina pietà cristiana non ha mai mancato di mettere in luce l'indissolubile legame e l'essenziale riferimento della Vergine al divin Salvatore. Tuttavia, a Noi pare particolarmente conforme all'indirizzo spirituale della nostra epoca, dominata ed assorbita dalla "questione di Cristo", che nelle espressioni di culto alla Vergine abbia speciale risalto l'aspetto cristologico e si faccia in modo che esse rispecchino il piano di Dio, il quale prestabilì "con un solo e medesimo decreto l'origine di Maria e l'incarnazione della divina Sapienza". Ciò concorrerà a rendere più solidale pietà verso la Madre di Gesù e a farne uno strumento efficace per giungere alla "piena conoscenza del Figlio di Dio, fino a raggiungere la misura della piena statura di Cristo" (Ef 4, 13)» (Marialis Cultus 25).
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