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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 19:55




26 maggio - Madre del Buon Consiglio

Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.

1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.

Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spon­tanea connaturalità col bene, dall'in­telletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima al­lo splendore meridiano di Dio. «Cam­mina alla mia presenza e sarai per­fetto» (Gn 12, 2).

Il dono del consiglio è indispensa­bile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tut­to questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che con­senta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.

Vizi contrari sono: la precipitazio­ne che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adegua­tamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azio­ne, la lentezza inconcludente, la pas­sione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.

2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quan­to Maria, posta nella necessità di scel­te che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole del­l'Angelo, misura la portata della pro­posta angelica, vede le difficoltà, chie­de spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me se­condo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della pro­posta angelica, può condurla a termi­ne. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema ri­verenza al disegno dell'Altissimo.

Sempre condotta dal dono del con­siglio, la «Vergine prudentissima» af­fronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'ango­scioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.

Si tratta di azioni cariche di riso­nanza salvifica, in cui occorre armo­nizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smar­rimento di Gesù nel tempio.

3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e cor­rispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre met­tere in atto la propria riflessione orien­tando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.

La Vergine Illuminata, fatta Madre della Chiesa, è impegnata a dare ai figli che la invocano il dono del con­siglio perché non incorrano in passi imprudenti (quanto sono facili e fre­quenti nella vita!), evitino implicanze disastrose, si destreggino nelle diffi­coltà spirituali e anche umane.

Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidia­ne: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dis­siperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).

Un culto solido e vivo

«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.

I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la pre­minenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).

«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.

Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!

Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splen­dore degli eletti.

E’ bene parlare delle sue prerogative, ma non bisogna limitarsi ad esse. Bi­sogna farla amare». S. Teresina del Bambin Gesù (23 agosto 1897)
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:02

26 maggio - Madre del Buon Consiglio

Maria è invocata quale Madre del Buon Consiglio.

1. Il dono del consiglio sta in un saggio discernimento operativo. È una prudenza nelle azioni, nella scelta dei mezzi in ordine ai fini.

Il suo esercizio è agevolato dalla sapienza che porta ad agire per spon­tanea connaturalità col bene, dall'in­telletto che consente di meglio intuire la portata di ogni cosa, dalla scienza che fornisce i dati necessari per la scelta migliore. Suppone la generale purezza del cuore che apre l'anima al­lo splendore meridiano di Dio. «Cam­mina alla mia presenza e sarai per­fetto» (Gn 12, 2).

Il dono del consiglio è indispensa­bile in misura delle responsabilità di un uomo: soprattutto a chi governa gli altri, specialmente nello spirito. Si sviluppa in una ponderazione calma dei fini e dei mezzi, dei pro e contro, delle conseguenze di ogni scelta: tut­to questo non appare normalmente in un attimo, ma esige la tranquillità che permetta ai vari elementi di affiorare, pazienza col tempo, e soprattutto un supplemento di luce dall'alto che con­senta di vedere più in là dell'occhio semplicemente umano.

Vizi contrari sono: la precipitazio­ne che non lascia tempo di riflettere, la temerarietà che non misura adegua­tamente i rischi, la trascuratezza che non pondera le conseguenze di un'azio­ne, la lentezza inconcludente, la pas­sione che confonde le idee e inclina il cuore a gesti sconsigliati.

2. Nessuna creatura abbisognava di questo dono dello Spirito Santo quan­to Maria, posta nella necessità di scel­te che avrebbero avuto ripercussioni enormi nella redenzione dell'umanità; nessuna ne fu arricchita come lei. Ciò appare fin dalle prime righe del Vangelo: si trattava di decidere in merito alla stessa Incarnazione del Verbo. La Madre del Buon Consiglio riflette attentamente sulle parole del­l'Angelo, misura la portata della pro­posta angelica, vede le difficoltà, chie­de spiegazioni, e alla fine, rassicurata su ogni aspetto, pronuncia il suo si con parole tanto prudenti: «Ecco la serva del Signore: si faccia di me se­condo la tua parola». Maria riconosce la sua condizione di creatura di fronte a un mistero insondabile, e comprende che solo Dio, che è l'autore della pro­posta angelica, può condurla a termi­ne. «Si faccia», e non «Farò», essa dice. Sa che «nulla è impossibile a Dio», quindi si affida con estrema ri­verenza al disegno dell'Altissimo.

Sempre condotta dal dono del con­siglio, la «Vergine prudentissima» af­fronta le situazioni che si dispiegano imprevedibili lungo il suo cammino: si reca da Elisabetta, risolve l'ango­scioso problema del fidanzamento con Giuseppe, si reca a Betlemme, offre il suo Bimbo nel Tempio, fugge in Egitto, si mette coraggiosamente ai piedi del Figlio crocifisso, rimane con gli Apostoli a pregare in attesa della discesa dello Spirito Santo.

Si tratta di azioni cariche di riso­nanza salvifica, in cui occorre armo­nizzare le sue scelte personali con le situazioni a volte indecifrabili disposte dalla Provvidenza: si pensi allo smar­rimento di Gesù nel tempio.

3. Il dono del consiglio crea questa sintesi felice tra disposizioni e cor­rispondenza, tra la luce che viene dall'alto e la necessaria riflessione umana. Ove Dio si manifesta chiaro, non resta che eseguire con estrema fedeltà; ove Dio non si pronuncia, occorre met­tere in atto la propria riflessione orien­tando con purezza d'intenzione ogni atto al suo fine immediato e ultimo.

La Vergine Illuminata, fatta Madre della Chiesa, è impegnata a dare ai figli che la invocano il dono del con­siglio perché non incorrano in passi imprudenti (quanto sono facili e fre­quenti nella vita!), evitino implicanze disastrose, si destreggino nelle diffi­coltà spirituali e anche umane.

Noi la invocheremo nei momenti decisivi, e anche nelle scelte quotidia­ne: ove fa difetto la chiaroveggenza umana, la luce che viene dall'alto dis­siperà tentazioni e pericoli, ispirerà le scelte migliori (dello stato di vita, del coniuge, del tipo di studi, ecc.).

Un culto solido e vivo

«Il Sacrosanto Concilio (...) esorta caldamente i teologi ed i predicatori della parola divina, ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio.

I fedeli a loro volta si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la pre­minenza della Madre di Dio e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù» (LG 67).

«Si sa bene che la Santa Vergine è la Regina del Cielo e della terra, ma ella è più madre che regina, e non si dovrebbe far credere, come io ho spesso inteso dire, che a causa delle sue prerogative ella ecclissa la gloria di tutti i santi, come il sole al suo sorgere fa sparire le stelle.

Ma, mio Dio, com'è strano questo modo di dire! Una madre che fa sparire la gloria dei suoi figli!

Io penso tutto il contrario: io credo che Ella aumenterà di molto lo splen­dore degli eletti.

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:04

27 maggio - Torre di Davide

1. Il dono della fortezza spicca in Maria soprattutto ai piedi della croce. «Stabat mater eius», dice il Vangelo di Giovanni: la Madre di Gesù stava in piedi presso il Figlio crocifisso. Che cosa comportasse quello «stare in piedi» non è facile intuirlo in pro­fondità. La Madre, che nei momenti di esaltazione di Gesù se ne stava a distanza per istinto di discrezione, nel momento del dolore (e quale do­lore!) del Figlio si fa largo tra la folla, sfida la rabbia degli avversari e dei soldati e si fa partecipe di tutta l'abie­zione di Gesù: non sente gli insulti e le sferzate su di sé, ma su di lui, è tutta incentrata nel suo Amore. E lì rimane fissa e attonita, fuori di sé per il dolore e per l'amore: chi potrà mai misurare lo strazio di una Madre così legata al Figlio, così sensibile, di fronte alla sua creatura tanto nobile e bella, eppure così straziata, di lei Im­macolata di fronte al Figlio stesso di Dio? «Una spada ti trafiggerà l'ani­ma», le aveva profetizzato Simeone, ma chi avrebbe preveduto fino a tal punto?

Mite e forte, Maria affronta in pie­no la bufera condividendo i sentimen­ti intimi di Gesù che agonizza, ma senza essere minimamente scalfito nel suo essere Verità e Amore! Accanto a lei c'è Giovanni, ci sono le pie don­ne, ma lei è sola nel suo spasimo abis­sale di Madre.

«Chi aderisce al Signore fa un solo spirito con Lui», dice la Scrittura (1 Cor 6, 17). È il segreto della fortezza di Maria in ogni situazione.

2. La Fortezza, l'ardimento è l'ani­ma segreta del Vangelo: permea la fede, la speranza, l'amore, tutte le vir­tù. «Il regno dei cieli patisce violen­za, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12), alla scuola di Cristo, il Forte trionfatore delle potenze del male. Al­la scuola di Maria.

L'uomo è essenzialmente fragile, in­consistente, mutevole per la sua ori­gine dal nulla; ma «chi aderisce al Si­gnore fa un solo spirito con Lui», che è la «Roccia», il «Forte», il «Fe­dele», 1'«Irremovibile », 1'«Eterno», «Colui che È». Egli fonda il firma­mento e il creato; cieli e terra passe­ranno, ma la sua Parola rimane in eterno: «Il Signore ha giurato».

Corroborato dalla sua Parola, il pro­feta resiste con faccia di bronzo ai suoi oppositori (Ez 3, Cool, e il disegno di Dio giunge a compimento sfidando i millenni

La fortezza si alimenta soprattutto nell'amore: «L'amore è forte come la morte; tenace quanto l'inferno è l'af­fezione». Gesù esige l'amore da Pie­tro prima di lanciarlo verso la sua fu­tura missione: «Mi ami tu più di co­storo?».

La fortezza assume il volto di irre­movibilità nei propositi, di fronte alle contraddizioni, alle prove di ogni ge­nere. In modo discreto e abituale si manifesta nella libertà di spirito, nella coerenza del carattere a tutta prova di fronte a chicchessia, per cui l'uomo forte non si lascia condizionare dagli umori dell'ambiente e delle persone: «Chi siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? ...».

Si manifesta nella magnanimità del­le opere di zelo per il Signore «L'amo­re di Cristo ci sprona» (2 Cor 5, 14). I santi hanno fatto miracoli di carità in ogni impresa benefica.

Ha la sua espressione più sublime nel patire grandi cose per Cristo, fino al martirio: «Non temete di fronte a chi può uccidere il corpo... Beati voi quando vi ingiurieranno per il mio nome... Ciò che udite nel segreto pre­dicatelo dai tetti... Chi mi testimo­nierà di fronte agli uomini, anch'io testimonierò per lui... Non preoccu­patevi della vostra difesa...». È la bea­titudine di Maria, Regina dei Martiri.

Vizi contrari sono: la viltà, la ti­midezza, il disimpegno; oppure, per eccesso, la durezza, la caparbietà, la violenza, ecc.

Dalla costituzione conciliare «Sacrosanctum Concilium» (4 dicembre 1963)

La Chiesa «in Maria ammira ed esalta il frutto più eccelso della Redenzione, ed in lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa, tutta, desidera e spera di essere» (SC 103).

Dalla esortazione apostolica di Paolo VI «Marialis Cultus» (2 febbraio 1974)

«La santità esemplare della Vergine muove i fedeli ad innalzare "gli occhi a Maria, la quale rifulge come modello di virtù davanti a tutta la comunità degli eletti".

Si tratta di virtù solide, evangeliche:

la fede e l'accoglienza docile della Parola di Dio «cf Lc 1, 26-38; 1, 45; 11, 27-28; Gv 2, 5);

l'obbedienza generosa (cf Lc 1, 48); la carità sollecita (cf Lc 1, 39-56);

la sapienza riflessiva (cf Lc 1, 29-34; 2, 19, 33, 51);

la pietà verso Dio, alacre nell'adempimento dei doveri religiosi (cf Le 2, 21, 22-40, 41), riconoscente dei doni ricevuti (cf Lc 1, 46-49), offerente nel tempio (cf Lc 2, 22-24), orante nella comunità apostolica (cf At 1, 12-14);

la fortezza nell'esilio (cf Mt 2, 13-23), nel dolore (cf Lc 2, 34-35, 49; Gv 19, 25);

la povertà dignitosa e fidente in Dio (cf Lc 1, 48; 2, 24);

la vigile premura verso il Figlio, dall'umiliazione della culla fino alla igno­minia della croce (cf Lc 2, 1-7; Gv 19, 25-27);

la delicatezza previdente (cf Gv 2, 1-11);

la purezza verginale (cf Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38); il forte e casto amore sponsale.

Di queste virtù della Madre si orneranno i figli, che con tenace proposito guardano i suoi esempi, per riprodurli nella propria vita.

Tale progresso nella virtù apparirà conseguenza e già frutto maturo di quella forza pastorale che scaturisce dal culto reso alla Vergine» (M
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:06

28 maggio - Madre della vera Pietà

1. Possiamo figurarci Maria che prega.

Il suo contegno si ispira a riveren­za affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissi­mo: tutti nomi che evidenziano la tra­scendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.

Anche la figura del Messia, che do­po l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...

La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione del­lo Spirito Santo.

2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affe­zionato e rispettoso verso i propri ge­nitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il pros­simo, specialmente i più cari e vicini.

La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi langui­do, leggero, insipido; l'amore impedi­sce alla riverenza di ripiegarsi in timo­re eccessivo, chiusura, disperazione.

Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).

Vizi contrari alla pietà sono l'em­pietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizio­ne, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).

3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esau­diti.

A volte non meritiamo affatto cer­te grazie, perché Dio ce le voleva con­cedere, ma noi ci siamo ostinati a re­spingerle con peccati contrari: la Ma­dre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.

Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a no­stro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).

Altre volte i nostri peccati ci met­tono in opposizione con quanto chie­diamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con impru­denza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.

Possiamo anche presumere di otte­nere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;

quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).

Spesso sbagliamo nel modo di pre­gare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza suffi­ciente fiducia: Maria interviene a illu­minarci, a correggerci.

Infine la nostra preghiera può esse­re languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.



Maria e l'Ecumenismo

«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).

«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoc­cupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricom­posizione dell'unità dei cristiani.

La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.

E questo per vari motivi.

Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese or­todosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggior­mente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:11

28 maggio - Madre della vera Pietà

1. Possiamo figurarci Maria che prega.

Il suo contegno si ispira a riveren­za affettuosa verso la divina Presenza. Maria ha il senso giusto di Dio. La tradizione biblica le giunge intessuta degli appellativi divini rivelati da Dio stesso ai Profeti: Jahvè (Colui che È), Dio Santo, Dio Forte, Dio Altissi­mo: tutti nomi che evidenziano la tra­scendenza divina, il suo essere al di là di ogni cosa. I Salmi l'avviano a una pietà robusta e al tempo stesso fiduciosa.

Anche la figura del Messia, che do­po l'annuncio dell'Angelo acquista un interesse intensissimo nel suo cuore di Madre, è annunciata con appellativi avvincenti: «il Figlio dell'Uomo» di cui parla Daniele, il «Servo di Jahvè», il Virgulto di Davide, il Cristo...

La pietà di Maria si imbeve di tutta la sostanziosa tradizione biblica, che trova la sua più alta espressione nel «Magnificat». È lei che raccoglie gli Apostoli e li dispone all'effusione del­lo Spirito Santo.

2. Che cos'è il dono della pietà? «Pius» per i latini è il figlio affe­zionato e rispettoso verso i propri ge­nitori. Il dono della pietà consiste in una disposizione affettuosa del cuore che porta ad amare Dio come padre, con attenzione rispettosa (l'amore è rispetto!), ad onorarlo e servirlo. Essa si rispecchia nell'amore verso il pros­simo, specialmente i più cari e vicini.

La pietà è quindi sostanziata di amore e riverenza filiale: la riverenza impedisce che l'amore diventi langui­do, leggero, insipido; l'amore impedi­sce alla riverenza di ripiegarsi in timo­re eccessivo, chiusura, disperazione.

Dice la Sapienza: «Quando ti rechi alla casa di Dio bada ai tuoi passi: accostarsi con animo docile val più che il sacrificio offerto dagli stolti, i quali non sanno di fare il male. Non essere avventato con la tua bocca, e il tuo cuore non si dia fretta a proferire parola dinnanzi a Dio, perché Dio sta in cielo e tu sulla terra. Perciò il tuo parlare sia sobrio» (Qo 4, 17 s).

Vizi contrari alla pietà sono l'em­pietà e le innumerevoli deviazioni del sentimento religioso (superstizio­ne, sentimentalismo, spiritismo, magia, ecc.).

3. Esaminando la nostra preghiera avvertiamo quanto ci è necessaria la mediazione di Maria per essere esau­diti.

A volte non meritiamo affatto cer­te grazie, perché Dio ce le voleva con­cedere, ma noi ci siamo ostinati a re­spingerle con peccati contrari: la Ma­dre della Misericordia intercede per ottenerci il perdono.

Altre volte «non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere come ci conviene», e chiediamo ciò che tornerebbe a no­stro danno; per mediazione di Maria, allora, «lo Spirito implora per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26).

Altre volte i nostri peccati ci met­tono in opposizione con quanto chie­diamo: possiamo ad esempio chiedere la castità, ma ci mettiamo con impru­denza in occasioni ad essa contrarie: Maria allora ci illumina e ci toglie dal male.

Possiamo anche presumere di otte­nere grazie che esigono disposizioni più mature. Gesù disse agli Apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma adesso non siete in grado di portarle;

quando però verrà lui, lo Spirito di Verità, vi guiderà per la verità tutta intera» (Gv 16, 12 s).

Spesso sbagliamo nel modo di pre­gare: lo facciamo con presunzione, senza la dovuta umiltà, senza suffi­ciente fiducia: Maria interviene a illu­minarci, a correggerci.

Infine la nostra preghiera può esse­re languida, senza vigore: Maria ci può ottenere il fervore e la forza di cui abbiamo bisogno.



Maria e l'Ecumenismo

«Tutti i fedeli effondano insistenti preghiere alla Madre di Dio e Madre degli uomini, perché Essa, che con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa, e ora in cielo è esaltata sopra tutti i beati e gli angeli, nella Comunione dei Santi interceda presso il Figlio suo, fin tanto che tutte le famiglie di popoli, sia quelle insignite del nome cristiano, sia quelle che ancora ignorano il loro Salvatore, in pace e concordia siano felicemente riunite in un solo Popolo di Dio, a gloria della santissima e indivisibile Trinità» (LG 69).

«Per il suo carattere ecclesiale, nel culto alla Vergine si rispecchiano le preoc­cupazioni della Chiesa stessa, tra cui, ai nostri giorni, spicca l'ansia per la ricom­posizione dell'unità dei cristiani.

La pietà verso la Madre del Signore diviene, così, sensibile alle trepidazioni e agli scopi del Movimento Ecumenico, cioè acquista essa stessa una impronta ecumenica.

E questo per vari motivi.

Innanzitutto perché i fedeli cattolici si uniscono ai fratelli delle Chiese or­todosse, presso le quali la devozione alla beata Vergine riveste forme di alto lirismo e di profonda dottrina, nel venerare con particolare amore la gloriosa "Theotòcos" e nell'acclamarla "Speranza dei cristiani; si uniscono agli Anglicani, i cui teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre del nostro Signore, e i cui teologi contemporanei sottolineano maggior­mente l'importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana; e si uniscono ai fratelli delle Chiese della riforma, nelle quali fiorisce vigoroso l'amore per le Sacre Scritture, nel glorificare Iddio con le parole stesse della Vergine (cf Lc 1, 46-55)» (Marialis Cullus 32).

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:12

29 maggio - Madre del santo timore

1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amo­re, ora sul timore, secondo l'opportu­nità; l'uno non regge bene senza l'altro.

Il timore è la disposizione di rispet­to davanti a Dio alimentata dalla per­cezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:

- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti del­l'abisso: Dio e noi;

- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;

- pentimento e confusione per ogni caduta;

- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;

- consapevolezza dei giusti casti­ghi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il ti­more dell'inferno» (Esercizi, 65).

Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigi­dimento, ecc. che portano alla ribel­lione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disim­pegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffi­denza, disperazione, ecc.

2. Dato che «l'amore perfetto eli­mina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timo­re di Dio?

Certo! Ma c'è timore e timore. Ma­ria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli e­letti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi casti­ghi, ma al tempo stesso sono dolce­mente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.

Il timore di Dio si esprime parti­colarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, ma­tura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la ser­va del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!

3. La prudenza non è meno ne­cessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che invi­luppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui con­dizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: signifi­ca misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di im­plicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo cono­sce.

Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispira­zioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:14

29 maggio - Madre del santo timore

1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amo­re, ora sul timore, secondo l'opportu­nità; l'uno non regge bene senza l'altro.

Il timore è la disposizione di rispet­to davanti a Dio alimentata dalla per­cezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:

- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti del­l'abisso: Dio e noi;

- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;

- pentimento e confusione per ogni caduta;

- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;

- consapevolezza dei giusti casti­ghi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il ti­more dell'inferno» (Esercizi, 65).

Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigi­dimento, ecc. che portano alla ribel­lione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disim­pegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffi­denza, disperazione, ecc.

2. Dato che «l'amore perfetto eli­mina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timo­re di Dio?

Certo! Ma c'è timore e timore. Ma­ria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli e­letti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi casti­ghi, ma al tempo stesso sono dolce­mente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.

Il timore di Dio si esprime parti­colarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, ma­tura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la ser­va del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!

3. La prudenza non è meno ne­cessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che invi­luppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui con­dizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: signifi­ca misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di im­plicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo cono­sce.

Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispira­zioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:17

29 maggio - Madre del santo timore

1. «Il timore di Dio è il principio della sapienza; il suo frutto è l'amore», dice la Scrittura. S. Ignazio pregava: «Dammi, o Signore, riverenza e umiltà d'amore». Per un giusto equilibrio spirituale occorre far leva ora sull'amo­re, ora sul timore, secondo l'opportu­nità; l'uno non regge bene senza l'altro.

Il timore è la disposizione di rispet­to davanti a Dio alimentata dalla per­cezione della distanza abissale esistente tra Dio e noi, la sua santità e la nostra precarietà di peccatori. Esso provoca:

- umiltà, come amore della Verità che illumina entrambi i versanti del­l'abisso: Dio e noi;

- orrore per ogni offesa di Dio anche minima;

- pentimento e confusione per ogni caduta;

- prudente vigilanza per evitare ogni offesa di Dio;

- consapevolezza dei giusti casti­ghi: S. Ignazio ammaestra: «Qualora l'amore di Dio non basti a impedirmi di peccare, mi trattenga almeno il ti­more dell'inferno» (Esercizi, 65).

Vizi contrari sono le presunzione, la spavalderia, l'avventatezza, l'irrigi­dimento, ecc. che portano alla ribel­lione e a cadute umilianti, seguite poi da scoraggiamenti, tiepidezza, disim­pegno spirituale. Il timore ha pure i suoi eccessi nella scrupolosità, diffi­denza, disperazione, ecc.

2. Dato che «l'amore perfetto eli­mina il timore» (1 Gv 4, 18), si può dire che Maria ebbe il dono del timo­re di Dio?

Certo! Ma c'è timore e timore. Ma­ria è stabilizzata nella carità perfetta, quindi non ha il timore dei castighi di Dio su di lei; essa però mantiene quel senso di riverenza perfetta che non cessa neppure in Paradiso, ove gli e­letti sono rassicurati di non offendere più Dio e di non meritare i suoi casti­ghi, ma al tempo stesso sono dolce­mente imbevuti dal senso della santità di Dio, della sua trascendenza infinita.

Il timore di Dio si esprime parti­colarmente nella virtù della prudenza, di cui Maria ci è perfetto esemplare. Con quale prudenza risponde al saluto dell'Angelo, chiede spiegazione, ma­tura la sua decisione, la esprime con parole così appropriate: «Ecco la ser­va del Signore, si faccia di me secondo la tua parola»!

3. La prudenza non è meno ne­cessaria della fortezza e del coraggio nella vita cristiana. Quante volte un gesto avventato, una scelta sbagliata ci pone in gravi difficoltà spirituali, con ripercussioni a catena che invi­luppano nella via del male. Si pensi a certe scelte matrimoniali, il cui con­dizionamento infelice pesa su una vita intera! Essere prudenti non significa affatto essere timidi o paurosi: signifi­ca misurare bene i mezzi e le scelte in ordine ai fini e al fine ultimo della nostra salvezza; ciò esige attenzione, preveggenza, cautela nel non porre il piede su un terreno carico di im­plicante negative, e anche la preghiera a Dio perché intervenga a impedirci guai imprevedibili che lui solo cono­sce.

Maria ci ottiene la grazia del santo timore, cioè il senso del rispetto verso Dio, la prudenza per non esporci a tentazioni, l'attenzione affettuosa per corrispondere bene alle celesti ispira­zioni, la volontà di aprirci a tutte le esigenze della grazia di Dio.
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:19

30 maggio - Madre dell'Amore

L'amore è il «carisma migliore» donatoci dallo Spirito Santo. Esso ci configura con Dio stesso; è la mani­festazione della vita divina in noi; è la sintesi di tutti i comandamenti, la linfa segreta di tutte le virtù cristiane.

Amore è Dio stesso, è lo Spirito Santo che fa col Padre e col Figlio una cosa sola, è Gesù incarnato nel grembo di Maria. Se Maria è piena­mente configurata con il Figlio, nes­suno quanto lei è animato «dagli stes­si sentimenti che sono in Cristo Gesù» (Fp 2, 5), che sono soprattutto senti­menti di amore.

1. Amore verso Dio, innanzi tutto. Chi può penetrare nel Cuore Immaco­lato della Madre di Dio per misurare in lei il dono della divina carità? Il suo essere, così immacolato e così illuminato, gravita verso Dio, bene infinito, con una forza che è data a lei sola. La sua verginità non è tanto una rinuncia virtuosa quanto piuttosto una esigenza esistenziale: la divina Pre­senza assume in essa tale portata, da farle respingere per istinto qualsiasi competizione umana: che cos'è l'uomo di fronte a un Dio che in lei si rivela così fascinoso, potente, soavissimo, bontà inesauribile?

Il dono insondabile della Divina Maternità inabíssa nel vortice dell'a­more la sua stessa fisicità: «virginita­tem non minuit, sed sacravit». Maria ama Dio con tutto il suo immacolato istinto materno, la sua sensibilità for­te e affinata. Il Figlio le si rivela in tutta la sua perfezione umana, in tutta la sua amabilità. Si intuisce allora quale martirio dovette sostenere nel vedere crocifisso il suo Amore!

2. Questa potenza di amore in Ma­ria si riversa anche verso il prossimo, soprattutto quando essa è dal suo Fi­glio eletta quale Madre della Chiesa: «Ecco tua Madre!» (Gv 19, 27). Da allora essa appare come espressione vivente - possiamo dire - della «ma­ternità di Dio»: incarna la Misericor­dia, la tenerezza, la Provvidenza salvifi­ca, la Bontà affettuosa di Dio stesso.

L'amore è al tempo stesso uno e trivalente: abbraccia Dio, il prossimo e noi stessi. Paolo e Giovanni parlano della caritas senza differenziarne l'og­getto: non può non amare il prossimo che vede, colui che ama Dio che non vede, e chi ama è passato dalla morte alla vita, cioè ha redento anche se stesso.

Così anche in Maria: l'amore per Dio la porta a chinarsi sul prossimo, nel quale essa vede il riflesso del Fi­glio suo, una estensione dell'Incarna­zione del Verbo, un membro del Cor­po Mistico.

3. Nell'amore noi distinguiamo la forza e la finezza.

La forza dell'amore in Maria si ri­vela soprattutto ai piedi del Figlio crocifisso: il suo amore «è forte co­me la morte» sia nei confronti di Gesù, che essa contempla con l'animo tra­fitto da una lacerazione inaudita, sia nei confronti di noi tutti, per i quali essa condivide i sentimenti di Cristo pregando per tutti coloro che «non sanno quello che fanno».

La finezza dell'amore di Maria si ri­vela nell'intelligenza supercomprensiva con cui provvede alle nostre necessità.

4. L'amore è la linfa di tutte le vir­tù, che sono in esso contenute come

i colori dell'iride nella luce bianca: esso si colora di pazienza, di benignità, di mitezza, di amabilità, di generosità; «non si vanta, non si gonfia d'orgo­glio, non opera nulla di sconveniente, non ricerca il proprio tornaconto, non si muove ad ira, non tiene conto dei torti ricevuti, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità; tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto soppor­ta» (1 Cor 13, 4 s).

Senza la linfa dell'amore anche le virtù più eroiche diventano vizi: «Se distribuissi ai poveri tutti i miei averi e dessi il mio corpo a farsi bruciare ma non ho la carità, tutto ciò non mi serve a niente» (1 Cor 13, 3): po­trebbero essere imprudenza, esibizioni­smo, tracotanza...

Tutte le virtù di Maria si incentra­no nella sintesi teologale della caritas: Maria è la Madre dell'Amore!

Dall'atto di affidamento all'Immacolata Madre di Dio, pronunciato dal S. Padre Giovanni Paolo II (25 marzo 1984)

«O Madre degli uomini e dei popoli, Tu conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze.

Tu senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre che scuotono il mondo.

Accogli il nostro grido rivolto nello Spirito Santo direttamente al Tuo cuore, ed abbraccia con l'amore della Madre e della Serva del Signore i popoli che quest'abbraccio più aspettano e insieme i popoli il cui affidamento Tu pure at­tendi in modo particolare.

Prendi sotto la Tua protezione materna l'intera famiglia umana che, con affettuoso trasporto, a Te, o Madre, noi affidiamo.

S'avvicini per tutti il tempo della pace e della libertà, il tempo della verità, della giustizia e della speranza».
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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:21

31 maggio - Regina del Cielo e della Terra

l. Maria è onorata e invocata come Regina: Regina degli Angeli, dei Pa­triarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, dei Vergini, di tutti i Santi, della Chiesa. Si tratta del fiore della creazione, che nella gloria del Paradiso riverbera gli splendori della divina Trinità e dell'Umanità di Cri­sto, il gran Re dell'universo.

Il Paradiso è il luogo della nobiltà, della bellezza, dell'amore: trasverbe­rati alla luce divina, gli spiriti celesti sono confermati nella grazia di Dio, al punto che il peccato anche veniale non ha più presa su di loro. Sono esseri di luce che sprigionano dall'in­timo l'amore perfetto. Non ci sono più motivi di screzio o di fragilità nel Paradiso, non ci sono gelosie: la com­pagnia degli abitatori del Cielo è deliziosissima, sia per la bellezza dei loro volti, sia per la nobiltà finissima dei loro sentimenti. Il Paradiso è il luogo della Verità e dell'Amore, che costituisce l'atmosfera in cui vivono gli spiriti e i corpi glorificati.

Orbene, in questo mondo luminoso Maria è la Regina. È colei che dà il tono, che affascina più di ogni altra creatura, che diffonde nobiltà e ama­bilità e bellezza al di sopra degli stessi Angeli.

2. Essa è Regina per lo splendore della grazia che si sprigiona dal suo essere Madre di Dio. Dio la riveste della sua luce al di sopra di ogni altra creatura.

- Essa è Regina per il suo cuore regale. Regine si nasce, non si diventa. La nobiltà regale si alimenta di una tradizione di abitudini aristocratiche, affinate dall'esercizio del governo. Ci furono epoche in cui la santità della

Chiesa si esprimeva nella regalità: Luigi IX re di Francia, Edoardo, En­rico, Stefano, Ferdinando, Elisabetta, Elena, Luisa, Clotilde e tanti altri re e regine e principesse risplendono nel­la Chiesa per la loro dedizione eroica al benessere delle popolazioni loro af­fidate. Questa finezza regale nei con­fronti dei sudditi risplende soprattut­to in Maria. Essa portava nel sangue le abitudini aristocratiche della stir­pe di Davide, di cui era lontana discen­dente; ma la nobiltà regale le veniva soprattutto dalla sua origine imma­colata e dalla dotazione di grazia con­giunta con la vocazione di Madre di Dio. La regalità del cuore condensava in sé il cumulo delle attitudini e dei doni del suo essere Madre del Re del Cielo e della Terra.

- Essa è Regina per l'esercizio in­cessante delle attitudini regali nei con­fronti dei suoi figli. Come Regina del­la Chiesa, essa si fa presente nei mo­menti più travagliosi a dare forza e sicurezza: si pensi ai numerosi inter­venti di Maria in quest'epoca di pro­fonde rivoluzioni (Lourdes, Fatima, ecc.). E si fa presente ai singoli suoi figli che a lei si rivolgono con fidu­cia per ottenere ogni genere di grazie.

- La sua Regalità infine si mani­festa nella particolare impronta di fi­nezza spirituale, di signorilità del cuo­re che caratterizza i suoi veri devoti. Insieme con Gesù, Maria è la forza elevante di questa umanità che geme sotto il peso del peccato: il suo pas­saggio risveglia e rianima gli impulsi spirituali che spingono l'uomo a rea­lizzare l'originaria vocazione di esseri creati a «immagine e somiglianza di Dio».

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Messaggio Da minerva Ven 13 Apr 2012, 20:23

Che senso ha consacrarsi a Maria nell'ambito della nostra fede? Come rientra questa consacrazione nell'equi­librio dei nostri rapporti con Dio? È un fatto marginale, se non addirittura un ingombro, oppure è un gesto che ci immerge più a fondo nel mistero di Cristo, e quindi rientra in qualche modo nelle esigenze stesse della fede?

La risposta a questi interrogativi è legata alla posizione di Maria nell'am­bito della fede.

Maria nella nostra fede

Il fatto fondamentale della nostra fede è l'Incarnazione del Figlio di Dio. Nessuna religione al mondo professa qualcosa di simile, Dio che si fa uomo. E anche per noi l'Incarnazione resterà sempre il mistero più sconvolgente della fede, di fronte al quale la ra­gione umana troverà necessariamente delle difficoltà nella misura che riesce a intuire la grandezza di Dio. Soltanto il pensiero che «Dio è Amore» (1 Gv 4, Cool può disporci a credere nell'In­carnazione di Dio.

Questo avvenimento centrale della storia non può rimanere un episodio staccato dagli avvenimenti umani: se il Figlio di Dio si è fatto uomo, la sua venuta tra noi permea da capo a fon­do tutto il tessuto della storia, ed è destinata a polarizzare tutto verso di sé, a tutto riempire di sé, a tutto con­sacrare: «Quanto ha assunto - di­cevano gli antichi Padri - ha con­sacrato». Il Verbo fatto carne si in­sedia nel reale come punto di partenza e di arrivo e come centro di superani­mazione del cosmo, fino ai più remoti frammenti individuali. Nella venuta del Cristo tutto è almeno virtualmente cristificato: ogni uomo è chiamato per divina elezione a «configurarsi con la immagine del Figlio» (Rom 8, 29), a diventare suo corpo, sua pienezza (Ef 1, 22), a impregnarsi del suo Spirito (Fp 2, 5, ecc.), a diventare ambiente sacro dell'Incarnazione (Ef 3, 17).

Orbene, il fatto cosmico dell'Incar­nazione, che tende a ripercuotersi in ogni persona umana, ha avuto il primo centro di incidenza in Maria: il Figlio Dio si è fatto uomo nel grembo di lei. L'Incarnazione del Figlio di Dio è me­diata dalla maternità di Maria.

Che estensione ha questa mediazio­ne materna di Maria? È soltanto un fatto fisiologico, cioè Maria ha avuto unicamente la funzione di offrire una esistenza umana, un corpo al Figlio di Dio, oppure Maria è coinvolta nel mistero dell'Incarnazione in modo più ampio e profondo?

A differenza di quegli eretici che in tutti i tempi hanno negato la divina maternità o hanno avuto la tendenza a ridurla al puro dato biologico, la Chie­sa, nella sua riflessione bimillenaria sulla Rivelazione, ha intuito la media­zione materna di Maria nel modo più esteso e comprensivo. Essa ha visto la Madre di Dio compartecipe nel modo più ampio possibile dei significati e dei fini dell'Incarnazione. Maria insomma è la mediatrice del Cristo in senso pieno: tutto il Cristo, e non solo la sua realtà biologica, ci viene mediato da Maria. Ossia: Maria è la Madre non solo del Cristo storico, ma anche del Cristo mistico, è la Madre di Gesù e della sua Chiesa.

L'Incarnazione del Verbo in Maria comporta la convergenza di tutto il tessuto storico verso il suo centro ani­matore, che è il Cristo, tramite Ma­ria, fatta, per elezione divina, media­trice dell'unità cristificata.

I due versanti della mediazione di Maria

In questa mediazione materna pos­siamo considerare i due versanti: quel­lo che unisce Maria a Dio, e quello che la congiunge con noi.

In rapporto a Dio, Maria è la prima assunta, la prima cristificata: colei che, essendo stata eletta Madre del Cristo, più di ogni altra creatura è stata con­figurata col Figlio e ricolma dello Spi­rito di lui. In questa prospettiva tro­vano la loro logica le grandi afferma­zioni della Chiesa:

- perché Madre del Cristo in sen­so pieno, Maria fu concepita Immaco­lata, cioè senza macchia di peccato d'origine, e tale fu conservata per sin­golare provvidenza in tutta la sua vi­ta: non conveniva infatti che la Ma­dre di Dio fosse contaminata dal ne­mico di Dio e a lui soggetta anche per un solo istante;

- la divina maternità esigeva come disposizione ottimale la condizione di Vergine, cioè una verginità di cuore e anche di corpo che la conformasse profondamente alla condizione vergi­nale perfettissima del Figlio;

- la divina maternità in senso pie­no comportava la compartecipazione attiva di Maria al significato profondo e ai fini dell'Incarnazione, facendo di lei la Corredentrice, sia pure subordi­nata, insieme con il Figlio, coinvolta in tutta la fatica salvifica di lui per meritarci la grazia e per esserne anche, insieme con il Figlio, la dispensatrice;

- questa globale configurazione con Gesù la rendeva degna di partecipare anche alla gloria del Figlio, cioè di essere Assunta in anima e corpo alla presenza del Figlio glorioso come pri­mizia dell'umanità che ha raggiunto il fine supremo dell'Incarnazione.

Sul versante che la rivolge a noi, Maria, nel concerto delle innumerevoli mediazioni suscitate dallo Spirito di Cristo per elevarci a lui, è la prima as­suntrice, la prima cristificatrice. Per divina elezione, Maria svolge questa funzione globale nei confronti del mon­do e particolarmente della Chiesa in un modo tipico che, nell'ordine della gra­zia, compete esclusivamente a lei: es­sa esercita una mediazione materna.

Questa mediazione ha una direzione discendente: Gesù ci è dato tramite Maria. Ha pure una direzione ascen­dente: noi siamo dati a Gesù, diven­tiamo suo Corpo Mistico, siamo ge­nerati al Cristo e assunti nel mistero di lui da Maria. Essa, che è Madre di Cristo, è anche Madre nostra: «Ec­co tua madre», disse Gesù morente al discepolo prediletto Giovanni; e la Chiesa, edotta dallo Spirito Santo, ha interpretato queste parole come ri­volte a sé.

Mediazione subordinata universale

Ma - si obietta - non è scritto: «Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo» (1 Tm 2, 15)?

Rispondiamo: lo Spirito di Dio, che dall'intimo dei cuori porta a compi­mento l'opera di cristificazione del mondo, agisce indubbiamente sull'uo­mo mediante molteplici e multiformi mediazioni create. Tutte queste me­diazioni sono incentrate nel Cristo: è lui che dà loro efficacia, che le ani­ma e le orienta a sé. Tutte queste mediazioni, quindi, sono subordinate al Cristo, «essendo tutte le cose create in lui e a lui rivolte» (C. 1, 16). Tali mediazioni saranno più o meno impor­tanti in misura della maggiore o mi­nore connessione con Cristo stesso. Mediatori sono quindi i santi, in pro­porzione della loro partecipazione alla sua pienezza; sono gli uomini che ci vivono accanto, nella misura che ce ne trasmettono lo spirito. Altre innu­merevoli mediazioni ci vengono dai sa­cramenti, che sono segni sensibili della sua grazia, dalle buone letture, dagli abbondanti inviti al bene che ci giun­gono dalle creature, dalle più grandi alle più umili e povere di messaggio. A differenza di tutte queste media­zioni, che sono subordinate, quella di Cristo è una mediazione autonoma.

Ancora: tra le varie mediazioni su­scitate dallo Spirito, alcune hanno una portata universale, interessano l'uma­nità intera. Così tutta l'opera di sal­vezza è stata per disposizione divina mediata dal Popolo Eletto, che ci ha portato il Cristo secondo la carne, oppure dalla Chiesa che, quale Corpo Mistico di Cristo, costituisce il «sacra­mento visibile dell'unità salvifica» (LG 9). Al centro di congiungimento tra l'intera umanità e il Cristo, e più este­samente tra il Popolo di Dio dell'An­tico Testamento e la Chiesa, Dio ha collocato la mediazione universale di Maria.

Si tratta certo di una mediazione non autonoma, come invece lo è quel­la di Cristo, ma subordinata e total­mente ordinata ad essa. La mediazione di Maria nell'ordine della grazia, che inserisce nel mistero dell'Incarnazione, attinge tutta la sua forza da quella di Gesù e irradia la propria efficacia su tutta la Chiesa, in modo tale che la Chiesa stessa riconosce in Maria il proprio «tipo», cioè l'esemplare per­fetto della sua stessa azione mediatrice tra Cristo e l'umanità, il modello della propria unione sponsale con Dio, il modello della propria fecondità spiri­tuale, cioè della propria capacità di congiungere gli uomini al Cristo suo Sposo.

A modo di sfera smerigliata che av­volge una lampada accesa, Maria è la prima illuminata dalla luce del Cristo; senza di lui non dà alcuna luce. Ma è anche la prima illuminante: tutta la luce del Cristo si riversa sul mondo tramite Maria. Se la luce del Cristo è troppo forte per i nostri occhi otte­nebrati dal peccato, la mediazione di Maria ce l'addolcisce, la modera soa­vemente, adattandola al nostro fragile modo di vedere.

Efficacia della mediazione di Maria

Di quale natura è la mediazione di Maria? Esaminando le possibili forme di causalità possiamo verificare in Ma­ria una mediazione meritoria, esempla­re e finale.

- Maria, come dice la Chiesa, ha certamente meritato grazie di reden­zione per l'intera umanità: l'incarna­zione del Verbo è avvenuta in seguito al suo assenso, che ne ha deciso l'at­tuazione; Maria inoltre ha meritato grazie all'umanità intera per la sua par­tecipazione interiore alla vita di Cristo, e soprattutto alla sua morte sulla cro­ce, come la Chiesa ha sempre pensato.

- Maria esercita inoltre una me­diazione esemplare universale, in quan­to il suo contegno, le sue virtù, i sen­timenti da lei espressi, in una parola la sua persona rifulge a tutta la Chie­sa e all'umanità come esemplare ine­sauribile di perfezione: la più alta ma­nifestazione umana dello Spirito di Cri­sto espressa in squisitezza femminile.

- Maria infine esercita una media­zione finale: essendo tutto creato in vista di Cristo ed essendo Maria l'es­sere umano più congiunto con Cristo, l'intera umanità è destinata alla glo­rificazione del Cristo mediante lei stessa, ed è effettivamente portata al Figlio di Dio tramite l'azione corre­dentrice di Maria.

Si può quindi concludere con i gran­di teologi che hanno intuito il mistero di Maria in tutta la sua portata: Ma­ria è per volontà di Dio Mediatrice della stessa Grazia sostanziale che è Cristo, e quindi di tutte le grazie che emanano da questa fonte divina. Ogni grazia celeste ci è mediata da Maria nel senso che da Maria ce ne viene mediata la fonte. Anche se non ne­cessariamente tutte le grazie ci vengo­no date unicamente se le chiediamo per mezzo di Maria, cioè anche se non tutte le nostre richieste devono espli­citare il ricorso a Maria per essere esaudite, di fatto tutte ci vengono con­cesse per sua mediazione almeno in­diretta.

La Chiesa ha sempre sperimentato la presenza materna di Maria nella vi­ta cristiana. La sua esperienza pasto­rale la porta a verificare che là dove esiste una particolare fioritura di san­ti, di purezza, di elevatezza cristiana, è immancabilmente presente l'opera di Maria, mentre là dove manca il toc­co di Maria, la fioritura cristiana di grazia rimane in uno stato precario, di labilità. L'emarginazione di Maria dalla vita cristiana porta il decadimen­to del fervore e della stessa dottrina. Stupisce anche il fatto che l'ortodos­sia teologica, quella integralmente fe­dele al Magistero, sia costantemente segnata dall'ortodossia mariologica.

Significato della consacrazione a Maria

Se Maria è mediatrice imprescindi­bile e universale della nostra cristifi­cazione, se cioè nessun uomo può en­trare nel mistero del Figlio di Dio fat­to uomo prescindendo dalla mediazione materna - almeno indiretta - di Ma­ria, il ricorso alla Madre di Dio di­venta un fattore determinante della nostra effettiva cristificazione.

Si può prendere atto di questo stato di cose a livelli diversi: di implicita ammissione, oppure di invocazione oc­casionale, di ricorso costante, di de­dizione piena a Maria come a Madre. La consacrazione a Maria, al suo Cuo­re Immacolato costituisce la risposta più adeguata alla mediazione materna di Maria.

Il popolo cristiano, che sperimenta continuamente il potere della media­zione materna di Maria, giustamente vuole approfittarne per i suoi fini di santificazione e salvezza, affidandosi a lei.

Questo affidarsi a Maria si è espres­so, lungo i secoli, in varie forme di dedizione, più o meno integrali. Il vo­cabolario è ricco e significativo.

La devozione stessa a Maria indica l'atto di votarsi (de-voveo) a lei, di offrirsi in voto alla Madre di Dio per­ché essa quasi garantisca la salvezza del credente. Altri invece si offrono a Maria, si donano a lei. Negli ultimi secoli è invalso l'uso di consacrarsi a Maria, cioè di rendersi suo possesso sacro e intangibile. Sempre in una li­nea di ricerca di modi più profondi e radicali di offrirsi, questa consacrazio­ne, con S. Grignon de Monfort, si è espressa come schiavitù mariana. Al di là di questa terminologia, che urta la sua sensibilità, il cristiano fervente d'oggi non cessa di voler appartenere totalmente a Maria, di darsi a lei come a Madre. Questo desiderio assume sfu­mature diverse che determinano la scel­ta dei modi di esprimersi; ma è in­dubbio che, sotto la diversità del lin­guaggio, la volontà di darsi a Maria resti immutata nella coscienza della Chiesa.

Ma che cosa vuol dire «consacrarsi a Maria»?

La consacrazione alla Vergine è in­tesa sostanzialmente in due diversi modi di offrirsi:

- Più comunemente i nostri fedeli si consacrano a Maria con la mentalità di chi invoca una protezione, cioè co­me persone da proteggere dal peccato, dai mali della vita, fino alla salvezza eterna. Questo modo comune di inten­dere la consacrazione è certamente molto valido e gradito a Maria, ma rimane a un livello di comprensione materiale. L'assistenza materna di Ma­ria eserciterà senza dubbio un influsso trasformatore sulla persona che a lei si offre, ma tale trasformazione non viene intesa come obiettivo proprio della consacrazione.

- Più a fondo, ci si consacra a Ma­ria per essere posseduti radicalmente da lei, per realizzare una profonda conformità interiore con lei: come per­sone da trasformare secondo lo spirito di Maria, e quindi di Cristo suo Figlio. Ci si offre a Maria per essere progres­sivamente sempre più posseduti dallo Spirito, che in lei si è espresso secon­do le accentuazioni tipiche della sua femminilità immacolata, verginale e materna.

Lo stesso Spirito, che ha foggiato e ispirato incessantemente la umanità del Cristo - e non un altro Spirito, perché il mistero dell'unità salvifica è animato da uno Spirito solo -, lo stesso Spirito che nel Cristo si espri­me in pienezza di umanità e di virilità, ha operato in Maria il capolavoro del­la mediazione materna, ricco di ine­sauribili valenze. Ha fatto di Lei la «via» spirituale agevole al Cristo: quel­la via che facilita il lavoro, che addol­cisce le asprezze, che garantisce la riu­scita.

Chi si è dato in questo modo a Ma­ria sarà portato a dare concretezza a questa dedizione mediante sentimenti, comportamenti e azioni che lo ripor­tano all'imitazione della sua Madre, a ispirarsi al suo spirito. Si troverà fre­quentemente di fronte al volto imma­colato di Maria, e sentirà il richiamo all'innocenza, alla purificazione del cuore. Incontrerà il suo sguardo ver­ginale, che ispira castità gioiosa. Si sentirà circondato dalle provvidenze materne di Maria, che è piena di dol­cezza e di attenzioni delicate per i suoi figli prediletti, e ispirerà il pro­prio comportamento alle grandi virtù che hanno fatto di Maria la Madre di Dio: fede, forza d'animo, dispo­nibilità alla voce di Dio, prudenza, mitezza, amore sconfinato per Dio e per gli uomini...

Il darsi a Maria nel modo più radi­cale possibile non oscura la nostra piena dedizione a Gesù, al suo Cuore, al suo Spirito, ma la dispone meglio, la facilita e garantisce.

Il fatto che lo Spirito abbia voluto questo tipo di mediazione legato al­l'essere di una donna immacolata, ver­gine e Madre di Cristo, ha un'inciden­za incalcolabile sia nella sfera teolo­gica che in quella psicologica.

Se a Dio piace concederci le sue grazie tramite sua Madre, costituen­dola mediatrice universale di tutti i suoi tesori, è chiaro che ogni tentativo di accedere al gran Re mediante la sua stessa Madre gli è particolarmente gra­dito, mentre non è priva di presun­zione la trascuratezza di tale media­zione. La persona che si dà pienamen­te a Maria rimane libera di rivolgersi direttamente a Gesù e al Padre, ma questa sua libertà si svolge nel clima della mediazione indiretta e implicita di Maria.

Nella sfera psicologica, inoltre, Dio ci offre la mediazione di sua Madre perché sa quanto la donna vergine e madre risponde alle esigenze più pro­fonde dell'animo umano. Nulla to­gliendo alla fonte della grazia, anzi illuminandosi di essa, Maria facilita il nostro accesso a Dio infondendo nel nostro cuore assetato di maternità le dolcezze del suo affetto materno e le finezze del suo cuore verginale.

Come consacrarsi a Maria?

Quale formula usare per consacrarsi a Maria?

Esistono nei libri spirituali varie formule e suggerimenti che si possono lodevolmente seguire. Per una com­prensione migliore di un gesto che ha valore nella misura che raggiunge ve­ramente il nostro essere individuale, suggeriamo che l'offerta sia formulata in modo personale, meditandone a lun­go il contenuto e l'estensione, aggiun-

gendovi quegli impegni concreti che ne ravvivino costantemente l'efficacia, preparandosi all'offerta con particola­re intensità.

La consacrazione, infatti, diventerà operante nella misura che sarà attua­lizzata in modo permanente. Secondo il modo personale di concepire le cose, e di intuire la mediazione materna di Maria, ogni consacrato apporta alla sua offerta le accentuazioni tipiche della propria evoluzione spirituale, quelle che meglio corrispondono alle sue esigenze interiori e alla propria inconfondibile vocazione. Uno potrà incentrare la propria scelta nel «fiat», un altro nel «magnificat», un altro nel «meditare la Parola» o nel «custodir­la». Tutte intuizioni ottime nella mi­sura che vengono interiorizzate con la progressività dei processi vitali.

Importa molto che la consacrazione si innesti nella concretezza delle con­dizioni personali, e che siano garantiti i modi per ravvivarla ogni giorno.

Delineata l'inquadratura di fondo della mediazione materna di Maria e della nostra consacrazione a lei, of­friamo, nelle pagine che seguono, al­cuni spunti di meditazione atti ad av­viare a una migliore comprensione del Cuore immacolato di Maria.

Preghiera a Maria di S. Francesco di Sales

Non dirmi, o Vergine santa, che tu non puoi, perché io so che il tuo Figlio divino ti ha dato ogni potere sia in cielo che sulla terra. Non dirmi che non devi, poiché tu sei la Madre universale e comune di tutti gli uomini, e di me pure in particolare.

Se tu non potessi, ti scuserei dicendo: è vero che è mia madre e mi ama come figlio, ma non ne ha colpa, perché manca di potere. Se tu non fossi mia Madre, io pazienterei dicendo: essa è ricca, capace di assistermi, ma siccome non è mia Madre, non ha tenerezza per me. Ma dal momento che tu, o Vergine Santissima, sei la mia Madre e sei potente, come ti scuserei se non mi sollevassi, se non mi prestassi il tuo soccorso, se non mi concedessi la tua assistenza?

Pensaci, o Madre mia: tu sei obbligata a concedermi i favori che ti chiedo, ad esaudire le mie domande...

Concedimi tutti i doni che piacciono al Padre, al Figlio e allo Spi­rito Santo.

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Messaggio Da corale Ven 13 Apr 2012, 21:15

UNA BELLA LETTURA SU MARIA....

MAGGIO È IL MESE CHE SI DOVREBBE FARE DI PIÙ DI CIO CHE SI FA' IN ALTRI GIORNI DELL' ANNO.

SI DOVREBBE UNO IMPEGNARSI GIORNALMENTE CON SSMA MARIA
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Messaggio Da corale Mar 01 Mag 2012, 11:56

PREGHIAMO TUTTI IN QUESTO MESE MARIANO E NON SOLO NEL MESE DI MAGGIO.





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