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MAGGIO- MESE MARIANO
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
26 maggio - Madre del Buon Consiglio
Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.
1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.
Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spontanea connaturalità col bene, dall'intelletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima allo splendore meridiano di Dio. «Cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 12, 2).
Il dono del consiglio è indispensabile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tutto questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che consenta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.
Vizi contrari sono: la precipitazione che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adeguatamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azione, la lentezza inconcludente, la passione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.
2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quanto Maria, posta nella necessità di scelte che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole dell'Angelo, misura la portata della proposta angelica, vede le difficoltà, chiede spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della proposta angelica, può condurla a termine. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema riverenza al disegno dell'Altissimo.
Sempre condotta dal dono del consiglio, la «Vergine prudentissima» affronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'angoscioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.
Si tratta di azioni cariche di risonanza salvifica, in cui occorre armonizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smarrimento di Gesù nel tempio.
3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e corrispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre mettere in atto la propria riflessione orientando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.
La Vergine Illuminata, fatta Madre della Chiesa, è impegnata a dare ai figli che la invocano il dono del consiglio perché non incorrano in passi imprudenti (quanto sono facili e frequenti nella vita!), evitino implicanze disastrose, si destreggino nelle difficoltà spirituali e anche umane.
Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidiane: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dissiperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).
Un culto solido e vivo
«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.
I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).
«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.
Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!
Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splendore degli eletti.
E’ bene parlare delle sue prerogative, ma non bisogna limitarsi ad esse. Bisogna farla amare». S. Teresina del Bambin Gesù (23 agosto 1897)
minerva- Amministratori
-
Numero di messaggi : 2637
Età : 50
Località : butera
Data d'iscrizione : 01.12.08
Re: MAGGIO- MESE MARIANO
26 maggio - Madre del Buon Consiglio
Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.
1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.
Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spontanea connaturalità col bene, dall'intelletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima allo splendore meridiano di Dio. «Cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 12, 2).
Il dono del consiglio è indispensabile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tutto questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che consenta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.
Vizi contrari sono: la precipitazione che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adeguatamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azione, la lentezza inconcludente, la passione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.
2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quanto Maria, posta nella necessità di scelte che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole dell'Angelo, misura la portata della proposta angelica, vede le difficoltà, chiede spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della proposta angelica, può condurla a termine. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema riverenza al disegno dell'Altissimo.
Sempre condotta dal dono del consiglio, la «Vergine prudentissima» affronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'angoscioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.
Si tratta di azioni cariche di risonanza salvifica, in cui occorre armonizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smarrimento di Gesù nel tempio.
3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e corrispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre mettere in atto la propria riflessione orientando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.
La Vergine Illuminata, fatta Madre della Chiesa, è impegnata a dare ai figli che la invocano il dono del consiglio perché non incorrano in passi imprudenti (quanto sono facili e frequenti nella vita!), evitino implicanze disastrose, si destreggino nelle difficoltà spirituali e anche umane.
Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidiane: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dissiperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).
Un culto solido e vivo
«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.
I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).
«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.
Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!
Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splendore degli eletti.
E’ bene parlare delle sue prerogative, ma non bisogna limitarsi ad esse. Bisogna farla amare». S. Teresina del Bambin Gesù (23 agosto 1897)
Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.
1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.
Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spontanea connaturalità col bene, dall'intelletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima allo splendore meridiano di Dio. «Cammina alla mia presenza e sarai perfetto» (Gn 12, 2).
Il dono del consiglio è indispensabile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tutto questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che consenta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.
Vizi contrari sono: la precipitazione che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adeguatamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azione, la lentezza inconcludente, la passione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.
2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quanto Maria, posta nella necessità di scelte che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole dell'Angelo, misura la portata della proposta angelica, vede le difficoltà, chiede spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me secondo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della proposta angelica, può condurla a termine. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema riverenza al disegno dell'Altissimo.
Sempre condotta dal dono del consiglio, la «Vergine prudentissima» affronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'angoscioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.
Si tratta di azioni cariche di risonanza salvifica, in cui occorre armonizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smarrimento di Gesù nel tempio.
3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e corrispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre mettere in atto la propria riflessione orientando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.
La Vergine Illuminata, fatta Madre della Chiesa, è impegnata a dare ai figli che la invocano il dono del consiglio perché non incorrano in passi imprudenti (quanto sono facili e frequenti nella vita!), evitino implicanze disastrose, si destreggino nelle difficoltà spirituali e anche umane.
Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidiane: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dissiperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).
Un culto solido e vivo
«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.
I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).
«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.
Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!
Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splendore degli eletti.
E’ bene parlare delle sue prerogative, ma non bisogna limitarsi ad esse. Bisogna farla amare». S. Teresina del Bambin Gesù (23 agosto 1897)
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
27 maggio - Torre di Davide
1. Il dono della fortezza spicca in Maria soprattutto ai piedi della croce. «Stabat mater eius», dice il Vangelo di Giovanni: la Madre di Gesù stava in piedi presso il Figlio crocifisso. Che cosa comportasse quello «stare in piedi» non è facile intuirlo in profondità. La Madre, che nei momenti di esaltazione di Gesù se ne stava a distanza per istinto di discrezione, nel momento del dolore (e quale dolore!) del Figlio si fa largo tra la folla, sfida la rabbia degli avversari e dei soldati e si fa partecipe di tutta l'abiezione di Gesù: non sente gli insulti e le sferzate su di sé, ma su di lui, è tutta incentrata nel suo Amore. E lì rimane fissa e attonita, fuori di sé per il dolore e per l'amore: chi potrà mai misurare lo strazio di una Madre così legata al Figlio, così sensibile, di fronte alla sua creatura tanto nobile e bella, eppure così straziata, di lei Immacolata di fronte al Figlio stesso di Dio? «Una spada ti trafiggerà l'anima», le aveva profetizzato Simeone, ma chi avrebbe preveduto fino a tal punto?
Mite e forte, Maria affronta in pieno la bufera condividendo i sentimenti intimi di Gesù che agonizza, ma senza essere minimamente scalfito nel suo essere Verità e Amore! Accanto a lei c'è Giovanni, ci sono le pie donne, ma lei è sola nel suo spasimo abissale di Madre.
«Chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», dice la Scrittura (1 Cor 6, 17). È il segreto della fortezza di Maria in ogni situazione.
2. La Fortezza, l'ardimento è l'anima segreta del Vangelo: permea la fede, la speranza, l'amore, tutte le virtù. «Il regno dei cieli patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12), alla scuola di Cristo, il Forte trionfatore delle potenze del male. Alla scuola di Maria.
L'uomo è essenzialmente fragile, inconsistente, mutevole per la sua origine dal nulla; ma «chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», che è la «Roccia», il «Forte», il «Fedele», 1'«Irremovibile », 1'«Eterno», «Colui che È». Egli fonda il firmamento e il creato; cieli e terra passeranno, ma la sua Parola rimane in eterno: «Il Signore ha giurato».
Corroborato dalla sua Parola, il profeta resiste con faccia di bronzo ai suoi oppositori (Ez 3, , e il disegno di Dio giunge a compimento sfidando i millenni
La fortezza si alimenta soprattutto nell'amore: «L'amore è forte come la morte; tenace quanto l'inferno è l'affezione». Gesù esige l'amore da Pietro prima di lanciarlo verso la sua futura missione: «Mi ami tu più di costoro?».
La fortezza assume il volto di irremovibilità nei propositi, di fronte alle contraddizioni, alle prove di ogni genere. In modo discreto e abituale si manifesta nella libertà di spirito, nella coerenza del carattere a tutta prova di fronte a chicchessia, per cui l'uomo forte non si lascia condizionare dagli umori dell'ambiente e delle persone: «Chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? ...».
Si manifesta nella magnanimità delle opere di zelo per il Signore «L'amore di Cristo ci sprona» (2 Cor 5, 14). I santi hanno fatto miracoli di carità in ogni impresa benefica.
Ha la sua espressione più sublime nel patire grandi cose per Cristo, fino al martirio: «Non temete di fronte a chi può uccidere il corpo... Beati voi quando vi ingiurieranno per il mio nome... Ciò che udite nel segreto predicatelo dai tetti... Chi mi testimonierà di fronte agli uomini, anch'io testimonierò per lui... Non preoccupatevi della vostra difesa...». È la beatitudine di Maria, Regina dei Martiri.
Vizi contrari sono: la viltà, la timidezza, il disimpegno; oppure, per eccesso, la durezza, la caparbietà, la violenza, ecc.
Dalla costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» (4 dicembre 1963)
La Chiesa «in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della Redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere» (SC 103).
Dalla esortazione apostolica di Paolo VI «Marialis Cultus» (2 febbraio 1974)
«La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad innalzare "gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti".
Si tratta di virtù solide, evangeliche:
la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio «cf Lc 1, 26-38; 1, 45; 11, 27-28; Gv 2, 5);
l'obbedienza generosa (cf Lc 1, 48); la carità sollecita (cf Lc 1, 39-56);
la sapienza riflessiva (cf Lc 1, 29-34; 2, 19, 33, 51);
la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cf Le 2, 21, 22-40, 41), riconoscente dei doni ricevuti (cf Lc 1, 46-49), offerente nel tempio (cf Lc 2, 22-24), orante nella comunità apostolica (cf At 1, 12-14);
la fortezza nell'esilio (cf Mt 2, 13-23), nel dolore (cf Lc 2, 34-35, 49; Gv 19, 25);
la povertà dignitosa e fidente in Dio (cf Lc 1, 48; 2, 24);
la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino alla ignominia della croce (cf Lc 2, 1-7; Gv 19, 25-27);
la delicatezza previdente (cf Gv 2, 1-11);
la purezza verginale (cf Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38); il forte e casto amore sponsale.
Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita.
Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine» (M
1. Il dono della fortezza spicca in Maria soprattutto ai piedi della croce. «Stabat mater eius», dice il Vangelo di Giovanni: la Madre di Gesù stava in piedi presso il Figlio crocifisso. Che cosa comportasse quello «stare in piedi» non è facile intuirlo in profondità. La Madre, che nei momenti di esaltazione di Gesù se ne stava a distanza per istinto di discrezione, nel momento del dolore (e quale dolore!) del Figlio si fa largo tra la folla, sfida la rabbia degli avversari e dei soldati e si fa partecipe di tutta l'abiezione di Gesù: non sente gli insulti e le sferzate su di sé, ma su di lui, è tutta incentrata nel suo Amore. E lì rimane fissa e attonita, fuori di sé per il dolore e per l'amore: chi potrà mai misurare lo strazio di una Madre così legata al Figlio, così sensibile, di fronte alla sua creatura tanto nobile e bella, eppure così straziata, di lei Immacolata di fronte al Figlio stesso di Dio? «Una spada ti trafiggerà l'anima», le aveva profetizzato Simeone, ma chi avrebbe preveduto fino a tal punto?
Mite e forte, Maria affronta in pieno la bufera condividendo i sentimenti intimi di Gesù che agonizza, ma senza essere minimamente scalfito nel suo essere Verità e Amore! Accanto a lei c'è Giovanni, ci sono le pie donne, ma lei è sola nel suo spasimo abissale di Madre.
«Chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», dice la Scrittura (1 Cor 6, 17). È il segreto della fortezza di Maria in ogni situazione.
2. La Fortezza, l'ardimento è l'anima segreta del Vangelo: permea la fede, la speranza, l'amore, tutte le virtù. «Il regno dei cieli patisce violenza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12), alla scuola di Cristo, il Forte trionfatore delle potenze del male. Alla scuola di Maria.
L'uomo è essenzialmente fragile, inconsistente, mutevole per la sua origine dal nulla; ma «chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», che è la «Roccia», il «Forte», il «Fedele», 1'«Irremovibile », 1'«Eterno», «Colui che È». Egli fonda il firmamento e il creato; cieli e terra passeranno, ma la sua Parola rimane in eterno: «Il Signore ha giurato».
Corroborato dalla sua Parola, il profeta resiste con faccia di bronzo ai suoi oppositori (Ez 3, , e il disegno di Dio giunge a compimento sfidando i millenni
La fortezza si alimenta soprattutto nell'amore: «L'amore è forte come la morte; tenace quanto l'inferno è l'affezione». Gesù esige l'amore da Pietro prima di lanciarlo verso la sua futura missione: «Mi ami tu più di costoro?».
La fortezza assume il volto di irremovibilità nei propositi, di fronte alle contraddizioni, alle prove di ogni genere. In modo discreto e abituale si manifesta nella libertà di spirito, nella coerenza del carattere a tutta prova di fronte a chicchessia, per cui l'uomo forte non si lascia condizionare dagli umori dell'ambiente e delle persone: «Chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? ...».
Si manifesta nella magnanimità delle opere di zelo per il Signore «L'amore di Cristo ci sprona» (2 Cor 5, 14). I santi hanno fatto miracoli di carità in ogni impresa benefica.
Ha la sua espressione più sublime nel patire grandi cose per Cristo, fino al martirio: «Non temete di fronte a chi può uccidere il corpo... Beati voi quando vi ingiurieranno per il mio nome... Ciò che udite nel segreto predicatelo dai tetti... Chi mi testimonierà di fronte agli uomini, anch'io testimonierò per lui... Non preoccupatevi della vostra difesa...». È la beatitudine di Maria, Regina dei Martiri.
Vizi contrari sono: la viltà, la timidezza, il disimpegno; oppure, per eccesso, la durezza, la caparbietà, la violenza, ecc.
Dalla costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» (4 dicembre 1963)
La Chiesa «in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della Redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere» (SC 103).
Dalla esortazione apostolica di Paolo VI «Marialis Cultus» (2 febbraio 1974)
«La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad innalzare "gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti".
Si tratta di virtù solide, evangeliche:
la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio «cf Lc 1, 26-38; 1, 45; 11, 27-28; Gv 2, 5);
l'obbedienza generosa (cf Lc 1, 48); la carità sollecita (cf Lc 1, 39-56);
la sapienza riflessiva (cf Lc 1, 29-34; 2, 19, 33, 51);
la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cf Le 2, 21, 22-40, 41), riconoscente dei doni ricevuti (cf Lc 1, 46-49), offerente nel tempio (cf Lc 2, 22-24), orante nella comunità apostolica (cf At 1, 12-14);
la fortezza nell'esilio (cf Mt 2, 13-23), nel dolore (cf Lc 2, 34-35, 49; Gv 19, 25);
la povertà dignitosa e fidente in Dio (cf Lc 1, 48; 2, 24);
la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino alla ignominia della croce (cf Lc 2, 1-7; Gv 19, 25-27);
la delicatezza previdente (cf Gv 2, 1-11);
la purezza verginale (cf Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38); il forte e casto amore sponsale.
Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita.
Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine» (M
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
28 maggio - Madre della vera Pietà
1. Possiamo figurarci Maria che prega.
Il suo contegno si ispira a riverenza affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissimo: tutti nomi che evidenziano la trascendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.
Anche la figura del Messia, che dopo l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...
La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione dello Spirito Santo.
2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affezionato e rispettoso verso i propri genitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il prossimo, specialmente i più cari e vicini.
La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi languido, leggero, insipido; l'amore impedisce alla riverenza di ripiegarsi in timore eccessivo, chiusura, disperazione.
Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).
Vizi contrari alla pietà sono l'empietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizione, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).
3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esauditi.
A volte non meritiamo affatto certe grazie, perché Dio ce le voleva concedere, ma noi ci siamo ostinati a respingerle con peccati contrari: la Madre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.
Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a nostro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).
Altre volte i nostri peccati ci mettono in opposizione con quanto chiediamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con imprudenza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.
Possiamo anche presumere di ottenere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;
quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).
Spesso sbagliamo nel modo di pregare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza sufficiente fiducia: Maria interviene a illuminarci, a correggerci.
Infine la nostra preghiera può essere languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.
Maria e l'Ecumenismo
«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.
E questo per vari motivi.
Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).
1. Possiamo figurarci Maria che prega.
Il suo contegno si ispira a riverenza affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissimo: tutti nomi che evidenziano la trascendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.
Anche la figura del Messia, che dopo l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...
La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione dello Spirito Santo.
2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affezionato e rispettoso verso i propri genitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il prossimo, specialmente i più cari e vicini.
La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi languido, leggero, insipido; l'amore impedisce alla riverenza di ripiegarsi in timore eccessivo, chiusura, disperazione.
Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).
Vizi contrari alla pietà sono l'empietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizione, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).
3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esauditi.
A volte non meritiamo affatto certe grazie, perché Dio ce le voleva concedere, ma noi ci siamo ostinati a respingerle con peccati contrari: la Madre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.
Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a nostro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).
Altre volte i nostri peccati ci mettono in opposizione con quanto chiediamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con imprudenza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.
Possiamo anche presumere di ottenere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;
quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).
Spesso sbagliamo nel modo di pregare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza sufficiente fiducia: Maria interviene a illuminarci, a correggerci.
Infine la nostra preghiera può essere languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.
Maria e l'Ecumenismo
«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.
E questo per vari motivi.
Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
28 maggio - Madre della vera Pietà
1. Possiamo figurarci Maria che prega.
Il suo contegno si ispira a riverenza affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissimo: tutti nomi che evidenziano la trascendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.
Anche la figura del Messia, che dopo l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...
La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione dello Spirito Santo.
2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affezionato e rispettoso verso i propri genitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il prossimo, specialmente i più cari e vicini.
La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi languido, leggero, insipido; l'amore impedisce alla riverenza di ripiegarsi in timore eccessivo, chiusura, disperazione.
Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).
Vizi contrari alla pietà sono l'empietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizione, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).
3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esauditi.
A volte non meritiamo affatto certe grazie, perché Dio ce le voleva concedere, ma noi ci siamo ostinati a respingerle con peccati contrari: la Madre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.
Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a nostro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).
Altre volte i nostri peccati ci mettono in opposizione con quanto chiediamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con imprudenza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.
Possiamo anche presumere di ottenere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;
quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).
Spesso sbagliamo nel modo di pregare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza sufficiente fiducia: Maria interviene a illuminarci, a correggerci.
Infine la nostra preghiera può essere languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.
Maria e l'Ecumenismo
«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.
E questo per vari motivi.
Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).
1. Possiamo figurarci Maria che prega.
Il suo contegno si ispira a riverenza affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissimo: tutti nomi che evidenziano la trascendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.
Anche la figura del Messia, che dopo l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...
La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione dello Spirito Santo.
2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affezionato e rispettoso verso i propri genitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il prossimo, specialmente i più cari e vicini.
La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi languido, leggero, insipido; l'amore impedisce alla riverenza di ripiegarsi in timore eccessivo, chiusura, disperazione.
Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).
Vizi contrari alla pietà sono l'empietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizione, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).
3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esauditi.
A volte non meritiamo affatto certe grazie, perché Dio ce le voleva concedere, ma noi ci siamo ostinati a respingerle con peccati contrari: la Madre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.
Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a nostro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).
Altre volte i nostri peccati ci mettono in opposizione con quanto chiediamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con imprudenza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.
Possiamo anche presumere di ottenere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;
quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).
Spesso sbagliamo nel modo di pregare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza sufficiente fiducia: Maria interviene a illuminarci, a correggerci.
Infine la nostra preghiera può essere languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.
Maria e l'Ecumenismo
«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).
«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoccupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricomposizione dell'unità dei cristiani.
La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.
E questo per vari motivi.
Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese ortodosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggiormente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
29 maggio - Madre del santo timore
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
29 maggio - Madre del santo timore
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
29 maggio - Madre del santo timore
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amore, ora sul timore, secondo l'opportunità; l'uno non regge bene senza l'altro.
Il timore è la disposizione di rispetto davanti a Dio alimentata dalla percezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:
- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti dell'abisso: Dio e noi;
- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;
- pentimento e confusione per ogni caduta;
- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;
- consapevolezza dei giusti castighi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il timore dell'inferno» (Esercizi, 65).
Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigidimento, ecc. che portano alla ribellione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disimpegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffidenza, disperazione, ecc.
2. Dato che «l'amore perfetto elimina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timore di Dio?
Certo! Ma c'è timore e timore. Maria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli eletti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi castighi, ma al tempo stesso sono dolcemente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.
Il timore di Dio si esprime particolarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, matura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!
3. La prudenza non è meno necessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che inviluppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui condizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: significa misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di implicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo conosce.
Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispirazioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
30 maggio - Madre dell'Amore
L'amore è il «carisma migliore» donatoci dallo Spirito Santo. Esso ci configura con Dio stesso; è la manifestazione della vita divina in noi; è la sintesi di tutti i comandamenti, la linfa segreta di tutte le virtù cristiane.
Amore è Dio stesso, è lo Spirito Santo che fa col Padre e col Figlio una cosa sola, è Gesù incarnato nel grembo di Maria. Se Maria è pienamente configurata con il Figlio, nessuno quanto lei è animato «dagli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), che sono soprattutto sentimenti di amore.
1. Amore verso Dio, innanzi tutto. Chi può penetrare nel Cuore Immacolato della Madre di Dio per misurare in lei il dono della divina carità? Il suo essere, così immacolato e così illuminato, gravita verso Dio, bene infinito, con una forza che è data a lei sola. La sua verginità non è tanto una rinuncia virtuosa quanto piuttosto una esigenza esistenziale: la divina Presenza assume in essa tale portata, da farle respingere per istinto qualsiasi competizione umana: che cos'è l'uomo di fronte a un Dio che in lei si rivela così fascinoso, potente, soavissimo, bontà inesauribile?
Il dono insondabile della Divina Maternità inabíssa nel vortice dell'amore la sua stessa fisicità: «virginitatem non minuit, sed sacravit». Maria ama Dio con tutto il suo immacolato istinto materno, la sua sensibilità forte e affinata. Il Figlio le si rivela in tutta la sua perfezione umana, in tutta la sua amabilità. Si intuisce allora quale martirio dovette sostenere nel vedere crocifisso il suo Amore!
2. Questa potenza di amore in Maria si riversa anche verso il prossimo, soprattutto quando essa è dal suo Figlio eletta quale Madre della Chiesa: «Ecco tua Madre!» (Gv 19, 27). Da allora essa appare come espressione vivente - possiamo dire - della «maternità di Dio»: incarna la Misericordia, la tenerezza, la Provvidenza salvifica, la Bontà affettuosa di Dio stesso.
L'amore è al tempo stesso uno e trivalente: abbraccia Dio, il prossimo e noi stessi. Paolo e Giovanni parlano della caritas senza differenziarne l'oggetto: non può non amare il prossimo che vede, colui che ama Dio che non vede, e chi ama è passato dalla morte alla vita, cioè ha redento anche se stesso.
Così anche in Maria: l'amore per Dio la porta a chinarsi sul prossimo, nel quale essa vede il riflesso del Figlio suo, una estensione dell'Incarnazione del Verbo, un membro del Corpo Mistico.
3. Nell'amore noi distinguiamo la forza e la finezza.
La forza dell'amore in Maria si rivela soprattutto ai piedi del Figlio crocifisso: il suo amore «è forte come la morte» sia nei confronti di Gesù, che essa contempla con l'animo trafitto da una lacerazione inaudita, sia nei confronti di noi tutti, per i quali essa condivide i sentimenti di Cristo pregando per tutti coloro che «non sanno quello che fanno».
La finezza dell'amore di Maria si rivela nell'intelligenza supercomprensiva con cui provvede alle nostre necessità.
4. L'amore è la linfa di tutte le virtù, che sono in esso contenute come
i colori dell'iride nella luce bianca: esso si colora di pazienza, di benignità, di mitezza, di amabilità, di generosità; «non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio tornaconto, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4 s).
Senza la linfa dell'amore anche le virtù più eroiche diventano vizi: «Se distribuissi ai poveri tutti i miei averi e dessi il mio corpo a farsi bruciare ma non ho la carità, tutto ciò non mi serve a niente» (1 Cor 13, 3): potrebbero essere imprudenza, esibizionismo, tracotanza...
Tutte le virtù di Maria si incentrano nella sintesi teologale della caritas: Maria è la Madre dell'Amore!
Dall'atto di affidamento all'Immacolata Madre di Dio, pronunciato dal S. Padre Giovanni Paolo II (25 marzo 1984)
«O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze.
Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo.
Accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore, ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che quest'abbraccio più aspettano e insieme i popoli il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare.
Prendi sotto la Tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo.
S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza».
L'amore è il «carisma migliore» donatoci dallo Spirito Santo. Esso ci configura con Dio stesso; è la manifestazione della vita divina in noi; è la sintesi di tutti i comandamenti, la linfa segreta di tutte le virtù cristiane.
Amore è Dio stesso, è lo Spirito Santo che fa col Padre e col Figlio una cosa sola, è Gesù incarnato nel grembo di Maria. Se Maria è pienamente configurata con il Figlio, nessuno quanto lei è animato «dagli stessi sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), che sono soprattutto sentimenti di amore.
1. Amore verso Dio, innanzi tutto. Chi può penetrare nel Cuore Immacolato della Madre di Dio per misurare in lei il dono della divina carità? Il suo essere, così immacolato e così illuminato, gravita verso Dio, bene infinito, con una forza che è data a lei sola. La sua verginità non è tanto una rinuncia virtuosa quanto piuttosto una esigenza esistenziale: la divina Presenza assume in essa tale portata, da farle respingere per istinto qualsiasi competizione umana: che cos'è l'uomo di fronte a un Dio che in lei si rivela così fascinoso, potente, soavissimo, bontà inesauribile?
Il dono insondabile della Divina Maternità inabíssa nel vortice dell'amore la sua stessa fisicità: «virginitatem non minuit, sed sacravit». Maria ama Dio con tutto il suo immacolato istinto materno, la sua sensibilità forte e affinata. Il Figlio le si rivela in tutta la sua perfezione umana, in tutta la sua amabilità. Si intuisce allora quale martirio dovette sostenere nel vedere crocifisso il suo Amore!
2. Questa potenza di amore in Maria si riversa anche verso il prossimo, soprattutto quando essa è dal suo Figlio eletta quale Madre della Chiesa: «Ecco tua Madre!» (Gv 19, 27). Da allora essa appare come espressione vivente - possiamo dire - della «maternità di Dio»: incarna la Misericordia, la tenerezza, la Provvidenza salvifica, la Bontà affettuosa di Dio stesso.
L'amore è al tempo stesso uno e trivalente: abbraccia Dio, il prossimo e noi stessi. Paolo e Giovanni parlano della caritas senza differenziarne l'oggetto: non può non amare il prossimo che vede, colui che ama Dio che non vede, e chi ama è passato dalla morte alla vita, cioè ha redento anche se stesso.
Così anche in Maria: l'amore per Dio la porta a chinarsi sul prossimo, nel quale essa vede il riflesso del Figlio suo, una estensione dell'Incarnazione del Verbo, un membro del Corpo Mistico.
3. Nell'amore noi distinguiamo la forza e la finezza.
La forza dell'amore in Maria si rivela soprattutto ai piedi del Figlio crocifisso: il suo amore «è forte come la morte» sia nei confronti di Gesù, che essa contempla con l'animo trafitto da una lacerazione inaudita, sia nei confronti di noi tutti, per i quali essa condivide i sentimenti di Cristo pregando per tutti coloro che «non sanno quello che fanno».
La finezza dell'amore di Maria si rivela nell'intelligenza supercomprensiva con cui provvede alle nostre necessità.
4. L'amore è la linfa di tutte le virtù, che sono in esso contenute come
i colori dell'iride nella luce bianca: esso si colora di pazienza, di benignità, di mitezza, di amabilità, di generosità; «non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio tornaconto, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1 Cor 13, 4 s).
Senza la linfa dell'amore anche le virtù più eroiche diventano vizi: «Se distribuissi ai poveri tutti i miei averi e dessi il mio corpo a farsi bruciare ma non ho la carità, tutto ciò non mi serve a niente» (1 Cor 13, 3): potrebbero essere imprudenza, esibizionismo, tracotanza...
Tutte le virtù di Maria si incentrano nella sintesi teologale della caritas: Maria è la Madre dell'Amore!
Dall'atto di affidamento all'Immacolata Madre di Dio, pronunciato dal S. Padre Giovanni Paolo II (25 marzo 1984)
«O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze.
Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo.
Accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore, ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che quest'abbraccio più aspettano e insieme i popoli il cui affidamento Tu pure attendi in modo particolare.
Prendi sotto la Tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo.
S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza».
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
31 maggio - Regina del Cielo e della Terra
l. Maria è onorata e invocata come Regina: Regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Vergini, di tutti i Santi, della Chiesa. Si tratta del fiore della creazione, che nella gloria del Paradiso riverbera gli splendori della divina Trinità e dell'Umanità di Cristo, il gran Re dell'universo.
Il Paradiso è il luogo della nobiltà, della bellezza, dell'amore: trasverberati alla luce divina, gli spiriti celesti sono confermati nella grazia di Dio, al punto che il peccato anche veniale non ha più presa su di loro. Sono esseri di luce che sprigionano dall'intimo l'amore perfetto. Non ci sono più motivi di screzio o di fragilità nel Paradiso, non ci sono gelosie: la compagnia degli abitatori del Cielo è deliziosissima, sia per la bellezza dei loro volti, sia per la nobiltà finissima dei loro sentimenti. Il Paradiso è il luogo della Verità e dell'Amore, che costituisce l'atmosfera in cui vivono gli spiriti e i corpi glorificati.
Orbene, in questo mondo luminoso Maria è la Regina. È colei che dà il tono, che affascina più di ogni altra creatura, che diffonde nobiltà e amabilità e bellezza al di sopra degli stessi Angeli.
2. Essa è Regina per lo splendore della grazia che si sprigiona dal suo essere Madre di Dio. Dio la riveste della sua luce al di sopra di ogni altra creatura.
- Essa è Regina per il suo cuore regale. Regine si nasce, non si diventa. La nobiltà regale si alimenta di una tradizione di abitudini aristocratiche, affinate dall'esercizio del governo. Ci furono epoche in cui la santità della
Chiesa si esprimeva nella regalità: Luigi IX re di Francia, Edoardo, Enrico, Stefano, Ferdinando, Elisabetta, Elena, Luisa, Clotilde e tanti altri re e regine e principesse risplendono nella Chiesa per la loro dedizione eroica al benessere delle popolazioni loro affidate. Questa finezza regale nei confronti dei sudditi risplende soprattutto in Maria. Essa portava nel sangue le abitudini aristocratiche della stirpe di Davide, di cui era lontana discendente; ma la nobiltà regale le veniva soprattutto dalla sua origine immacolata e dalla dotazione di grazia congiunta con la vocazione di Madre di Dio. La regalità del cuore condensava in sé il cumulo delle attitudini e dei doni del suo essere Madre del Re del Cielo e della Terra.
- Essa è Regina per l'esercizio incessante delle attitudini regali nei confronti dei suoi figli. Come Regina della Chiesa, essa si fa presente nei momenti più travagliosi a dare forza e sicurezza: si pensi ai numerosi interventi di Maria in quest'epoca di profonde rivoluzioni (Lourdes, Fatima, ecc.). E si fa presente ai singoli suoi figli che a lei si rivolgono con fiducia per ottenere ogni genere di grazie.
- La sua Regalità infine si manifesta nella particolare impronta di finezza spirituale, di signorilità del cuore che caratterizza i suoi veri devoti. Insieme con Gesù, Maria è la forza elevante di questa umanità che geme sotto il peso del peccato: il suo passaggio risveglia e rianima gli impulsi spirituali che spingono l'uomo a realizzare l'originaria vocazione di esseri creati a «immagine e somiglianza di Dio».
l. Maria è onorata e invocata come Regina: Regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Vergini, di tutti i Santi, della Chiesa. Si tratta del fiore della creazione, che nella gloria del Paradiso riverbera gli splendori della divina Trinità e dell'Umanità di Cristo, il gran Re dell'universo.
Il Paradiso è il luogo della nobiltà, della bellezza, dell'amore: trasverberati alla luce divina, gli spiriti celesti sono confermati nella grazia di Dio, al punto che il peccato anche veniale non ha più presa su di loro. Sono esseri di luce che sprigionano dall'intimo l'amore perfetto. Non ci sono più motivi di screzio o di fragilità nel Paradiso, non ci sono gelosie: la compagnia degli abitatori del Cielo è deliziosissima, sia per la bellezza dei loro volti, sia per la nobiltà finissima dei loro sentimenti. Il Paradiso è il luogo della Verità e dell'Amore, che costituisce l'atmosfera in cui vivono gli spiriti e i corpi glorificati.
Orbene, in questo mondo luminoso Maria è la Regina. È colei che dà il tono, che affascina più di ogni altra creatura, che diffonde nobiltà e amabilità e bellezza al di sopra degli stessi Angeli.
2. Essa è Regina per lo splendore della grazia che si sprigiona dal suo essere Madre di Dio. Dio la riveste della sua luce al di sopra di ogni altra creatura.
- Essa è Regina per il suo cuore regale. Regine si nasce, non si diventa. La nobiltà regale si alimenta di una tradizione di abitudini aristocratiche, affinate dall'esercizio del governo. Ci furono epoche in cui la santità della
Chiesa si esprimeva nella regalità: Luigi IX re di Francia, Edoardo, Enrico, Stefano, Ferdinando, Elisabetta, Elena, Luisa, Clotilde e tanti altri re e regine e principesse risplendono nella Chiesa per la loro dedizione eroica al benessere delle popolazioni loro affidate. Questa finezza regale nei confronti dei sudditi risplende soprattutto in Maria. Essa portava nel sangue le abitudini aristocratiche della stirpe di Davide, di cui era lontana discendente; ma la nobiltà regale le veniva soprattutto dalla sua origine immacolata e dalla dotazione di grazia congiunta con la vocazione di Madre di Dio. La regalità del cuore condensava in sé il cumulo delle attitudini e dei doni del suo essere Madre del Re del Cielo e della Terra.
- Essa è Regina per l'esercizio incessante delle attitudini regali nei confronti dei suoi figli. Come Regina della Chiesa, essa si fa presente nei momenti più travagliosi a dare forza e sicurezza: si pensi ai numerosi interventi di Maria in quest'epoca di profonde rivoluzioni (Lourdes, Fatima, ecc.). E si fa presente ai singoli suoi figli che a lei si rivolgono con fiducia per ottenere ogni genere di grazie.
- La sua Regalità infine si manifesta nella particolare impronta di finezza spirituale, di signorilità del cuore che caratterizza i suoi veri devoti. Insieme con Gesù, Maria è la forza elevante di questa umanità che geme sotto il peso del peccato: il suo passaggio risveglia e rianima gli impulsi spirituali che spingono l'uomo a realizzare l'originaria vocazione di esseri creati a «immagine e somiglianza di Dio».
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
Che senso ha consacrarsi a Maria nell'ambito della nostra fede? Come rientra questa consacrazione nell'equilibrio dei nostri rapporti con Dio? È un fatto marginale, se non addirittura un ingombro, oppure è un gesto che ci immerge più a fondo nel mistero di Cristo, e quindi rientra in qualche modo nelle esigenze stesse della fede?
La risposta a questi interrogativi è legata alla posizione di Maria nell'ambito della fede.
Maria nella nostra fede
Il fatto fondamentale della nostra fede è l'Incarnazione del Figlio di Dio. Nessuna religione al mondo professa qualcosa di simile, Dio che si fa uomo. E anche per noi l'Incarnazione resterà sempre il mistero più sconvolgente della fede, di fronte al quale la ragione umana troverà necessariamente delle difficoltà nella misura che riesce a intuire la grandezza di Dio. Soltanto il pensiero che «Dio è Amore» (1 Gv 4, può disporci a credere nell'Incarnazione di Dio.
Questo avvenimento centrale della storia non può rimanere un episodio staccato dagli avvenimenti umani: se il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sua venuta tra noi permea da capo a fondo tutto il tessuto della storia, ed è destinata a polarizzare tutto verso di sé, a tutto riempire di sé, a tutto consacrare: «Quanto ha assunto - dicevano gli antichi Padri - ha consacrato». Il Verbo fatto carne si insedia nel reale come punto di partenza e di arrivo e come centro di superanimazione del cosmo, fino ai più remoti frammenti individuali. Nella venuta del Cristo tutto è almeno virtualmente cristificato: ogni uomo è chiamato per divina elezione a «configurarsi con la immagine del Figlio» (Rom 8, 29), a diventare suo corpo, sua pienezza (Ef 1, 22), a impregnarsi del suo Spirito (Fp 2, 5, ecc.), a diventare ambiente sacro dell'Incarnazione (Ef 3, 17).
Orbene, il fatto cosmico dell'Incarnazione, che tende a ripercuotersi in ogni persona umana, ha avuto il primo centro di incidenza in Maria: il Figlio Dio si è fatto uomo nel grembo di lei. L'Incarnazione del Figlio di Dio è mediata dalla maternità di Maria.
Che estensione ha questa mediazione materna di Maria? È soltanto un fatto fisiologico, cioè Maria ha avuto unicamente la funzione di offrire una esistenza umana, un corpo al Figlio di Dio, oppure Maria è coinvolta nel mistero dell'Incarnazione in modo più ampio e profondo?
A differenza di quegli eretici che in tutti i tempi hanno negato la divina maternità o hanno avuto la tendenza a ridurla al puro dato biologico, la Chiesa, nella sua riflessione bimillenaria sulla Rivelazione, ha intuito la mediazione materna di Maria nel modo più esteso e comprensivo. Essa ha visto la Madre di Dio compartecipe nel modo più ampio possibile dei significati e dei fini dell'Incarnazione. Maria insomma è la mediatrice del Cristo in senso pieno: tutto il Cristo, e non solo la sua realtà biologica, ci viene mediato da Maria. Ossia: Maria è la Madre non solo del Cristo storico, ma anche del Cristo mistico, è la Madre di Gesù e della sua Chiesa.
L'Incarnazione del Verbo in Maria comporta la convergenza di tutto il tessuto storico verso il suo centro animatore, che è il Cristo, tramite Maria, fatta, per elezione divina, mediatrice dell'unità cristificata.
I due versanti della mediazione di Maria
In questa mediazione materna possiamo considerare i due versanti: quello che unisce Maria a Dio, e quello che la congiunge con noi.
In rapporto a Dio, Maria è la prima assunta, la prima cristificata: colei che, essendo stata eletta Madre del Cristo, più di ogni altra creatura è stata configurata col Figlio e ricolma dello Spirito di lui. In questa prospettiva trovano la loro logica le grandi affermazioni della Chiesa:
- perché Madre del Cristo in senso pieno, Maria fu concepita Immacolata, cioè senza macchia di peccato d'origine, e tale fu conservata per singolare provvidenza in tutta la sua vita: non conveniva infatti che la Madre di Dio fosse contaminata dal nemico di Dio e a lui soggetta anche per un solo istante;
- la divina maternità esigeva come disposizione ottimale la condizione di Vergine, cioè una verginità di cuore e anche di corpo che la conformasse profondamente alla condizione verginale perfettissima del Figlio;
- la divina maternità in senso pieno comportava la compartecipazione attiva di Maria al significato profondo e ai fini dell'Incarnazione, facendo di lei la Corredentrice, sia pure subordinata, insieme con il Figlio, coinvolta in tutta la fatica salvifica di lui per meritarci la grazia e per esserne anche, insieme con il Figlio, la dispensatrice;
- questa globale configurazione con Gesù la rendeva degna di partecipare anche alla gloria del Figlio, cioè di essere Assunta in anima e corpo alla presenza del Figlio glorioso come primizia dell'umanità che ha raggiunto il fine supremo dell'Incarnazione.
Sul versante che la rivolge a noi, Maria, nel concerto delle innumerevoli mediazioni suscitate dallo Spirito di Cristo per elevarci a lui, è la prima assuntrice, la prima cristificatrice. Per divina elezione, Maria svolge questa funzione globale nei confronti del mondo e particolarmente della Chiesa in un modo tipico che, nell'ordine della grazia, compete esclusivamente a lei: essa esercita una mediazione materna.
Questa mediazione ha una direzione discendente: Gesù ci è dato tramite Maria. Ha pure una direzione ascendente: noi siamo dati a Gesù, diventiamo suo Corpo Mistico, siamo generati al Cristo e assunti nel mistero di lui da Maria. Essa, che è Madre di Cristo, è anche Madre nostra: «Ecco tua madre», disse Gesù morente al discepolo prediletto Giovanni; e la Chiesa, edotta dallo Spirito Santo, ha interpretato queste parole come rivolte a sé.
Mediazione subordinata universale
Ma - si obietta - non è scritto: «Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo» (1 Tm 2, 15)?
Rispondiamo: lo Spirito di Dio, che dall'intimo dei cuori porta a compimento l'opera di cristificazione del mondo, agisce indubbiamente sull'uomo mediante molteplici e multiformi mediazioni create. Tutte queste mediazioni sono incentrate nel Cristo: è lui che dà loro efficacia, che le anima e le orienta a sé. Tutte queste mediazioni, quindi, sono subordinate al Cristo, «essendo tutte le cose create in lui e a lui rivolte» (C. 1, 16). Tali mediazioni saranno più o meno importanti in misura della maggiore o minore connessione con Cristo stesso. Mediatori sono quindi i santi, in proporzione della loro partecipazione alla sua pienezza; sono gli uomini che ci vivono accanto, nella misura che ce ne trasmettono lo spirito. Altre innumerevoli mediazioni ci vengono dai sacramenti, che sono segni sensibili della sua grazia, dalle buone letture, dagli abbondanti inviti al bene che ci giungono dalle creature, dalle più grandi alle più umili e povere di messaggio. A differenza di tutte queste mediazioni, che sono subordinate, quella di Cristo è una mediazione autonoma.
Ancora: tra le varie mediazioni suscitate dallo Spirito, alcune hanno una portata universale, interessano l'umanità intera. Così tutta l'opera di salvezza è stata per disposizione divina mediata dal Popolo Eletto, che ci ha portato il Cristo secondo la carne, oppure dalla Chiesa che, quale Corpo Mistico di Cristo, costituisce il «sacramento visibile dell'unità salvifica» (LG 9). Al centro di congiungimento tra l'intera umanità e il Cristo, e più estesamente tra il Popolo di Dio dell'Antico Testamento e la Chiesa, Dio ha collocato la mediazione universale di Maria.
Si tratta certo di una mediazione non autonoma, come invece lo è quella di Cristo, ma subordinata e totalmente ordinata ad essa. La mediazione di Maria nell'ordine della grazia, che inserisce nel mistero dell'Incarnazione, attinge tutta la sua forza da quella di Gesù e irradia la propria efficacia su tutta la Chiesa, in modo tale che la Chiesa stessa riconosce in Maria il proprio «tipo», cioè l'esemplare perfetto della sua stessa azione mediatrice tra Cristo e l'umanità, il modello della propria unione sponsale con Dio, il modello della propria fecondità spirituale, cioè della propria capacità di congiungere gli uomini al Cristo suo Sposo.
A modo di sfera smerigliata che avvolge una lampada accesa, Maria è la prima illuminata dalla luce del Cristo; senza di lui non dà alcuna luce. Ma è anche la prima illuminante: tutta la luce del Cristo si riversa sul mondo tramite Maria. Se la luce del Cristo è troppo forte per i nostri occhi ottenebrati dal peccato, la mediazione di Maria ce l'addolcisce, la modera soavemente, adattandola al nostro fragile modo di vedere.
Efficacia della mediazione di Maria
Di quale natura è la mediazione di Maria? Esaminando le possibili forme di causalità possiamo verificare in Maria una mediazione meritoria, esemplare e finale.
- Maria, come dice la Chiesa, ha certamente meritato grazie di redenzione per l'intera umanità: l'incarnazione del Verbo è avvenuta in seguito al suo assenso, che ne ha deciso l'attuazione; Maria inoltre ha meritato grazie all'umanità intera per la sua partecipazione interiore alla vita di Cristo, e soprattutto alla sua morte sulla croce, come la Chiesa ha sempre pensato.
- Maria esercita inoltre una mediazione esemplare universale, in quanto il suo contegno, le sue virtù, i sentimenti da lei espressi, in una parola la sua persona rifulge a tutta la Chiesa e all'umanità come esemplare inesauribile di perfezione: la più alta manifestazione umana dello Spirito di Cristo espressa in squisitezza femminile.
- Maria infine esercita una mediazione finale: essendo tutto creato in vista di Cristo ed essendo Maria l'essere umano più congiunto con Cristo, l'intera umanità è destinata alla glorificazione del Cristo mediante lei stessa, ed è effettivamente portata al Figlio di Dio tramite l'azione corredentrice di Maria.
Si può quindi concludere con i grandi teologi che hanno intuito il mistero di Maria in tutta la sua portata: Maria è per volontà di Dio Mediatrice della stessa Grazia sostanziale che è Cristo, e quindi di tutte le grazie che emanano da questa fonte divina. Ogni grazia celeste ci è mediata da Maria nel senso che da Maria ce ne viene mediata la fonte. Anche se non necessariamente tutte le grazie ci vengono date unicamente se le chiediamo per mezzo di Maria, cioè anche se non tutte le nostre richieste devono esplicitare il ricorso a Maria per essere esaudite, di fatto tutte ci vengono concesse per sua mediazione almeno indiretta.
La Chiesa ha sempre sperimentato la presenza materna di Maria nella vita cristiana. La sua esperienza pastorale la porta a verificare che là dove esiste una particolare fioritura di santi, di purezza, di elevatezza cristiana, è immancabilmente presente l'opera di Maria, mentre là dove manca il tocco di Maria, la fioritura cristiana di grazia rimane in uno stato precario, di labilità. L'emarginazione di Maria dalla vita cristiana porta il decadimento del fervore e della stessa dottrina. Stupisce anche il fatto che l'ortodossia teologica, quella integralmente fedele al Magistero, sia costantemente segnata dall'ortodossia mariologica.
Significato della consacrazione a Maria
Se Maria è mediatrice imprescindibile e universale della nostra cristificazione, se cioè nessun uomo può entrare nel mistero del Figlio di Dio fatto uomo prescindendo dalla mediazione materna - almeno indiretta - di Maria, il ricorso alla Madre di Dio diventa un fattore determinante della nostra effettiva cristificazione.
Si può prendere atto di questo stato di cose a livelli diversi: di implicita ammissione, oppure di invocazione occasionale, di ricorso costante, di dedizione piena a Maria come a Madre. La consacrazione a Maria, al suo Cuore Immacolato costituisce la risposta più adeguata alla mediazione materna di Maria.
Il popolo cristiano, che sperimenta continuamente il potere della mediazione materna di Maria, giustamente vuole approfittarne per i suoi fini di santificazione e salvezza, affidandosi a lei.
Questo affidarsi a Maria si è espresso, lungo i secoli, in varie forme di dedizione, più o meno integrali. Il vocabolario è ricco e significativo.
La devozione stessa a Maria indica l'atto di votarsi (de-voveo) a lei, di offrirsi in voto alla Madre di Dio perché essa quasi garantisca la salvezza del credente. Altri invece si offrono a Maria, si donano a lei. Negli ultimi secoli è invalso l'uso di consacrarsi a Maria, cioè di rendersi suo possesso sacro e intangibile. Sempre in una linea di ricerca di modi più profondi e radicali di offrirsi, questa consacrazione, con S. Grignon de Monfort, si è espressa come schiavitù mariana. Al di là di questa terminologia, che urta la sua sensibilità, il cristiano fervente d'oggi non cessa di voler appartenere totalmente a Maria, di darsi a lei come a Madre. Questo desiderio assume sfumature diverse che determinano la scelta dei modi di esprimersi; ma è indubbio che, sotto la diversità del linguaggio, la volontà di darsi a Maria resti immutata nella coscienza della Chiesa.
Ma che cosa vuol dire «consacrarsi a Maria»?
La consacrazione alla Vergine è intesa sostanzialmente in due diversi modi di offrirsi:
- Più comunemente i nostri fedeli si consacrano a Maria con la mentalità di chi invoca una protezione, cioè come persone da proteggere dal peccato, dai mali della vita, fino alla salvezza eterna. Questo modo comune di intendere la consacrazione è certamente molto valido e gradito a Maria, ma rimane a un livello di comprensione materiale. L'assistenza materna di Maria eserciterà senza dubbio un influsso trasformatore sulla persona che a lei si offre, ma tale trasformazione non viene intesa come obiettivo proprio della consacrazione.
- Più a fondo, ci si consacra a Maria per essere posseduti radicalmente da lei, per realizzare una profonda conformità interiore con lei: come persone da trasformare secondo lo spirito di Maria, e quindi di Cristo suo Figlio. Ci si offre a Maria per essere progressivamente sempre più posseduti dallo Spirito, che in lei si è espresso secondo le accentuazioni tipiche della sua femminilità immacolata, verginale e materna.
Lo stesso Spirito, che ha foggiato e ispirato incessantemente la umanità del Cristo - e non un altro Spirito, perché il mistero dell'unità salvifica è animato da uno Spirito solo -, lo stesso Spirito che nel Cristo si esprime in pienezza di umanità e di virilità, ha operato in Maria il capolavoro della mediazione materna, ricco di inesauribili valenze. Ha fatto di Lei la «via» spirituale agevole al Cristo: quella via che facilita il lavoro, che addolcisce le asprezze, che garantisce la riuscita.
Chi si è dato in questo modo a Maria sarà portato a dare concretezza a questa dedizione mediante sentimenti, comportamenti e azioni che lo riportano all'imitazione della sua Madre, a ispirarsi al suo spirito. Si troverà frequentemente di fronte al volto immacolato di Maria, e sentirà il richiamo all'innocenza, alla purificazione del cuore. Incontrerà il suo sguardo verginale, che ispira castità gioiosa. Si sentirà circondato dalle provvidenze materne di Maria, che è piena di dolcezza e di attenzioni delicate per i suoi figli prediletti, e ispirerà il proprio comportamento alle grandi virtù che hanno fatto di Maria la Madre di Dio: fede, forza d'animo, disponibilità alla voce di Dio, prudenza, mitezza, amore sconfinato per Dio e per gli uomini...
Il darsi a Maria nel modo più radicale possibile non oscura la nostra piena dedizione a Gesù, al suo Cuore, al suo Spirito, ma la dispone meglio, la facilita e garantisce.
Il fatto che lo Spirito abbia voluto questo tipo di mediazione legato all'essere di una donna immacolata, vergine e Madre di Cristo, ha un'incidenza incalcolabile sia nella sfera teologica che in quella psicologica.
Se a Dio piace concederci le sue grazie tramite sua Madre, costituendola mediatrice universale di tutti i suoi tesori, è chiaro che ogni tentativo di accedere al gran Re mediante la sua stessa Madre gli è particolarmente gradito, mentre non è priva di presunzione la trascuratezza di tale mediazione. La persona che si dà pienamente a Maria rimane libera di rivolgersi direttamente a Gesù e al Padre, ma questa sua libertà si svolge nel clima della mediazione indiretta e implicita di Maria.
Nella sfera psicologica, inoltre, Dio ci offre la mediazione di sua Madre perché sa quanto la donna vergine e madre risponde alle esigenze più profonde dell'animo umano. Nulla togliendo alla fonte della grazia, anzi illuminandosi di essa, Maria facilita il nostro accesso a Dio infondendo nel nostro cuore assetato di maternità le dolcezze del suo affetto materno e le finezze del suo cuore verginale.
Come consacrarsi a Maria?
Quale formula usare per consacrarsi a Maria?
Esistono nei libri spirituali varie formule e suggerimenti che si possono lodevolmente seguire. Per una comprensione migliore di un gesto che ha valore nella misura che raggiunge veramente il nostro essere individuale, suggeriamo che l'offerta sia formulata in modo personale, meditandone a lungo il contenuto e l'estensione, aggiun-
gendovi quegli impegni concreti che ne ravvivino costantemente l'efficacia, preparandosi all'offerta con particolare intensità.
La consacrazione, infatti, diventerà operante nella misura che sarà attualizzata in modo permanente. Secondo il modo personale di concepire le cose, e di intuire la mediazione materna di Maria, ogni consacrato apporta alla sua offerta le accentuazioni tipiche della propria evoluzione spirituale, quelle che meglio corrispondono alle sue esigenze interiori e alla propria inconfondibile vocazione. Uno potrà incentrare la propria scelta nel «fiat», un altro nel «magnificat», un altro nel «meditare la Parola» o nel «custodirla». Tutte intuizioni ottime nella misura che vengono interiorizzate con la progressività dei processi vitali.
Importa molto che la consacrazione si innesti nella concretezza delle condizioni personali, e che siano garantiti i modi per ravvivarla ogni giorno.
Delineata l'inquadratura di fondo della mediazione materna di Maria e della nostra consacrazione a lei, offriamo, nelle pagine che seguono, alcuni spunti di meditazione atti ad avviare a una migliore comprensione del Cuore immacolato di Maria.
Preghiera a Maria di S. Francesco di Sales
Non dirmi, o Vergine santa, che tu non puoi, perché io so che il tuo Figlio divino ti ha dato ogni potere sia in cielo che sulla terra. Non dirmi che non devi, poiché tu sei la Madre universale e comune di tutti gli uomini, e di me pure in particolare.
Se tu non potessi, ti scuserei dicendo: è vero che è mia madre e mi ama come figlio, ma non ne ha colpa, perché manca di potere. Se tu non fossi mia Madre, io pazienterei dicendo: essa è ricca, capace di assistermi, ma siccome non è mia Madre, non ha tenerezza per me. Ma dal momento che tu, o Vergine Santissima, sei la mia Madre e sei potente, come ti scuserei se non mi sollevassi, se non mi prestassi il tuo soccorso, se non mi concedessi la tua assistenza?
Pensaci, o Madre mia: tu sei obbligata a concedermi i favori che ti chiedo, ad esaudire le mie domande...
Concedimi tutti i doni che piacciono al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
La risposta a questi interrogativi è legata alla posizione di Maria nell'ambito della fede.
Maria nella nostra fede
Il fatto fondamentale della nostra fede è l'Incarnazione del Figlio di Dio. Nessuna religione al mondo professa qualcosa di simile, Dio che si fa uomo. E anche per noi l'Incarnazione resterà sempre il mistero più sconvolgente della fede, di fronte al quale la ragione umana troverà necessariamente delle difficoltà nella misura che riesce a intuire la grandezza di Dio. Soltanto il pensiero che «Dio è Amore» (1 Gv 4, può disporci a credere nell'Incarnazione di Dio.
Questo avvenimento centrale della storia non può rimanere un episodio staccato dagli avvenimenti umani: se il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sua venuta tra noi permea da capo a fondo tutto il tessuto della storia, ed è destinata a polarizzare tutto verso di sé, a tutto riempire di sé, a tutto consacrare: «Quanto ha assunto - dicevano gli antichi Padri - ha consacrato». Il Verbo fatto carne si insedia nel reale come punto di partenza e di arrivo e come centro di superanimazione del cosmo, fino ai più remoti frammenti individuali. Nella venuta del Cristo tutto è almeno virtualmente cristificato: ogni uomo è chiamato per divina elezione a «configurarsi con la immagine del Figlio» (Rom 8, 29), a diventare suo corpo, sua pienezza (Ef 1, 22), a impregnarsi del suo Spirito (Fp 2, 5, ecc.), a diventare ambiente sacro dell'Incarnazione (Ef 3, 17).
Orbene, il fatto cosmico dell'Incarnazione, che tende a ripercuotersi in ogni persona umana, ha avuto il primo centro di incidenza in Maria: il Figlio Dio si è fatto uomo nel grembo di lei. L'Incarnazione del Figlio di Dio è mediata dalla maternità di Maria.
Che estensione ha questa mediazione materna di Maria? È soltanto un fatto fisiologico, cioè Maria ha avuto unicamente la funzione di offrire una esistenza umana, un corpo al Figlio di Dio, oppure Maria è coinvolta nel mistero dell'Incarnazione in modo più ampio e profondo?
A differenza di quegli eretici che in tutti i tempi hanno negato la divina maternità o hanno avuto la tendenza a ridurla al puro dato biologico, la Chiesa, nella sua riflessione bimillenaria sulla Rivelazione, ha intuito la mediazione materna di Maria nel modo più esteso e comprensivo. Essa ha visto la Madre di Dio compartecipe nel modo più ampio possibile dei significati e dei fini dell'Incarnazione. Maria insomma è la mediatrice del Cristo in senso pieno: tutto il Cristo, e non solo la sua realtà biologica, ci viene mediato da Maria. Ossia: Maria è la Madre non solo del Cristo storico, ma anche del Cristo mistico, è la Madre di Gesù e della sua Chiesa.
L'Incarnazione del Verbo in Maria comporta la convergenza di tutto il tessuto storico verso il suo centro animatore, che è il Cristo, tramite Maria, fatta, per elezione divina, mediatrice dell'unità cristificata.
I due versanti della mediazione di Maria
In questa mediazione materna possiamo considerare i due versanti: quello che unisce Maria a Dio, e quello che la congiunge con noi.
In rapporto a Dio, Maria è la prima assunta, la prima cristificata: colei che, essendo stata eletta Madre del Cristo, più di ogni altra creatura è stata configurata col Figlio e ricolma dello Spirito di lui. In questa prospettiva trovano la loro logica le grandi affermazioni della Chiesa:
- perché Madre del Cristo in senso pieno, Maria fu concepita Immacolata, cioè senza macchia di peccato d'origine, e tale fu conservata per singolare provvidenza in tutta la sua vita: non conveniva infatti che la Madre di Dio fosse contaminata dal nemico di Dio e a lui soggetta anche per un solo istante;
- la divina maternità esigeva come disposizione ottimale la condizione di Vergine, cioè una verginità di cuore e anche di corpo che la conformasse profondamente alla condizione verginale perfettissima del Figlio;
- la divina maternità in senso pieno comportava la compartecipazione attiva di Maria al significato profondo e ai fini dell'Incarnazione, facendo di lei la Corredentrice, sia pure subordinata, insieme con il Figlio, coinvolta in tutta la fatica salvifica di lui per meritarci la grazia e per esserne anche, insieme con il Figlio, la dispensatrice;
- questa globale configurazione con Gesù la rendeva degna di partecipare anche alla gloria del Figlio, cioè di essere Assunta in anima e corpo alla presenza del Figlio glorioso come primizia dell'umanità che ha raggiunto il fine supremo dell'Incarnazione.
Sul versante che la rivolge a noi, Maria, nel concerto delle innumerevoli mediazioni suscitate dallo Spirito di Cristo per elevarci a lui, è la prima assuntrice, la prima cristificatrice. Per divina elezione, Maria svolge questa funzione globale nei confronti del mondo e particolarmente della Chiesa in un modo tipico che, nell'ordine della grazia, compete esclusivamente a lei: essa esercita una mediazione materna.
Questa mediazione ha una direzione discendente: Gesù ci è dato tramite Maria. Ha pure una direzione ascendente: noi siamo dati a Gesù, diventiamo suo Corpo Mistico, siamo generati al Cristo e assunti nel mistero di lui da Maria. Essa, che è Madre di Cristo, è anche Madre nostra: «Ecco tua madre», disse Gesù morente al discepolo prediletto Giovanni; e la Chiesa, edotta dallo Spirito Santo, ha interpretato queste parole come rivolte a sé.
Mediazione subordinata universale
Ma - si obietta - non è scritto: «Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo» (1 Tm 2, 15)?
Rispondiamo: lo Spirito di Dio, che dall'intimo dei cuori porta a compimento l'opera di cristificazione del mondo, agisce indubbiamente sull'uomo mediante molteplici e multiformi mediazioni create. Tutte queste mediazioni sono incentrate nel Cristo: è lui che dà loro efficacia, che le anima e le orienta a sé. Tutte queste mediazioni, quindi, sono subordinate al Cristo, «essendo tutte le cose create in lui e a lui rivolte» (C. 1, 16). Tali mediazioni saranno più o meno importanti in misura della maggiore o minore connessione con Cristo stesso. Mediatori sono quindi i santi, in proporzione della loro partecipazione alla sua pienezza; sono gli uomini che ci vivono accanto, nella misura che ce ne trasmettono lo spirito. Altre innumerevoli mediazioni ci vengono dai sacramenti, che sono segni sensibili della sua grazia, dalle buone letture, dagli abbondanti inviti al bene che ci giungono dalle creature, dalle più grandi alle più umili e povere di messaggio. A differenza di tutte queste mediazioni, che sono subordinate, quella di Cristo è una mediazione autonoma.
Ancora: tra le varie mediazioni suscitate dallo Spirito, alcune hanno una portata universale, interessano l'umanità intera. Così tutta l'opera di salvezza è stata per disposizione divina mediata dal Popolo Eletto, che ci ha portato il Cristo secondo la carne, oppure dalla Chiesa che, quale Corpo Mistico di Cristo, costituisce il «sacramento visibile dell'unità salvifica» (LG 9). Al centro di congiungimento tra l'intera umanità e il Cristo, e più estesamente tra il Popolo di Dio dell'Antico Testamento e la Chiesa, Dio ha collocato la mediazione universale di Maria.
Si tratta certo di una mediazione non autonoma, come invece lo è quella di Cristo, ma subordinata e totalmente ordinata ad essa. La mediazione di Maria nell'ordine della grazia, che inserisce nel mistero dell'Incarnazione, attinge tutta la sua forza da quella di Gesù e irradia la propria efficacia su tutta la Chiesa, in modo tale che la Chiesa stessa riconosce in Maria il proprio «tipo», cioè l'esemplare perfetto della sua stessa azione mediatrice tra Cristo e l'umanità, il modello della propria unione sponsale con Dio, il modello della propria fecondità spirituale, cioè della propria capacità di congiungere gli uomini al Cristo suo Sposo.
A modo di sfera smerigliata che avvolge una lampada accesa, Maria è la prima illuminata dalla luce del Cristo; senza di lui non dà alcuna luce. Ma è anche la prima illuminante: tutta la luce del Cristo si riversa sul mondo tramite Maria. Se la luce del Cristo è troppo forte per i nostri occhi ottenebrati dal peccato, la mediazione di Maria ce l'addolcisce, la modera soavemente, adattandola al nostro fragile modo di vedere.
Efficacia della mediazione di Maria
Di quale natura è la mediazione di Maria? Esaminando le possibili forme di causalità possiamo verificare in Maria una mediazione meritoria, esemplare e finale.
- Maria, come dice la Chiesa, ha certamente meritato grazie di redenzione per l'intera umanità: l'incarnazione del Verbo è avvenuta in seguito al suo assenso, che ne ha deciso l'attuazione; Maria inoltre ha meritato grazie all'umanità intera per la sua partecipazione interiore alla vita di Cristo, e soprattutto alla sua morte sulla croce, come la Chiesa ha sempre pensato.
- Maria esercita inoltre una mediazione esemplare universale, in quanto il suo contegno, le sue virtù, i sentimenti da lei espressi, in una parola la sua persona rifulge a tutta la Chiesa e all'umanità come esemplare inesauribile di perfezione: la più alta manifestazione umana dello Spirito di Cristo espressa in squisitezza femminile.
- Maria infine esercita una mediazione finale: essendo tutto creato in vista di Cristo ed essendo Maria l'essere umano più congiunto con Cristo, l'intera umanità è destinata alla glorificazione del Cristo mediante lei stessa, ed è effettivamente portata al Figlio di Dio tramite l'azione corredentrice di Maria.
Si può quindi concludere con i grandi teologi che hanno intuito il mistero di Maria in tutta la sua portata: Maria è per volontà di Dio Mediatrice della stessa Grazia sostanziale che è Cristo, e quindi di tutte le grazie che emanano da questa fonte divina. Ogni grazia celeste ci è mediata da Maria nel senso che da Maria ce ne viene mediata la fonte. Anche se non necessariamente tutte le grazie ci vengono date unicamente se le chiediamo per mezzo di Maria, cioè anche se non tutte le nostre richieste devono esplicitare il ricorso a Maria per essere esaudite, di fatto tutte ci vengono concesse per sua mediazione almeno indiretta.
La Chiesa ha sempre sperimentato la presenza materna di Maria nella vita cristiana. La sua esperienza pastorale la porta a verificare che là dove esiste una particolare fioritura di santi, di purezza, di elevatezza cristiana, è immancabilmente presente l'opera di Maria, mentre là dove manca il tocco di Maria, la fioritura cristiana di grazia rimane in uno stato precario, di labilità. L'emarginazione di Maria dalla vita cristiana porta il decadimento del fervore e della stessa dottrina. Stupisce anche il fatto che l'ortodossia teologica, quella integralmente fedele al Magistero, sia costantemente segnata dall'ortodossia mariologica.
Significato della consacrazione a Maria
Se Maria è mediatrice imprescindibile e universale della nostra cristificazione, se cioè nessun uomo può entrare nel mistero del Figlio di Dio fatto uomo prescindendo dalla mediazione materna - almeno indiretta - di Maria, il ricorso alla Madre di Dio diventa un fattore determinante della nostra effettiva cristificazione.
Si può prendere atto di questo stato di cose a livelli diversi: di implicita ammissione, oppure di invocazione occasionale, di ricorso costante, di dedizione piena a Maria come a Madre. La consacrazione a Maria, al suo Cuore Immacolato costituisce la risposta più adeguata alla mediazione materna di Maria.
Il popolo cristiano, che sperimenta continuamente il potere della mediazione materna di Maria, giustamente vuole approfittarne per i suoi fini di santificazione e salvezza, affidandosi a lei.
Questo affidarsi a Maria si è espresso, lungo i secoli, in varie forme di dedizione, più o meno integrali. Il vocabolario è ricco e significativo.
La devozione stessa a Maria indica l'atto di votarsi (de-voveo) a lei, di offrirsi in voto alla Madre di Dio perché essa quasi garantisca la salvezza del credente. Altri invece si offrono a Maria, si donano a lei. Negli ultimi secoli è invalso l'uso di consacrarsi a Maria, cioè di rendersi suo possesso sacro e intangibile. Sempre in una linea di ricerca di modi più profondi e radicali di offrirsi, questa consacrazione, con S. Grignon de Monfort, si è espressa come schiavitù mariana. Al di là di questa terminologia, che urta la sua sensibilità, il cristiano fervente d'oggi non cessa di voler appartenere totalmente a Maria, di darsi a lei come a Madre. Questo desiderio assume sfumature diverse che determinano la scelta dei modi di esprimersi; ma è indubbio che, sotto la diversità del linguaggio, la volontà di darsi a Maria resti immutata nella coscienza della Chiesa.
Ma che cosa vuol dire «consacrarsi a Maria»?
La consacrazione alla Vergine è intesa sostanzialmente in due diversi modi di offrirsi:
- Più comunemente i nostri fedeli si consacrano a Maria con la mentalità di chi invoca una protezione, cioè come persone da proteggere dal peccato, dai mali della vita, fino alla salvezza eterna. Questo modo comune di intendere la consacrazione è certamente molto valido e gradito a Maria, ma rimane a un livello di comprensione materiale. L'assistenza materna di Maria eserciterà senza dubbio un influsso trasformatore sulla persona che a lei si offre, ma tale trasformazione non viene intesa come obiettivo proprio della consacrazione.
- Più a fondo, ci si consacra a Maria per essere posseduti radicalmente da lei, per realizzare una profonda conformità interiore con lei: come persone da trasformare secondo lo spirito di Maria, e quindi di Cristo suo Figlio. Ci si offre a Maria per essere progressivamente sempre più posseduti dallo Spirito, che in lei si è espresso secondo le accentuazioni tipiche della sua femminilità immacolata, verginale e materna.
Lo stesso Spirito, che ha foggiato e ispirato incessantemente la umanità del Cristo - e non un altro Spirito, perché il mistero dell'unità salvifica è animato da uno Spirito solo -, lo stesso Spirito che nel Cristo si esprime in pienezza di umanità e di virilità, ha operato in Maria il capolavoro della mediazione materna, ricco di inesauribili valenze. Ha fatto di Lei la «via» spirituale agevole al Cristo: quella via che facilita il lavoro, che addolcisce le asprezze, che garantisce la riuscita.
Chi si è dato in questo modo a Maria sarà portato a dare concretezza a questa dedizione mediante sentimenti, comportamenti e azioni che lo riportano all'imitazione della sua Madre, a ispirarsi al suo spirito. Si troverà frequentemente di fronte al volto immacolato di Maria, e sentirà il richiamo all'innocenza, alla purificazione del cuore. Incontrerà il suo sguardo verginale, che ispira castità gioiosa. Si sentirà circondato dalle provvidenze materne di Maria, che è piena di dolcezza e di attenzioni delicate per i suoi figli prediletti, e ispirerà il proprio comportamento alle grandi virtù che hanno fatto di Maria la Madre di Dio: fede, forza d'animo, disponibilità alla voce di Dio, prudenza, mitezza, amore sconfinato per Dio e per gli uomini...
Il darsi a Maria nel modo più radicale possibile non oscura la nostra piena dedizione a Gesù, al suo Cuore, al suo Spirito, ma la dispone meglio, la facilita e garantisce.
Il fatto che lo Spirito abbia voluto questo tipo di mediazione legato all'essere di una donna immacolata, vergine e Madre di Cristo, ha un'incidenza incalcolabile sia nella sfera teologica che in quella psicologica.
Se a Dio piace concederci le sue grazie tramite sua Madre, costituendola mediatrice universale di tutti i suoi tesori, è chiaro che ogni tentativo di accedere al gran Re mediante la sua stessa Madre gli è particolarmente gradito, mentre non è priva di presunzione la trascuratezza di tale mediazione. La persona che si dà pienamente a Maria rimane libera di rivolgersi direttamente a Gesù e al Padre, ma questa sua libertà si svolge nel clima della mediazione indiretta e implicita di Maria.
Nella sfera psicologica, inoltre, Dio ci offre la mediazione di sua Madre perché sa quanto la donna vergine e madre risponde alle esigenze più profonde dell'animo umano. Nulla togliendo alla fonte della grazia, anzi illuminandosi di essa, Maria facilita il nostro accesso a Dio infondendo nel nostro cuore assetato di maternità le dolcezze del suo affetto materno e le finezze del suo cuore verginale.
Come consacrarsi a Maria?
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Esistono nei libri spirituali varie formule e suggerimenti che si possono lodevolmente seguire. Per una comprensione migliore di un gesto che ha valore nella misura che raggiunge veramente il nostro essere individuale, suggeriamo che l'offerta sia formulata in modo personale, meditandone a lungo il contenuto e l'estensione, aggiun-
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La consacrazione, infatti, diventerà operante nella misura che sarà attualizzata in modo permanente. Secondo il modo personale di concepire le cose, e di intuire la mediazione materna di Maria, ogni consacrato apporta alla sua offerta le accentuazioni tipiche della propria evoluzione spirituale, quelle che meglio corrispondono alle sue esigenze interiori e alla propria inconfondibile vocazione. Uno potrà incentrare la propria scelta nel «fiat», un altro nel «magnificat», un altro nel «meditare la Parola» o nel «custodirla». Tutte intuizioni ottime nella misura che vengono interiorizzate con la progressività dei processi vitali.
Importa molto che la consacrazione si innesti nella concretezza delle condizioni personali, e che siano garantiti i modi per ravvivarla ogni giorno.
Delineata l'inquadratura di fondo della mediazione materna di Maria e della nostra consacrazione a lei, offriamo, nelle pagine che seguono, alcuni spunti di meditazione atti ad avviare a una migliore comprensione del Cuore immacolato di Maria.
Preghiera a Maria di S. Francesco di Sales
Non dirmi, o Vergine santa, che tu non puoi, perché io so che il tuo Figlio divino ti ha dato ogni potere sia in cielo che sulla terra. Non dirmi che non devi, poiché tu sei la Madre universale e comune di tutti gli uomini, e di me pure in particolare.
Se tu non potessi, ti scuserei dicendo: è vero che è mia madre e mi ama come figlio, ma non ne ha colpa, perché manca di potere. Se tu non fossi mia Madre, io pazienterei dicendo: essa è ricca, capace di assistermi, ma siccome non è mia Madre, non ha tenerezza per me. Ma dal momento che tu, o Vergine Santissima, sei la mia Madre e sei potente, come ti scuserei se non mi sollevassi, se non mi prestassi il tuo soccorso, se non mi concedessi la tua assistenza?
Pensaci, o Madre mia: tu sei obbligata a concedermi i favori che ti chiedo, ad esaudire le mie domande...
Concedimi tutti i doni che piacciono al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
minerva- Amministratori
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
UNA BELLA LETTURA SU MARIA....
MAGGIO È IL MESE CHE SI DOVREBBE FARE DI PIÙ DI CIO CHE SI FA' IN ALTRI GIORNI DELL' ANNO.
SI DOVREBBE UNO IMPEGNARSI GIORNALMENTE CON SSMA MARIA
MAGGIO È IL MESE CHE SI DOVREBBE FARE DI PIÙ DI CIO CHE SI FA' IN ALTRI GIORNI DELL' ANNO.
SI DOVREBBE UNO IMPEGNARSI GIORNALMENTE CON SSMA MARIA
corale- Team Bov Tv
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Età : 63
Località : italia - sugnu cca
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Re: MAGGIO- MESE MARIANO
PREGHIAMO TUTTI IN QUESTO MESE MARIANO E NON SOLO NEL MESE DI MAGGIO.
corale- Team Bov Tv
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Mer 21 Apr 2021, 14:39 Da ✿NinUzZa✿
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Mer 21 Apr 2021, 14:30 Da ✿NinUzZa✿
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Mer 21 Apr 2021, 14:01 Da ✿NinUzZa✿
» ˜”*°•_˜”*°•★¤ ♥SUGNU CCA♥ ¤★•°*”˜•°*”˜
Mer 21 Apr 2021, 13:44 Da ✿NinUzZa✿
» Nostalgia e Ricordi...
Mer 21 Apr 2021, 13:42 Da ✿NinUzZa✿
» ¸.•♥STORIA♥ ~»con tre parole« •.¸
Mer 09 Ott 2019, 16:10 Da BOVTV
» Cosa vorresti trovare sotto l'albero di natale???
Mer 25 Set 2019, 13:46 Da BOVTV
» BENVENUTI NEL SALOTTO VIRTUALE DI....
Mer 25 Set 2019, 13:21 Da BOVTV
» ๑۩۞۩๑ Iℓ ѕιℓєηzισ ๑۩۞۩๑
Mer 25 Set 2019, 13:09 Da BOVTV
» DICONO CHE :::::LA NOTTE PORTA CONSIGLIO
Mer 25 Set 2019, 12:55 Da BOVTV
» «(«(¯`☼·ღ BUON ☼ GIORNO ღ·☼´¯)»)»
Mer 25 Set 2019, 12:48 Da BOVTV
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Mer 25 Set 2019, 12:40 Da BOVTV
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Mer 25 Set 2019, 12:29 Da BOVTV